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il percorso

Percorso in sintesi

Katmandu - Dumre - Besi Sahar

Dumre  (452 m) - Kalimati  (526 m)

Kalimati  (526 m) - Besi Sahar  (820 m)

Besi Sahar (823 m) - Bahundanda (1311 m)

Bahundanda (1311 m) - Chamje (1.433 m)

Chamjé (1.433 m) - Bagarchap (2.164 m)

Bagarchap (2.164 m) - Chame (2.713 m)

Chame (2.713 m) - Pisang  (3.185 m)

Pisang  (3.185 m) - Manang  (3.536 m)

Manang  (3.536 m) - Leder  (4.176 m)

Leder  (4.176 m) - Phedi  (4.404 m)

Phedi  (4.404 m) - Muktinath  (3.802 m)

Muktinath  (3.802 m) - Jomosom  (2.713 m)

Jomosom  (2.713 m) - Tukuche  (2.591 m)

Tukuche  (2.591 m) - Kalopani  (2.530 m)

Kalopani  (2.530 m) - Tatopani  (1.219 m)

Tatopani  (1.219 m) - Chitre  (2.400 m)

Chitre  (2.400 m) - Poon Hill - Ulleri  (2.073 m)

Ulleri  (2.073 m) - Chandrakot  (1.600 m)

Chandrakot  (1.600 m) - Pokhara

Descrizione dell'itinerario

 

Katmandu - Dumre - Besi Sahar

Cinque ore circa di autobus, questa la percorrenza sui 135 chilometri da Kathmandu a Dumre lungo la Tribhuvan Rajpath, una delle più vecchie autostrade del Nepal costruita dagli Indiani e dedicata al vecchio re la cui statua si intravede passando in un villaggio poco dopo la stazione delle comunicazioni internazionali. Lungo la strada si nota pure l'antica teleferica che univa Kathmandu al confine indiano. La teleferica venne usata fino a che la motorizzazione non ebbe il sopravvento.

Lasciata la valle di Kathmandu la strada supera con stretti tornanti il passo Chandragiri. L'autostrada prosegue fino a Naubise, a 26 chilometri dalla capitale, dove inizia la strada Ariniko Rajpath, costruita dai Cinesi. La Tribhuvan Rajpath continua da questo incrocio verso sud fino al confine indiano presso il paese di Birganji.

La strada costruita dai Cinesi si snoda verso ovest lungo il Manesh Khola fino alla sua confluenza con il fiume Trisuli. Segue quindi la valle di questo importante fiume fino a Mugling (220 m) dove il Trisul si getta nel Marsyangdi a circa 130 chilometri da Kathmandù.

I due fiumi formano il Narayani, un affluente del Gange. Il fiume scende verso sud attraversa il parco Citwan. In questo tratto di fiume viene praticato il rafting su gommoni. Una nuova strada scende lungo il fiume nella valle del Narayani fino a congiungersi a Narayanghat con l'autostrada che attraversa tutto il Terai da est ad ovest. In genere tutti i bus, anche privati, che corrono fra Kathmandu e Pokhara si fermano a Mugling. Nel tratto seguente si incontrano numerose centrali che formano gli impianti della centrale idroelettrica del Marsyangdi a pieno regime verranno prodotti 69 megawatt ed un elettrodotto fornirà energia alla piana di Kathmandu.

Venticinque chilometri dopo Mugling, sulle rive del Marsyangdi c'è Dumre (450 m), un villaggio newar che ha conosciuto un'improvvisa crescita da quando è diventato il punto di partenza della nuova strada che risale il Marsyangdi. Da Dumre parte anche il sentiero che conduce a Gorkha con un giorno di cammino. Vi sono alcuni lodge, negozi e si possono ingaggiare portatori. La pista è continuamente percorsa da vecchi truk americani o russi. Il tratto costruito a monte di Dumre è lungo una quarantina di chilometri. In periodo monsonico frane ed alluvioni rendono spesso impercorribile l'ultimo tratto.

Besi Sahar (820 m, sahar: città m) è il villaggio dove nel 1984 è arrivata la strada che risalirà la valle del Marsyangdi. I lavori iniziarono negli ultimi anni 70. Besi Sahar ospita un chek-post, vi sono alcuni negozi con oggetti di "lusso" come le radio e gli orologi, merci cinesi e giapponesi ed alcuni alberghetti: Tukuche, Annapurna, Mahila, Mustang, Tak, Marsyangdi, Muktinath, alcuni dei quali dotati di luce elettrica. Il villaggio è detto anche Lamjung, in quanto capitale del distretto di Lamjung.

Sul poggio che domina Besi Sahar ad ovest, a Gaon Sahar (1.370 m, gaon: villaggio), vi sono i resti di un antico forte e di un palazzo. Dal 15°al 18°secolo la regione era suddivisa in piccoli principati spesso in guerra fra loro. Il più forte di questi potentati, quello di Lamjung, venne annesso al regno di Ghorka nel 1782.

Per chi vuole partire da Dumre a piedi riportiamo le due tappe da Dumre a Besi Sahar, segnalo inoltre la variante iniziale da Ghorka.

Dumre (452 m) - Kalimati (526 m) 226+ 150-

Lasciate le ultime case di Dumre si scende a guadare il Nahala Khola e poi la strada comincia a salire a strappi, attraverso una zona abitata da Newar, Brahaman e Chhetri, fra campi, terrazze e boschetti dalla vegetazione subtropicale, fino a Bhansar (549 m, 30' lodge). Si incontra il primo chek-post dove autisti dei truk e turisti devono registrarsi. Ai lati della pista lo sguardo spazia sulle valli del Marsyangdi e della confluente Chyanglitar. Si scende lasciando a sinistra una cresta collinosa e cominciando a vedere e sentire sulla destra il Marsyangdi Khola. Lungo il sentiero ci si può riposare su lunghi sedili di pietra detti chautara, all'ombra di secolari banyan, dalle lunghe radici aeree. Una deviazione (per chi ha tempo) può essere fatta al villaggio di Chambas (500 m) da dove già si possono scorgere il Bauda (6.672 m) ed l'Himalchuli (7.893 m). Vari saliscendi fino a Turture (526 m, 2h45') villaggio agevolmente raggiungibile con frequenti jeep.

Sotto il villaggio si scorge l'antica pista di atterraggio di Palangtar, aeroporto di Ghorka, distante due giorni di cammino. Ghorkha è la città più importante della zona collinare. Vi si può visitare l'antico palazzo di Prithvi Narayan Shaha, fondatore del Nepal moderno.

Dopo il villaggio si sale per qualche decina di metri, si attraversa un torrente e la strada comincia a percorrere ripetute ed estese terrazze coltivate a riso. Il villaggio di Purkoat (556 m, 1h15'-4h), in mezzo a grossi alberi, presenta case assai accoglienti ed è un posto davvero simpatico. Si susseguono tratti in piano con leggeri saliscendi fino a Kalimati (526 m, detta anche Turkugat, ma questo è il nome del villaggio posto aldilà del fiume e raggiungibile con un ponte sospeso.

Kalimati (526 m) - Besi Sahar (820 m) 5h25' 470+ 180-

Da Kalimati non si attraversa il ponte ma ci si tiene sulla destra orografica del Marsyangdi. La strada, sempre ampia e con tanta gente in cammino, segue leggeri saliscendi fino ad un gruppo di case oltre il quale si scende alla prima passerella che oltrepassa il torrente tributario Paundi Khola (500 m); una salita di pochi minuti conduce a Paudi (579 m, 45'). A Bhote Hora si incontra un altro check-post. Lasciato a sinistra il paese comincia un lungo tratto di pianura che attraversa risaie molto suggestive, con il loro verde tutto particolare. Dopo un'ora la valle sembra chiudersi e la pianura termina al villaggio di Phalesangu (630 m, 1h-1h45' m) che offre ottime possibilità di alloggio. 


Variante sulla riva sinistra

Da Pahalesangu si può seguire la pista sulla sinistra orografica del fiume, generalmente preferita dai portatori, ma in effetti più lunga e con più saliscendi. Percorrendo questo tratto Phalesangu-Bhulbule, si salta Besi Sahar ma si evitano anche le noiose jeep sulla pista principale.


Seguendo quindi la pista sulla destra orografica si risale la valle che ora cambia aspetto. La strada attraversa tratti di bosco, la valle non è più ampia e spaziosa, non ci sono più lunghi tratti di pianura con risaie. Si entra in pratica in una gola che coincide con il corso del Marsyangdi e che verrà risalita fino a Manang.

Dopo il primo tratto in salita ricominciano i saliscendi, si incontra un alberghetto isolato (25'-2h10' m); in questa zona la pista si mantiene quasi sempre ad un centinaio di metri sopra al fiume. Dopo circa un'ora di cammino terminano i saliscendi, si riprende una dolce salita attraverso le risaie, finché non si arriva alla confluenza fra il Marsyangdi ed un grosso tributario di destra. Nella conca sorge Besi Sahar (820 m, 3h15'-5h25', sahar: città m).

 

Besi Sahar (823 m) - Bahundanda (1.311 m) 6h10' 710+ 230-

Poco dopo la fine del paese si scende di circa 100-150 metri all'attraversamento di un torrente per poi risalire rapidamente di altrettanto fino ad un gruppo di case (30'), quindi si scende dolcemente su un sentiero particolarmente comodo fino al fiume (1h-1h30' m), si continua in saliscendi costeggiandolo fra risaie e foresta tropicale e piccoli allevamenti. Il sentiero diviene migliore. Si attraversa un fitto boschetto, quasi un giardino (Kudi mango garden tea-shop), con chautara costruiti attorno ad alberi di mango e pipal (dantan) ed in breve si è a Khudi (829 m, 1h-2h30'), raggiunto dopo un ponte sul Khudi Khola, paesino assai raccolto, con negozi e rivendite di tessuti e sarti lungo la strada. Alberghetti: Dhoba, Khudi. Possibilità di piazzare tende presso la scuola.

Nel 2008 la strada per le jeep arrivava a Khudi.

Khudi è un insediamento prevalentemente di Gurung, il primo che si incontra nel percorso. Gran parte della valle prima di Khudi è abitata da Brahamini e Chhetri, sebbene villaggi di Gurung si trovino nelle valli laterali. I Gurung compongono gran parte dei corpi gurkha e di polizia nepalese. I loro villaggi sono quindi ricchi perché ricevono stipendi di di canora è in servizio o le pensioni dei veterani, tutte in valuta occidentale. I Gurung hanno lineamenti mongolidi e si riconoscono per il tradizionale abito composto di una benda disposta sulla fronte e per la corta camicia di cotone bianco, l'asciugamano drappeggiato sui fianchi fissato con una alta cintura.

Si continua, sempre costeggiando il fiume alla nostra destra, finché una passerella conduce sul versante sinistro a Bhulbule (846 m, 40'-3h10'), dove ci si ricongiunge con il sentiero che viene da Phalesangu e che in effetti può essere anche preso da Besi Sahar, evitando di passare per Khudi. Questo tratto del percorso permette già di intravedere l'Himalchuli, il Ngadi Chuli (7879 m, Manaslu II o Peak 29). A Bhulbule: Hotel Arjun e Hotel Manang, dopo la passerella ed in riva al fiume.

Dopo Bhulbule si oltrepassa una cascata alta una sessantina di metri ai cui piedi troviamo pandani, alberi tropicali. Ora si riesce a scorgere anche la cima del Manaslu (8.162 m) oltre che quella del Manaslu II. Poi, rimanendo vicini al fiume, sulla sinistra orografica, si lasciano alla nostra destra i saliscendi del sentiero utilizzato nella stagione monsonica. Si continua in piano fino al paese di Nadi (Ngadi, 930 m, 1h-4h10'), grazioso e con alberghetti simpatici ma spartani. Sopra Nadi c'è il paese di Usta attraversato dal sentiero che arriva da Bara Pokhari e che scende a Nadi.

Dopo il paese si passa sopra un ponticello di legno, si percorre un tratto in piano e poi un ponte sospeso, di recente costruzione, che scavalca lo Ngadi Khola, tributario di sinistra.

Comincia ora la prima salita del trekking. Il sentiero è evidente, anche dove attraversa un pendio franato. Ad una svolta del sentiero si vede il poggio di Bahundanda che sembra chiudere la valle. Dopo circa mezz'ora di sentiero ripido si arriva alla base di una conca, una specie di anfiteatro tutto a terrazze coltivate a riso. Il luogo è suggestivo e la salita non è dura, a parte qualche tratto e l'ultimo pezzo prima delle case di Lampada (1.135 m) seguito a poca distanza da Bahundanda (1311 m, 2h-6h10'), posto proprio alla sommità della conca e preceduto da un boschetto di bambù. Bahundanda è l'ultimo insediamento di Brahmani nella valle; il nome del paese è dato dall'unione di bahun (brahmano) e danda (collina). I due migliori alberghetti della zona sono sotto il paese, terreni da campo sono a Bahundanda. In paese vi sono una scuola secondaria, numerosi negozietti ed alcuni lodge spartani. Dal passo, fra le bandiere di preghiera, il panorama è più ampio. Suggestiva la passeggiata verso il boschetto ad est del paese.

Bahundanda (1.311 m) - Chamje (1.433 m) 4h50' 430+ 310-

Da Bahundanda si scende abbastanza rapidamente per circa 20' (150 metri) poi ci si mantiene sostanzialmente in piano fino ad un torrente con una rudimentale passerella (35'-55') attraversando una fascia di terreno soggetto a frane presso Khane (1.180 m), posto in alto sopra il fiume. Comincia ora un tratto di saliscendi con il sentiero scavato nella roccia fino ad passerella che conduce a Syangé (Siangyapu ? 1.136 m, 1h'-1h55'), piccolo paese arroccato sul fiume sui pendii occidentali, con due graziosi alberghetti, vicino al ponte (Sonam e Karma). Prima del ponte vi sono un paio di spiazzi dove campeggiare. In fondo alla valle si scorgono cime del gruppo del Manaslu. Si riprende costeggiando brevemente il fiume poi il sentiero si impenna, ci sono anche dei gradini ricavati nel pendio parzialmente roccioso. Questo tratto di sentiero è relativamente nuovo. Quando Tilman esplorò la zona nel 1950 il sentiero correva più in basso in una serie di gallerie. Usciti dal tratto più ripido si avvista il paese di Jagat (1.341 m, 1h15'-3h05') arroccato su una sporgenza al centro della valle, al quale si arriva dopo un punto scavato nella roccia, a picco sulla gola. Jagat è già abitato da gente di razza tibetana. Vi sono alcuni alberghetti, il migliore è alla fine del paese. Dopo Jagat si scende, non rapidamente e per comodo sentiero, al fiume e da qui si ricomincia a salire. Si oltrepassa un punto con una bella cascata e si arriva, con tratti di bosco ma sempre nel cuore di una gola dalle pareti assai alte, al paese di Chamjé (1.433 m, 1h45'-4h50'). C'è un lodge prima di entrare in paese (Tibeteen Hotel) ed un più modesto lodge alla fine (Tibetan 2). Il paese è composto da poche case con un paio di negozi.

Chamjé (1.433 m) - Bagarchap (2.164 m) 4h45' 960+ 230-

Si scende per pochi minuti e si attraversa il Marsyangdi su una passerella, si comincia a salire, molto rapidamente, per circa 20' con tornanti a gradini, poi in modo più dolce e con vari saliscendi. Si incontra una breve galleria formatasi fra enormi massi precipitati dalla montagna e si attraversa l'insediamento di Sattale (1.430 m).

A 45' c'è un tea-shop, poi si inizia a scorgere la cima del Kanguru (6.442 m). In corrispondenza di un tratto in discesa si oltrepassa un punto in cui la gola rocciosa è ancora più selvaggia ed impressionante e, dopo un ultimo tratto in salita, la gola si apre per dare spazio ad una pianura di circa un chilometro di lunghezza al cui centro c'è Tal (1h40' da Chamjé), un delizioso insediamento (il nome significa lago). Il luogo in cui sorge contrasta singolarmente con il paesaggio delle zone circostanti, infatti, girando lo sguardo, pareti rocciose chiudono l'orizonte. A Tal ci sono alcuni alberghetti costruiti interamente in legno: Danfe lodge, prima del paese, Manaslu, Manaslu, Marsyangdi, Good Luck. C'è un posto di polizia ed un centro medico. Nei prati sotto la cascata è stato elevato un grazioso chorten.

La pista entra così nella zona amministrativa del distretto di Manang, suddiviso a sua volta in tre aree. All'inizio si percorre il Gyasumdo: la valle è ancora ricca d'acqua ed il clima, abbastanza umido, consente un'agricoltura più intensa che nelle parti alte del distretto dove ai problemi dell'altitudine si unisce l'aridità di un clima condizionato dalla barriera che il gruppo dell'Annapurna offre ai venti meridionali, portatori di umidità e pioggia.

Dopo Tal si continua in piano per circa mezz'ora, poi si riprende a salire, come al solito, a strappi anche su tratti gradinati. Sui pendii scoscesi iniziano ad apparire le conifere. Dopo circa 1h30' c'è un ristorantino ad Orad (1.850 m). Breve discesa fino ad una passerella (1.830 m) che porta sulla destra. Un sentiero meno usato consente di proseguire sulla sinistra orografica.

Tenendosi sulla destra orografica si sale ad una serie di capanne dal tetto in giunco, il sentiero è poi nuovamente in buone condizioni. Si scorge un ponte ma non lo si percorre, continuando si giunge ad un ponte nuovo che porta sulla sinistra. Qui, presso un lodge si incontra il sentiero che risale da Tal sulla sinistra orografica. In un quarto d'ora si arriva a Dharapani (1.943 m, 2h20' da Tal), annunciata da un kani, una specie di arco in pietra, influenza tibetana che caratterizza i villaggi della zona che ci si accinge a percorrere. Ci sono un chek-post ed alcuni alberghetti; il paese offre parecchie opportunità di alloggio.

Dopo la scuola di Dharapani (chek-post e Dharapani Hotel) il sentiero sale prima di ridiscendere a Bagarchap. Negli ultimi anni i sentieri sono stati ampliati ed in parte gradinati per permettere il passaggio di carovane di cavalli che sostituiscono il trasporto a spalle verso Manang.


Valle del Larkya la

In basso si scorge il paese di Thamje, che sorge alla confluenza fra il fiume Marsyangdi ed il Dudh Khola (lett.: torrente latte), il torrente che scende dalla valle che in questo momento si ha di fronte e che conduce al versante nord del Manaslu per poi girare attorno al suo gruppo (è un bel percorso che richiede autosufficienza per alcuni giorni). Per andare verso Manang non c'è bisogno di scendere a Thamje dove un check-post controlla l'accesso alla valle che sale verso il Larkya la.


Il sentiero si innalza sul lato destro della valle che corre ora verso nord-ovest, attraversando una rada foresta di abeti.

Si incontra un bivio e si prende a destra, si continua a salire a strappi, in un paesaggio alpino, fino a Bagarchap (2.164 m, 45' m). Al centro del paese ci sono un paio di fontane, un muro mani ed un tempietto con una grande ruota di preghiera. Un torrente funziona da fogna lungo la via principale dove, allineate, sono disposte le latrine dei lodge.

Bagarchap è il primo villaggio con architettura tibetana: case di pietra separate da angusti vicoli; tetti piatti sul cui bordo viene ammucchiata la legna da ardere. La presenza di qualche tetto inclinato con tegole in legno ci dice che siamo al limite della zona umida.

Come in molti altri villaggi di questa zona un gompa sovrasta il paese: Diki Gompa: al suo interno su pannelli di legno sono dipinte a vivaci colori scene della vita del Buddha; intorno sventolano bandiere con i mantra affidati al vento. In paese ogni casa è ormai trasformata in un alberghetto (Pearly Gates ed altri).

D'ora in poi lo sguardo coglie visioni delle vette circostanti appartenenti al Lamjung Himal ed all'Annapurna II (7.937 m), mentre ad est si scorge il Manaslu.

Bagarchap (2.164 m) - Chame (2.713 m) 4h30' 750+ 150-

Passata Bagarchap c'è un ponte, prendere a sinistra sulla destra orografica; si sale nel bosco a strappi ma senza perdite di quota; dopo circa mezz'ora, in una radura, un hotel isolato. Il nuovo sentiero per i muli raggiunge, dopo un bosco, il nuovo insediamento di Danejung (2.290 m, o Syal Khola, o Tibang Phedi, Tibang Bassa) poco dopo si lascia a sinistra un sentiero che conduce a Tibang (2.600 m) ed al Namun Bhanjynag (passo).


Variante del Namun Bhanjynag

Namun Bhanjynag è un valico a 5.784 metri che costituiva l'abituale punto di raccordo fra Manang e Ghanpokhara, antica traccia che univa Manang a Pokhara prima della costruzione della nuova strada del Marsyangdi, il passo è difficile da affrontare poiché richiede un percorso di 4-5 giorni senza punti di appoggio ed è spesso innevato.


Procedendo si incontrano, a breve distanza, due ponticelli di legno, il secondo si affaccia su un orrido con cascata. Qui il sentiero si impenna bruscamente, è scavato nella roccia ed è a gradini; dopo un centinaio di metri di salita riprendono i saliscendi fino a Chungri Kharka (Parbat Hotel). Il sentiero arriva infine a Lattemarang (2.454 n, 1h45' m). I malevoli affermando che Marang sia un termine gurung per indicare i Chhetri, latte sta per persona muta. Un gruppo di case con due ristorantini (Annapurna Hotel). Aldilà di un ponte si trovano due sorgenti calde, poco conosciute ma che sono le più pulite ed invitanti di tutto il percorso.

A monte c'è Tyanjà (2.360 m) posto a circa un paio d'ore di cammino e da cui provengono gli albergatori di Lattemarang. Si incontra poi una casa-ristorante isolata (30'-2h15').

Il sentiero si tiene vicino al fiume nel bosco in saliscendi, si lasciano a destra due ponticelli, poi attraversa un tributario raggiungendo Kopar (o Kupar Koto, 2.590 o 2.629 m, 1h45'-4h') posta in un tratto pianeggiante a pascolo circondata da pini. C'è un chek post che controlla l'accesso alla valle di Nar-phu, il terzo settore del distretto di Manang. La regione è scarsamente abitata, meno di mille abitanti, è chiusa agli stranieri e la popolazione avrebbe costumi differenti dai Manang-pa.

Si continua a destra un imponente picco roccioso che domina la confluenza delle due valli ed in altri 30' di sentiero in saliscendi si è a Chame (2.723 m, 30'-4h30'). Chame è un grosso villaggio con buone possibilità di alloggio (Kamal Lodge ed altri), stazione radio, chek-post, banca scuola, presidio sanitario. È possibile rifornirsi di miele, marmellata, sardine, biscotti, nei negozi più forniti ed economici che a Manang. Di fronte al paese, dall'altra parte del fiume ci sono tre sorgenti calde in cui è possibile immergersi quasi completamente. Un gompa domina il paese e sorge in un luogo assai suggestivo (prendere a sinistra all'uscita del villaggio). Guardando a sud si scorgono i pendii settentrionali del gruppo del Manaslu.

Chame (2.713 m) - Pisang (3.185 m) 4h10' 700+ 230-

Da Chame, dopo aver superato un torrente, si ritorna sul lato sinistro della valle per un ponte di legno ed in 200 metri si è ad un gruppo di case con un paio di lodge (Kesang Lodge e Inn Lodge); caratteristico è, in mezzo al paese, un chorten assai bello e ben conservato: da qui a Muktinath se ne incontrano molti, a volte interessanti, tutti con il loro ammasso di pietre votive iscritte e spesso con un tettuccio, talvolta circondati dai cilindretti di bronzo da far ruotare in segno di devozione mentre si cammina attorno ad essi. Si sale dolcemente per un sentiero molto bello, in pineta, lungo la gola.

Dopo 30' un gruppo di case a Talung (2.775 m) in cui è possibile trovare alloggio di fortuna, comincia poi una lunga serie di saliscendi, in alcuni punti la valle si restringe e si attraversano dirupi. Dall'altra parte della gola, lungo questo tratto, si affacciano maestose l'Annapurna II e poi l'Annapurna IV. La gola è stretta, si possono incontrare frane e, dopo abbondanti nevicate, valanghe possono scendere fino a bloccare il corso del fiume che spesso scompare fra macigni enormi. Si arriva quindi ad un pianoro (1h-1h30') con due case isolate a breve distanza (in una c'è possibilità di alloggio), poi alcune capanne assai povere.

Il sentiero attraversa il piccolo villaggio di Bhratang (2.960 m, 20'-1h50') con tre lodge (Himal, Yak, Maya). A Bhratang una iscrizione su un masso ricorda un giapponese travolto da una slavina al Thorang-la: monito ad aspettare almeno un giorno per attraversare il passo dopo le nevicate. Il villaggio fu, negli anni addietro, un accampamento di Kampa, i predoni tibetani che hanno a lungo terrorizzato le carovane per il Tibet, impegnando in continue scaramucce le truppe del Dalai Lama; dopo che quest'ultimo ha perso ogni potere nel 1959, i Kampa (abitanti del Kam ad ovest del Tibet) furono protagonisti della rivolta contro i Cinesi.

Lasciato il villaggio il sentiero conduce in saliscendi a riattraversare il fiume su un nuovo ponte di legno (2.900 m), il sentiero si impenna per continuare a salire più dolcemente fra ginepri fino ad un nuovo ponte (3.040 m) per il versante destro dove si impenna di nuovo. Si comincia ad avere una bellissima vista sul Paunga Dauda, dalla caratteristica parete rocciosa inclinata ed estremamente levigata che vediamo sull'altro versante proprio di fronte al sentiero, che continua in mezzo ad una bella foresta di pini fino ad una specie di sella a circa 3.200 metri (1h20'- 3h10'). A sud si scorgono ancora l'Annapurna II ed a nord-est la vetta del Pisang. Si scende di circa 50 metri uscendo dal bosco, davanti si apre un vasto e suggestivo altopiano (lodge Phokari Danda); si lascia a destra un laghetto (pantano) e si prosegue praticamente in pianura. Dopo circa mezz'ora dalla sella comincia a vedersi bene sull'altro versante  Pisang alta, sormontata dal giallo tetto di un gompa. Dopo un ultimo tratto in leggera discesa si arriva a Pisang bassa (3.185 m, 1h-4h10'), disposta lungo il fiume e con ogni casa trasformata in lodge. Fermandosi qui si può andare a visitare Pisang alta ma ci si potrebbe anche arrivare direttamente prendendo, subito dopo la sella, il sentiero di destra che lascia a sinistra il laghetto e poco dopo attraversa il fiume per poi salire a Pisang alta. Pisang alta è un interessante insediamento, purtroppo il gompa è in completo stato di abbandono. Molte famiglie del villaggio hanno acquistato o costruito case a Pisang bassa, trasformandole in alberghetti.

Da Pisang alta un sentiero risale verso la cresta a nord del paese, seguendo la quale ci si porta sotto la pala terminale del monte Pisang.

Pisang è il primo villaggio della Nyesyang, la zona superiore del distretto di Manang. Nella regione abitano circa 5.000 persone e vi sono sei grossi insediamenti. Siamo arrivati dove l'acqua comincia ad essere preziosa. A Pisang bassa arriva un acquedotto, formato da tronchi scavasti, portando l'acqua per chilometri a questo insediamento dopo averla prelevata più a monte, ad un'ansa, dove il fiume è meno impetuoso. Con questi accorgimenti ed imbrigliando in vario modo l'acqua per irrigare, si supplisce alla scarsità di precipitazioni; si possono così coltivare patate, piselli, frumento, orzo e grano saraceno, pur limitandosi ad un solo raccolto annuo.

Dal lontano 1792 la valle del Nyesyang gode di importanti privilegi fiscali. Dopo la annessione al regno dei Ghurka, re Rana Bahadur concesse speciali permessi che includono l'uso di un passaporto e la concessione di importare ed esportare, privilegi non accordati ad altri Nepalesi. Da allora gli abitanti possono esportare animali, pelli di capra, di yak e di muflone, erbe e muschio. Ma oggigiorno il commercio si è allargato a beni di consumo quali gadget elettronici, radio, TV ecc. grazie ad una recente legge degli anni 80, poiché chi possiede il passaporto può, al ritorno del primo viaggio all'estero, importare esentasse una forte quantità di oggetti. I commercianti nepalesi hanno così sviluppato il sistema di reclutare i valligiani che compiono la maggior età, spedirli a Bangkog a "fare il pieno", ovviamente spesati, importando così oggetti senza pagare dogana.

 

Pisang (3.185 m) - Manang (3.536 m) 3h45' 400+ 50-

Attraversato un torrentello, alla fine di Pisang bassa, si passa vicino ad un chorten molto bello, situato in un magnifico punto panoramico; si prosegue in lieve ascesa e dopo 35' c'è una brusca impennata che conduce ad un piccolo passo (25'-1h) dal quale si domina un secondo altopiano in cui è situato l'aereoporto di Manang. Da quassù lo sguardo spazia sulla valle di Manang fino al Tilicho Peak. Si scende di circa 50 metri e ci si rimette in piano, in un ambiente che diventa sempre più arido, contornato da frequenti tratti di bosco tagliato, ricorrenti peraltro in tutta la valle di Manang.


Variante sinistra orografica

Sul lato opposto del fiume si scorge l'insediamento di Gyauru. È possibile prendere da Pisang Alta il sentiero che evita i saliscendi, raggiunge Gyauru e si ricongiunge alla nostra traccia presso Munji. Una deviazione può esser fatta al gompa di Ser situato su un pianoro in alto sopra al fiume.


Si passa vicino a due case di cui una adibita a lodge e non molto attraente (30'-1h30') ed in piano si arriva all'altezza della pista dell'aereoporto utilizzato assai di rado. Siamo alle poche case di Hongde (3.322 m, 30'-2h, anche Umgre od Ongre), paese che offre due hotel discreti con camere piuttosto fredde (ufficio della RNCA). Presso l'aereoporto c'è un chek-post. Dopo Ongre il sentiero continua a salire dolcemente nella valle sempre più spoglia di vegetazione, dopo circa 20' si passa un torrente, più avanti il Marsyangdi che ormai è diventato assai povero d'acqua. Rimanendo sulla riva destra, la salita è dolce e regolare; molto bello, per tutto il percorso ma soprattutto all'inizio, il panorama sull'Annapurna IV.

Il sentiero si trasforma, da qui fino a Manang in una pista larga anche tre metri che è affiancata dai pali metallici della linea elettrica. Poco oltre all'aereoporto si supera Jarma Punjo e dopo una mezz'ora una valle si apre a sud verso gli Annapurna III e IV.

Nei pressi c'è un lungo edificio a due piani, isolato in mezzo al pianoro; è l'ospedale costruito dalla Himàlayan Rescue Association, meno attrezzato di quello di Periche (sul sentiero per il campo base dell'Everest). Non ha una camera iperbarica ma nei mesi di trekking vi è sempre un medico volontario la cui opera è peraltro rivolta maggiormente ai locali che agli escursionisti, anche perché il giro dell'Annapurna non provoca disturbi per la quota con la frequenza riscontrabile tra chi si reca verso l'Everest. Nell'edificio ha sede anche la scuola di alta montagna, aperta in Nepal sotto il patronato dell'UIAA, l'Unione Internazionale delle Associazioni Alpine e fondata da alpinisti della Federazione Yugoslava di Alpinismo. Nel mese di agosto si tengono corsi di alpinismo della durata di settimane.

Il percorso attraversa ancora il Marsyangdi presso Munji (3.360 m) ed in poco più di un'ora (1h10'-3h10') si incontra il kani di Braga. Il piccolo e pittoresco villaggio di Braga, arroccato sul pendio, merita una breve deviazione. Il suo gompa è il più grande della zona e che racchiude una bellissima collezione di thangka (i dipinti tibetani su seta) alcuni dei quali hanno centinaia di anni. A Braga c'è un lodge lungo la pista principale.

Ancora un paio di chilometri, costeggiando una zona ricca di erosioni, e Manang (3.536 m; 35'-3h45') appare dopo un ultimo strappo, alla fine di un tratto di arida pianura.

Accanto al chorten di ingresso (deturpato da un palo della luce) è stato costruito un nuovo albergo che rovina completamente questo bel portale di ingresso. Manang è un paese abbastanza grande ed interessante, con buone possibilità di alloggio e rifornimento (Annapurna Himal Hotel, Karma Hotel, Manang lodge, Muktinath lodge, Yak Hotel ecc.). In centro al paese l'Himàlayan Rescue Association ha disposto un posto di soccorso che funziona nel periodo dei trekking. Assai bella la vista dell'Annapurna III, del Tarke Kang (ex-Glacier Dome, 7.193 m) e sul Gangapurna (7.454 m). Impressionante la cascata di ghiaccio che dal Gangapurna scende fin quasi a fondovalle, proprio di fronte al paese fino al laghetto artificiale.

Un tempo si raccomandava di passare un giorno a Manang per l'acclimatazione ed un più agevole transito sul passo Thorong ma ciò non è indispensabile se si è avuta l'accortezza di dosare gli sforzi da Dumre a qui e se si programma di passare una notte a Leder ed una a Phedi. In caso di sosta la permanenza a Manang può essere utilizzata per qualche escursione nei dintorni, ad esempio alla fronte del ghiacciaio del Gangapurna. Una passeggiata può essere fatta verso il lago Tilicho, molto bello ma che richiede una camminata piuttosto impegnativa, attraversando il villaggio di Khangsat, si passa sotto la bastionata di ghiaccio che va dalla Roccia nera al Nilgiri nord.

L'escursione più interessante è quella che porta al gompa posto a quota 3.900. Quassù dal 1945 è stato lama residente Tashi Lama, dell'ordine Nyingma-pa. Per anni ha accolto gli escursionisti officiando un rito e offrendo ad ognuno la sua benedizione. Da questo nido d'aquila la bastionata delle montagne si offre in tutto il suo splendore. Un altro gompa da visitare è il Bhojo gompa sul basso costolone che divide Manang da Braga.

Manang è un ricco centro, non per il recente flusso turistico, ma come risultato di privilegi commerciali che fin dal 1784 un decreto di Rana Shah ha concesso agli abitanti di questa zona. Il commercio, prendendo le mosse dai prodotti locali, dall'artigianato e dal bestiame, si è ora esteso all'importazione dei prodotti della tecnologia occidentale, al mercato dell'oro ed a quello della valuta pregiata.

 

Manang (3.536 m) - Leder (4.176 m) 4h 640+

Attraversate le pittoresche stradine di Manang, dopo una breve discesa, comincia il primo tratto di salita continua. Dopo 30' si arriva a Tengi, l'ultimo paese prima del passo. Il paesaggio è sempre più arido, la vegetazione è in massima parte costituita da ginepro basso, utilizzato dai locali come legna da ardere. Più in alto il sentiero volta in direzione nord-est (30'-1h) ed entra nella valle dello Jarsang Khola che conduce alla base del passo. Ancora 20' di salita continua ma non ripida ed il sentiero diventa più dolce, lascia a sinistra un paio di casupole trasformate in tea-shop (Gunsang) e poi comincia a seguire una serie di saliscendi non accentuati. Dopo tre ore da Manang si incontra un altro tratto in salita (è un tipico campsite, ma del resto non mancano lungo questo tratto punti dove è agevole montare un campo), si supera un ponte di legno e si sale a Leder (4.176 m, 3h-4h, o Letdar), due alberghetti, per un totale di 40 posti letto, con vicino una stalla utilizzabile in caso di emergenza come bivacco, anche se non completamente riparata dalle intemperie. Non è comunque da scartare a priori, l'idea di partire da qui per il passaggio del Thorong-la, ovviamente ciò che sconsiglia il pernottamento a Leder è la prospettiva di aggiungere circa un'ora e mezza di cammino alla fatica prevista per l'indomani.

Leder (4.176 m) - Phedi (4.404 m) 2h 330+ 100-

Da Leder il sentiero continua a salire per breve tratto prima di discendere al fiume ed attraversarlo su un ponte coperto (4.267 m, 50'). Qui il sentiero, sul lato destro della valle, si impenna bruscamente, poi ritorna pressoché in piano, traversa alcuni scivoli ghiaiosi. Il pendio è alquanto ripido, fare attenzione in caso di neve poiché il sentiero, anche sul fondo della valle è soggetto a valanghe. La traccia arriva alla base di uno scosceso pendio erboso (4.350, alcuni recinti usati dai portatori per vegliare di notte) alla sommità del quale troviamo Phedi (4.404 m, 1h-1h50'), l'ultimo rifugio prima del passo, con intorno un pianoro dove montare le tende. Il toponimo Phedi significa basso ed indica un insediamento posto prima della salita a quote superiori.

A Phedi c'è ora un complesso di casupole che offrono un totale di 70 posti letto ed ovviamente anche un ristorantino. C'è una fonte poco prima di arrivare, lungo il sentiero.

Per l'attraversamento del Thorong-la molti escursionisti partono a notte fonda (svegliando così quelli che vorrebbero dormire, ammesso che il freddo glielo abbia permesso). Ma questa levataccia, forse inutile, è dovuta al problema di sistemazione dei portatori. Se non c'è posto nel riparo ed se non vengono loro offerti posti tenda essi vegliano all'addiaccio attorno ad eventuali falò e quindi cercano di partire prestissimo. Del resto sono pochi coloro che offrono loro un posto al coperto. I portatori quindi hanno pienamente ragione a voler partire il prima possibile per raggiungere i dharmasala (alloggi per pellegrini) di Muktinath.

Chi è in buone condizioni fisiche non ha bisogno di camminare con il buio: è ovvio che, soprattutto in questo passaggio sopra il Thorong-la, il tempo impiegato è estremamente personale e non è facile prevedere quanto tempo occorrerà. Molti escursionisti, giunti quassù senza forzare tempi e ritmi, hanno valicato il passo senza eccessivi problemi.

Occorrerà quindi calcolare da un minimo di tre ore ad un massimo anche di otto, per valicare il passo. A Phedi il proprietario ha un cavallo che può essere noleggiato a caro prezzo e risulta utile a chi non riesce ad affrontare questo sforzo. Se la difficoltà non è legata al male acuto di montagna chi è solo affaticato, con l'aiuto di amici o portatori, può forzare l'attraversamento. Se invece i sintomi sono quelli del male acuto di montagna è bene tornare indietro.

 

Phedi (4.404 m) - Muktinath (3.802 m) 8 +900 -1.500

Da Phedi si incontra subito un tratto estremamente ripido, risalendo in tornanti un canalone chiuso da una piccola tacca rocciosa, superata la quale si giunge ad un crinale dal quale la vista spazia su picchi e ghiacci circostanti (1h20'). Comincia ora il lungo avvicinamento al passo, in direzione ovest, con tratti in falsopiano, pochi strappi e generalmente salita continua ma non ripida. Tranne che con il freddo intenso, nei pochi ruscelletti si trova acqua. In caso di neve ghiacciata può essere problematico l'attraversamento di alcuni pendii piuttosto ripidi in due o tre punti. Con molta neve i pendii non offrono alcuna possibilità di appigli e scivolare dalla traccia ha significato, per alcuni escursionisti, una tragica fine.Dal crinale si tagliano due canaloni quindi se ne risale un terzo. Il passo è molto più lontano di quanto sembri. Una volta finito un tratto più inclinato si arriva ad un falsopiano che non si scorge dal basso. Qui può campeggiare che vuole salire sul Thorong-tse sud. L'altezza del Thorong-la è valutata fra i 5.300 ed i 5.412 metri. Molto bello sulla sinistra il Thorong tse, ghiacciato ed innevato ma non difficile da salire con attrezzatura adeguata, inutile in tutto il resto del trekking.

Il toponimo Thorong Peak sembra indichi entrambe le vette a nord e sud del passo, usate dalla scuola di Hongde come allenamento per gli allievi. La montagna meridionale non ha nome su alcune carte: solo quella geologica dei francesi indica un Thorong tse. Dal pianoro ad oriente del passo si nota bene l'anticima (6.033 m) ed una cima maggiore (Khatung Khang, 6.488 m sulla carta ACA): per salirla è bene essere accompagnati da uno sherpa che conosca la via che non è evidente e non parte dal passo ma dal pianoro. Anche se una cordata allenata riesce a partire da Phedi ed a raggiungere la vetta in giornata scendendo poi a Muktinath, gli sherpa consigliano di dormire al passo perché in mattinata si alza un vento forte che impedisce di camminare sui pendii. D'altro canto il pernottamento a 5.300 metri è problematico per chi non è acclimatato.

Dal passo si scende per circa un'ora abbastanza dolcemente ma la pista è scomoda perché ingombra di pietre, poi comincia una ripida discesa che, su sentiero ora molto migliore, conduce in altre due ore e un quarto ad una tea-house a quota 4.100 dove è possibile dormire e mangiare. Ma non c'è da fare molto affidamento su questo punto di appoggio. Per questo il giro dell'Annapurna conviene che sia iniziato da Dumre per non dover affrontare il dislivello fortissimo da Muktinath al Thorong-la.

Dopo la tea-house si scende assai più dolcemente tenendo la sinistra, si oltrepassa la presa dell'acquedotto, si attraversa uno scosceso canalone e, sempre in discesa, si arriva ai templi di Muktinath e poi al villaggio detto Rani Powa. Nella piazza numerosi i lodge (Snowland, North Pole, Muktinath, Shree Muktinath), ci sono inoltre un chek-post ed un grande dharmasala, alloggio per i pellegrini. Affollata nel mese di luglio-agosto, quando con la luna piena si celebra la festa di Shiva. Muktinath è popolata solo da trekker nel resto dell'anno.

Il complesso sacro, ospita templi sia buddhisti che induisti. Dall'ingresso principale si ha sulla sinistra un tempio buddhista: Samà (Somar) Lhakang. Al suo interno, aldilà di una grata intarsiata, sono disposti gli altari di Chenrezi, Opame e Guru Rimpoché (Padma Sàmbhava). A destra del portale un sentiero conduce al tempio buddhista con la famosa fiammella perenne e con le sorgenti calde (ovviamente non ci si può fare il bagno). È il tempio dedicato ad Avalokiteshvara (Chenrezi) ed è detto Mewer (la fiamma), il tempio era costudito da lama dell'ordine Nyngma-pa (gli antichi), ora una laica apre la porta ai turisti. Il sentiero centrale conduce al tempio hindu (chiuso al pubblico). Al centro del recinto sacro c'è una pagoda con due vasche per le abluzioni, il Jiwala Mayi racchiude un'immagine di Vishnu. Su tre lati del recinto ci sono le centootto cannelle. Il numero centootto è un numero simbolico sia per gli Hindu che per i Buddhisti. Le cannelle hanno la forma di una testa di mucca. La bocca della mucca (gaomukh) ricorda un passaggio della leggenda di Surabhi: durante il ribollire dell'oceano primordiale, la mucca dell'abbondanza fu il primo essere ad emergere dalle acque. La mucca divenne simbolo di rigenerazione e di prosperità e le fertili pianure dell'India settentrionali si identificano con essa. Ed è grazie alla bocca della mucca che le acque del Gange possono fluire sulla terra ed i fedeli trovare salvezza.

Più in alto c'è un quarto tempio, il Marmé Lhakhang, il tempio delle lampade, dedicato a Padma Sàmbhava. Poco lontano da Muktinath è possibile visitare un tempietto di rito bon, il Samling Gompa. Tucci segnala anche un tempio dell'ordine Kagyu.

Alla fine di agosto-primi di settembre a Muktinath si svolge, con danze e corse di cavalli, la festa del Yartung che celebra la discesa degli armenti dai pascoli estivi.

 

Muktinath (3.802 m) - Jomosom (2.713 m) 6h 1.100-

Da Muktinath, per una discesa non ripida, in 15' si arriva a Jharkot (3.612 m), arroccato su una altura. Jharkot (forte di Jhar) è un interessante insediamento ed è un antico minuscolo regno. Vi sono le rovine della fortezza ed un gompa (chiuso ed in restauro). Graziose stradine lasciano intravvedere squarci del caratteristico paesaggio geologico di questa zona. Geograficamente siamo nell'area con caratteristiche delle valli e dell'altopiano tibetano arido ed affascinante.

Dopo Jharkot si continua a scendere dolcemente attraverso i campi, incontrando numerosi insediamenti e un laghetto di acqua sulfurea. Poi si taglia un pendio semideserto. Ai bordi del sentiero innumerevoli monticelli di sassi, sui quali talora sono scolpite preghiere, sono stati accumulati dalla devozione dei pellegrini.

Dopo un'ora dalla partenza da Muktinath e dopo un altro tratto di sentiero polveroso, c'è un bivio. Tenendosi a sinistra si va direttamente a Jomosom, voltando a destra ci si affaccia sulla valle del Kali Gandakhi, su un poggio che domina il villaggio di Kagbeni. Sull'ampio greto del Takh Khola, che qui confluisce nel Kali Gandakhi e che da il nome ai Thakali, sono disposti alcuni campi il cui verde contrasta con le pietraie circostanti. Trenta minuti di discesa veloce conducono sul fondovalle (2.750, 3h).

L'area ora attraversata per breve tratto, appartenente al distretto di Mustang, è detta Baragaon, i dodici villaggi, in realtà essi sono un po' di più. Li si vede sparsi sui pianori a settentrione. Gli abitanti, chiamati Barangaule, sono per lingua ed aspetto simili ai Tibetani, come i Lo-pa che vivono poco più a nord. L'odore e la pulizia dei villaggi ricordano in effetti i "profumi" dei villaggi trans-himalayani.

Le case più povere sono di fango o terra pressata, con piccole finestre e quindi poca areazione. Osservando i villaggi sul pendio opposto al sentiero si notano, in ogni villaggio, le rovine degli dzong, cioè delle fortezze dove gli abitanti si rifugiavano al tempo delle incursioni tibetane. Le fortezze andarono in rovina dopo l'annessione al regno di Gorkha.

Kagbeni merita una deviazione ed una sosta. Kag, in tibetano, significherebbe "blocco compatto" e beni, in nepalese, indica la confluenza fra due fiumi sacri. Il gompa, un tempo appartenente all'ordine dei Saskya-pa, è spesso chiuso ma si potrà visitare il villaggio all'interno delle mura di fango e sassi con la porta di ingresso che si apre di fronte al gompa. Il palazzo reale è ormai rovinato e privo di interesse. Gli abitanti sono di costumi tibetani. Indossano larghe casacche incrociate sul davanti e strette in vita da una fascia colorata. Portano stivali di feltro con suola in cuoio e si adornano, sia gli uomini che le donne, con collane ed orecchini di turchese, argentone e corallo fossile. I capelli sono sempre lunghi. Gli uomini li raccolgono in una sola sola coda ma talvolta li sciolgono assumendo un aspetto trasandato e sporco. Le donne portano i capelli raccolti in due code adorne con fermagli in argento. La blusa femminile, in cotone o seta, fissata da una fascia, è completata dal caratteristico grembiale tibetano a strisce orizzontali colorate. A Kagbeni c'è una centrale eolica che produce energia elettrica, vi sono anche quattro lodge, puliti e ben tenuti. In complesso la cittadina merita una sosta più di Jomosom che è solo un bazaar. In ottobre-novembre, nella valle, si celebra una festa simile al Mani Ridmu degli Sherpa del Khumbu.

Il bacino del Kali Ghandaki a settentrione di Kagbeni è la valle del Mustang, chiuso agli stranieri. Da Kagbeni solo lo sguardo può addentrarsi nella valle che sale verso settentrione. Una decina di chilometri più a nord si trova il villaggio di Lo Monthang, antica capitale del regno e circondata da mura. Il regno di Lo Monthang venne inglobato ufficialmente in quello del Nepal nel 1952. Spesso si incontrano persone che affermano di essere entrate in Mustang ma non hanno fatto altro che percorrere questo tratto di sentiero. Pochissimi vi sono in realtà entrati. Dal Mustang si passa in Tibet o nella regione nepalese del Dolpo anch'essa chiusa agli stranieri. Per una descrizione del percorso fra Kagbeni e Lo Monthang rimando a Tra giungle e pagode di Giuseppe Tucci.

Da questo punto, fino a Larjuing, si percorre l'ampio greto del fiume, tenendosi in un primo momento sulla sinistra e poi attraversando verso la parete di destra; sull'altro versante si vede chiaramente il sentiero utilizzato in periodo monsonico, più lungo e sconsigliabile per i numerosi saliscendi. Lungo il cammino si possono trovare od acquistare i saligram, i fossili di ammonite sacri al dio Shiva.Gli appassionati di geologia noteranno anche lo splendido fondale sabbioso in uno strato verticale, posto lungo il sentiero, prima di scendere sul greto. La Kali Gandakhi, da qui fino a Kalopani, è una valle estremamente ventosa. Il vento spira sempre verso nord e si alza generalmente intorno alle 10 del mattino. Scendere con il vento contrario è alquanto fastidioso, sopratutto nei tratti pietrosi del greto, visto il notevole polverone che si alza. Continuando verso Jomosom, lungo la parete rocciosa, dopo circa un'ora, la valle piega verso destra ed in lontananza appare il paese, per arrivare al quale ci si porta verso il centro dell'amplissimo greto, attraversando di tanto in tanto rivoli di acqua.Jomosom (2.713, 3h-6h) presenta un gruppo di vecchie case sulla riva sinistra del Thak Khola. Jomosom è la deformazione del nome Dzong sam (forte nuovo). Qui ci sono i lodge più economici (Nilgiri Lodge, Thak Kola lodge). Il nuovo insediamento di Jomosom airport è presso la pista di atterraggio si trova a sud del paese, lungo il rettilineo che la costeggia si trovano altri alberghi (ottimo l'Om's Home, dotato di pannelli solari; Marco Polo, Trekker's lodge, Lali Guras, Moonlight, Alaka Hotel). A Jomosom airport ci sono chek-post, telegrafo (senza fili), ufficio postale, corte di giustizia, posto sanitario, banca, ufficio RNAC. In estate pochissimi lodge sono aperti.

Esiste un collegamento aereo con Pokhara e con Kathmandu. Questi collegamenti sono precari a causa del vento, inoltre spesso i posti sono riservati dai funzionari civili o militari nepalesi. Raggiungere Jomosom in aereo da Katmandu non è facile. Infatti nella capitale spesso l'aereoporto è coperto dalla nebbia nelle prime ore del mattino. L'aereo deve aspettare ad alzarsi. Il volo dura circa un'ora e, quando si arriva sopra il Kali Gandakhi, l'aereo non riesce a scendere a causa del forte vento. Più facile arrivare a Jomosom partendo con l'aereo del mattino da Pokhara, poiché il volo non è soggetto a questi agenti atmosferici.

Per chi ha fretta è possibile raggiungere Marpha e pernottarvi; chi pernotta a Jomosom può, all'indomani, compiere un interessante percorso culturale sostando poi a Marpha.

 

Jomosom (2.713 m) - Tukuche (2.591 m) 3h 50+ 300-

Variante riva sinistra

Chi pernotta a Jomosom, anziché raggiungere direttamente Marpha, può seguire la riva destra del Kali Ghandaki e visitare le rovine del minuscolo gompa di Thini, (o Thinigaun) distante circa un'ora di cammino sulla sponda orientale. Thini era, assieme a Marpha, uno dei più antichi insediamenti del Panchgaun, sorge su una collina isolata alla confluenza fra il Langpoghjang Khola e il Kali Gandakhi (a Jomosom, Tucci dà notizia di un tempio bon-po). Poco oltre, a monte dell'insediamento di Dhumpa, sorge l'antico monastero detto Cuzudengà gompa, posto su uno sperone roccioso dominante il tratto di percorso fra Jomosom e Marpha e segnalato dal Tucci.


Da Jomosom airport si prosegue lungo la valle con piccolissimi saliscendi. Sulla sinistra, molto bella la vista sui Nilgiri e sulla valle ad essi sottostante, priva di ghiacciai. Ciò desta meraviglia ma la zona ha scarse precipitazioni. Lo sguardo spazia fino al Mesokanto-la.

Dopo circa 30', lasciato a destra e più in alto il villaggio di Syang, la pista continua praticamente in piano affiancata da una linea telegrafica. Superata una collinetta, ad un'ansa del fiume, al riparo dal vento, troviamo Marpha (2.667 m, 45' 1h30' da Jomosom). Numerosi i lodge: Om's Home, Miami, Tilicho, Neeru, Sunrise lodge, Dhaulagiri Lodge, Babàs Lodge, Bhaktìs Lodge). Ci sono un ufficio postale ed una biblioteca. Aldilà del fiume, all'altezza di Marpha, c'è il villaggio tibetano di Chaira, dove i profughi hanno impiantato una fabbrica di tappeti. Marpha è il paese più simpatico della vallata. I muri delle case sono bianchi, gli infissi sono dipinti di verde e di rosso; un sistema di fognature passa sotto la strada principale. Sumten-ling gompa domina Marpha. Tucci dà notizia di un monastero con molti monaci, oggi vi è un lama residente che ha aperto una piccola scuola. Il gompa ha circa trecento anni ed è stato restaurato nel 1979. Appartiene all'ordine dei Nyingma-pa. All'interno, in fondo alla navata, troviamo tre statue riproducenti Chenrezi, Opame e Guru Rimpoché.

La più antica delle scuole tibetane è quella dei Nyingma-pa, i discepoli dell'antica tradizione, con un lignaggio (successione di pontefici) della trasmissione orale che risale a Padma Sàmbhava. È Guru Rimpoche stesso, assistito da Santa Rakshita che fonda il primo monastero tibetano a Samye nel 749 o nel 775, instituendo la prima comunità buddhista. Per distinguere esteriormente i discepoli dai sacerdoti di rito bon, i Nyingma-pa indossano vesti e copricapo di colore rosso ed il popolo li individua con l'appellativo di zamar, i berretti rossi, termine che poi includerà tutte le sette non riformate. Altro termine usato era quello di nang-pa, tutt'ora usato non più per indicare i primi Buddhisti tibetani ma coloro che sono all'interno (della legge).

Alla scomparsa di Guru Rimpoche, l'ordine fu continuato da sette discepoli raccolti attorno a Paldan, abate superiore di Samye Ling e di Biakhrizi, il primo tibetano ad essere ordinato monaco. Nel secolo seguente la scuola venne perseguitata da Langdarma ed i discepoli si dispersero per vivere come eremiti. Si formò quindi una corrente di pensiero, perpetuatasi nel corso dei secoli attraverso numerosi anacoreti che contrinuiranno a fare della ricerca mistica e solitaria una delle caratteristiche dell'ordine nyingma-pa.

Possiamo quindi distinguere due linee di ricerca spirituale che vedono convivere nell'ordine sia i monaci rossi, seguaci della vita comunitaria nei gompa, sia gli yogi, con bianchi saii e capelli lunghi, che hanno scelto la vita contemplativa e solitaria. Le tradizioni dell'ordine, mantenutesi quasi inalterate dal 7°secolo, permettono di conoscere il lamaismo nella sua forma più antica ancora vicina al Vajrayana del 6°e 7°secolo con gli insegnamenti provenienti dal Yogacarya; una via dove il tantrismo è preminente e forti sono i legami con la pratica dello yoga indiano.

Lasciata Marpha, dopo circa 15' si passa davanti alla sede della cooperativa agricola (vendita di frutta e marmellata). Scendendo dolcemente si lascia sulla sinistra il bivio per il campo dei profughi tibetani di Chairo (15' - 2h), si comincia ad attraversare poi una zona dove crescono basse conifere, sul tipo dei nostri pini mughi. Si arriva quindi a Tukuche (2.591 m, 1h -3h), il nome viene da tuk, grano, e che, pianoro, ed è spesso abbreviato in Tukche, altro grosso centro che testimonia la ricchezza della valle e il perdurare degli scambi commerciali e del movimento dei pellegrini. Numerosi gli alberghetti e squisite le torte di mele: Himali, Ushe, Laxmi, Sunil (forse Sun-hill), Yak Hotel.

In effetti sempre più frequentemente si incontrano non soltanto i pellegrini, ma anche le carovane di asini, dai variopinti pennacchi, che portano le merci verso nord. Nei giorni successivi queste carovane costituiranno un ingombro e spesso un reale pericolo lungo gli scoscesi sentieri della valle. Tukuche è un paese ricco, è un punto chiave della carovaniera che per centinaia di anni ha unito Nepal e Tibet. Fino al 1959 la salgemma dall'altopiano veniva scambiata con riso e frumento delle colline nepalesi. Lana, bestiame, e burro venivano inoltre scambiati con zucchero, tea, spezie e manufatti provenienti dall'India. Ma era lo scambio salgemma-grano che dominava l'economia. Il commercio è diminuito, ma non cessato, non tanto per la mutata situazione politica in Tibet, quanto per il piano di assistenza indiana che fornisce al Nepal sale marino a prezzo minore di quello tibetano. Il sale marino contiene inoltre iodina e ciò ha limitato la diffusione del gozzo endemico di cui precedentemente i Nepalesi soffrivano per totale assenza di iodina nella loro dieta.

Tukche è quindi un antico centro di scambi commerciali fra Tibetani, Lo-pa (abitanti di Lo Monthang) e Barangaule. Primo nucleo del paese fu un tempio, ancora oggi esistente, detto Rani-gompa, il gompa della regina, che risalirebbe al 1621. Esso racchiudeva pitture di notevole rilievo, documentate da Tucci e da Snellgrove, rifatte nel 1962, quando l'edificio venne restaurato parzialmente. Gli altri templi di Tukuche sono il Tukuche gompa, trasformato in una fattoria, il Kupar gompa ed il Mahakala gompa. Il termine gompa, usato anche dai locali, è però improprio perché disegna un complesso conventuale, mentre qui dobbiamo parlare di lhakhang (cappella degli dei).

Tukuche (2.591 m) - Kalopani (2.530 m) 3h 300+ 360-

Passata Tukuche c'è da tener presente che in periodo post-monsonico si può quasi sempre camminare sul greto, evitando in questo modo duri saliscendi. Se ciò non è possibile occorre tenersi sul lato destro della valle; il sentiero presenta qui alcuni saliscendi piuttosto duri, tagliati nella roccia, generalmente a gradini. Un nuovo tratto sul greto conduce a Khobang, chiamato anche Khanti, pittoresco paese costituito da case che incombono su un tunnel che corre sotto le abitazioni, proteggendone così gli ingressi dal forte vento della zona. Anche Khobang offre all'amante dell'architettura himalayana un altro tempietto, un gompa la cui esistenza risalirebbe al 1774, quando re Kirthi Malla approvò le precise regole per la conduzione del tempio stesso da parte di monaci e monache. Sopra Khobang sorgeva un antico tempio chiamato Kang Teng.

Ancora pochi minuti e si arriva, in una bella conca, a Larjuing (l'antica Nazdung, 2.560 m, 1h10') che offre buone possibilità di alloggio. In questo tratto si gode una magnifica vista sul Dhaulagiri e sulla sua cascata di ghiaccio. Il paesaggio intorno è ormai decisamente cambiato: all'ambiente arido, incontrato da Manang fino a Marpha, sono seguiti i campi intensamente coltivati, quindi da Tukche in poi i pendii della valle hanno cominciato a mostrare boschi di pino.

Dopo circa 20' vediamo aprirsi sulla destra un'ampia ansa, in corrispondenza di un torrente che scende dal Dhaulagiri; la si attraversa spostandosi un po' sulla destra, dove si trovano dei guadi, e si va a riprendere il sentiero dall'altra parte dell'ansa. Si superano alcuni saliscendi in pineta fino ad una lunga passerella che attraversa il Kali Ghandaki ad una strettoia (30'-2h). Dall'altra parte incontriamo il sentiero di chi ha attraversato il greto evitando Larjuing; ci attende un tratto di ripida salita seguito da una discesa su un gruppo di case con una tea- house (20'-2h20'); si continua, sul lato sinistro della valle alternando saliscendi a tratti in piano, si oltrepassa il paesino di Dampagaon e ci si avvia al punto in cui il greto si stringe fino alla scomparsa della pietraia ai lati del fiume; una passerella riporta sulla riva destra e dopo pochi minuti si arriva alle prime case di Kalopani (2.530 m, 40'-3h), paese ben fornito di lodge: Kalopani Guest House, Thak Lodge, See You Lodge. Dal paese si gode un panorama stupendo a 360°su Dhaulagiri, Annapurna I ed i tre Nilgiri.

La tappa è breve per consentire escursioni nei boschi sopra Larjuing o sul versante opposto in modo di ammirare il Dhaulagiri. Un'altra soluzione è quella di camminare fino a Ghasa in modo da rendere meno faticosa la tappa successiva.

Kalopani (2.530 m) - Tatopani (1.219 m) 7h 500+ 1.180-

In leggera discesa si attraversa il paese, si entra nel bosco scendendo rapidamente verso Lete (2.469 m). Ci sono alcuni lodge come Namaste Fooding & Lodging.  Una passerella scavalca il torrente tributario di sinistra e il sentiero continua a scendere nel bosco, tra gradini e qualche breve tratto di risalita, inoltrandosi in una foresta subtropicale. Nuovamente si vedono piante di marijuana che cresce spontaneamente. Si incontrano alcune case sparse in piccole radure e si riprende a scendere verso Ghasa (2.042, 30'-2h, chek-post), lungo paese annunciato da un primo gruppo di case seguito poi dal grosso delle abitazioni con diversi lodge: Kali Gandakhi Lodge, Lekahli, Mustang Guest House. Ghasa è una località accogliente posta quasi al centro di una gola dalla quale si uscirà solo nei pressi di Dana. L'orizzonte è quindi limitato e chiuso. Ghasa è l'ultimo villaggio thakali, si lascia così la zona lamaista per entrare fra genti induiste. Nei pressi del villaggio c'è una riserva: Pipar Pheasant Reserve, dove è possibile fotografare l'uccello "nazionale" del Nepal, il danphe.

Variante vecchio sentiero

Poco più a valle c'è un bivio. Continuando sulla destra si segue il vecchio sentiero, sicuramente più breve ma sconsigliato di solito dai locali e percorso raramente dai trekker perché si corre il rischio di sbagliare strada e finire su roccette. Inoltre spesso piovono sassi sulle scalinate che esso affronta. Si tratta comunque di un sentiero suggestivo che alterna tratti scavati nella roccia a saliscendi e ripide discese verso il fondo della gola. Comporta un risparmio di circa mezz'ora rispetto al sentiero di sinistra. Si arriva presso un ponte di legno che giunge dal versante sinistro, poco sotto ad alcune case con ristorante, alla base di una cascata (Rukse Chhara (1.550 m, 2h30' da Ghasa).


Dal bivio si volta a sinistra e si scende rapidamente al fiume, si risale per un breve tratto per poi incontrare un punto dove il sentiero era crollato nei primi anni 80. Ci si tiene sempre alti sulla gola fino ad un villaggetto (senza lodge, 50' da Ghasa); la salita continua ancora per circa 15' e poi comincia una ripida e scomodissima discesa, con una pietraia per gran parte del sentiero, che, interrotta dall'attraversamento di un gruppo di case (Kopchepani), finisce con un ponte di legno che riporta sul versante destro poco sotto Rukse Chhara, alcune case con ristorante, alla base di una cascata (1.550 m, 3h da Ghasa) dove arriva pure il vecchio sentiero sulla destra orografica.

Si continua a scendere, dopo circa 15' c'è un piccolo villaggio, dopo 30' le prime case di Dana e dopo 40', passato un torrente, il grosso del paese con alcuni hotel (1.402, 45'-5h45). Dana è composto infatti da tre nuclei abitati, molte case hanno gli infissi riccamente intagliati. C'è un ufficio postale all'estremità sud del paese. La gente è in gran parte magar, ma vi sono anche Brahmini e Thakali. Il massiccio che si vede sopra la valle è l'Annapurna sud (7.273). Nerchang è il villaggio in alto sulla collina, aldilà della valle. All'altezza di Dana parte il sentiero che risale il Miristi Khola e, attraverso una foresta di bambù, porta in diversi giorni al campo base usato da Herzog nel 1950 per le prima spedizione all'Annapurna. Il campo base può essere raggiunto, con un percorso ugualmente difficile anche da Lete.

In leggera discesa si procede nella valle, ora più aperta, tra le risaie e gruppi di case, (lodge a 20' da Dana), sempre restando sul versante destro, sul lato opposto della valle si trova una grossa centrale elettrica. Si arriva quindi a Tatopani che sorge nel punto in cui la valle si restringe (1.219 m, 1h25'-7h). Il nome del paese significa acqua calda: anche qui ci sono sorgenti calde lungo il fiume. Lo spettacolo non è allettante: sono vasche di acqua torbida.

Tatopani è un villaggio per spinelloni ed hippy. Alcuni lodge in centro al paese sono decenti: Dhaulagiri Hotel e Namaste Hotel. C'è un chek post e si trova anche molta frutta. A Tatopani si torna fra il "turismo di massa". Sulla facciata del posto di polizia un cartello ricorda che il consumo di droghe è illegale. Pernottare a Tatopani, incassata nella valle, è quasi obbligatorio poiché la tappa successiva è completamente in salita. Da Tatopani è possibile prendere il pianeggiante sentiero per Beni dove arriverà la nuova autostrada da Pokhara. Fino a quando i lavori non saranno completati occorrerà però scendere a Kusma e poi sul Modi Khola. Questo sentiero evita i saliscendi di Ghoropani.

Tatopani (1.219 m) - Chitre (2.400 m) 4h15' +800 -150

Superato il paese, seguono alcuni saliscendi finché una passerella porta sul lato sinistro della valle. Subito dopo una seconda passerella attraversa il Ghar Kola, tributario di sinistra, e porta alla base della salita (1.173 m, 25') . A questo punto si abbandona la valle del Kali Ghandaki che si lascia a destra; il passo che ci apprestiamo a superare ci separa dalla valle del Modi Khola, che scende dal Santuario dell'Annapurna. Dalla seconda passerella si sale assai ripidamente per un sentiero spesso a gradini, fino ad una tacca rocciosa che domina la valle e dove si incontra un ristorantino (1.700 m, 1h-1h25'), si scende di una ventina di metri e poi comincia, in direzione sud-est, il lungo avvicinamento al passo Ghorapani; la salita avviene tra campi terrazzati, casolari isolati, saliscendi.

Si attraversa Gara (35'-2h, c'è un lodge) lasciando sulla destra il grosso del paese e si arriva a Sikha (1.980 m, 35'- 2h35'), paese molto carino a ridosso del quale, su un contafforte, si possono talvolta vedere le tende del centro di reclutamento dei Ghurka del British Army Training Centre. Sikha è un villaggio magar, vi sono molti negozi ed alberghetti come: Shant's bar and grill.

La salita continua verso la zona boscosa; poco dopo Sikha, all'inizio di aprile, si attraversa il primo tratto di bosco di rododendri in fiore. Il sentiero attraversa un pendio completamente franato. Si oltrepassano Phalate e Chitre e, al limite della foresta, si incontra l'ultimo lodge (2.400 m circa, 1h45' da Sikha). Qui c'è un bivio, segnalato per il Santuario dell'Annapurna.

Chi ha fretta può dormire a Ghoropani e poi a Birethanti, accorciando di un giorno il percorso.

Chitre (2.400 m) - Poon Hill (2.400 m) - Ulleri (2.073 m) 5h 500+ 950-

Ci si inoltra in una foresta di rododendri un po' spettrale, ma assai bella e popolata di scimmie. Questo tratto del trekking è splendido con la fioritura: alberi di 5-10 metri con mazzi di fiori ad ogni ramo. Al rosso man mano si sostituisce il rosa delle quote più alte. Di tanto in tanto c'è qualche radura e qui lo spettacolo è più affascinante.

Una escursione raccomandabile in caso di buona visibilità e sopratutto se si è partiti all'alba, è la salita a Poon Hill, circa 300 metri sopra il passo, sul crinale sud, da dove il panorama sul gruppo dell'Annapurna e sul Dhaulagiri è davvero fantastico. Andando senza zaino sono necessari circa 45 minuti per la salita e venti per la discesa.

Al passo (deorali, 2.900 m circa, 1h30') si può fare tappa, numerosissimi i lodge, c'è anche un ufficio della Annapurna Conservation Area. Un bivio segnalato conduce a Ghandrung ed al santuario dell'Annapurna. In cinque minuti si scende al paese di Ghorapani (2.850 m) dove ci sono alberghetti migliori (Riverside, Lali Guras, See You). Ghoropani significa acqua del cavallo, poiché qui si abbeverano le lunghe carovane che vi transitano.

 

Ulleri (2.073 m) - Chandrakot (1.600 m) 5h' 600+ 1000-

Da Ghorapani si scende, sempre nella foresta di rododendri con un sottobosco lussereggiante, per un sentiero all'inizio piuttosto scomodo, dopo circa mezz'ora ci sono due lodge in una radura presso Nayanthanti (4.460 m). Naya significa nuovo in nepalese e thanti è il termine gurung per indicare un dharamsala, cioè un rifugio per pellegrini. Si continua sul lato destro di un torrentello, sempre nella foresta, finché dopo Bahunthanti, sette case con un lodge (2.250 m , 30'- 1h), si esce allo scoperto ed inizia la discesa sui gradini che conducono al villaggio magar di Ulleri (2.073 m, 30'-1h30'). D'ora in poi la serie di gradinate è ininterrotta e massacrante. Per un sentiero estremamente ripido e stronca gambe si scende ad una passerella dalla quale in breve si arriva a Tirkhendunga (1.577 m, 2h-3h30'). La discesa diviene meno ripida e rari sono i tratti a gradini. Dopo alcuni minuti si attraversa un piccolo insediamento di poche case con un lodge, è Hille (1.524 m) e si continua sul lato sinistro incontrando di tanto in tanto un tea-shop. Si oltrepassa un tratto sul greto e, dopo un'ultima discesa, si arriva alla cascata ed al laghetto che precedono Birethanti (1.097 m, 2h-5h30'). Qui la valle del Bhurungdi Khola, fino ad ora seguita dal passo di Ghorapani, si immette nella valle del Modi Khola che scende dal cosìdetto Santuario dell'Annapurna. Il paese di Birethanti è accogliente, ben fornito di lodge e ristorantini. I locali sono lungo il fiume e sembra una località di villeggiatura. Siamo ormai vicini a Pokhara e numerosi sono i turisti che si spingono fin qui per brevi passeggiate. Se si è molto stanchi conviene fermarsi a Birethanti ma all'indomani consiglio di partire prestissimo in modo di essere all'alba al poggio di Chandrakot.

Da Birethanti un'ora di cammino lungo il Modi Khola porta ad incrociare la nuova strada Pokhara-Beni. Fra pochi anni il trekking potrà terminare a Birethanti.

Alla fine del paese una passerella permette di attraversare il Modi Khola, si risale la valle per circa un quarto d'ora e si affronta a destra una ripida salita con gradini che conduce a Chandrakot (villaggio della luna, 1.600 m, 2h-5h), situata in un punto panoramico bello ed aereo che domina le terrazze coltivate delle valli sottostanti. A settentrione sbucano le vette meridionali del Santuario dell'Annapurna e lo spettacolo del Macchapucchare all'alba è fantastico e migliore di quello ammirato da Poon Hill.

Chandrakot (1.600 m) - Pokhara  (819 m)

Da Chandrakot il sentiero prosegue in falsopiano, fino a Lumle (1.615 m, 30'). In basso si scorge la strada che scende dal passo di Khare (1.737 m, 1h10-1h40'). Proseguire sulla strada non ha senso. Conviene fermare un camion od una jeep ed in breve si è a Phedi dove arriva il sentiero che scende da Damphus, un'altra mezz'ora e si è a Pokhara Bazaar. Numerosi gli alberghi eastern style (segnalo Om's Home, Himàlaya Hotel, Asia Hotel), ed i grandi alberghi Annapurna Hotel, New Crystal nei pressi dell'aereoporto. Conviene però farsi portare a lago Pewa Tal, distante tre chilometri, dove numerosissimi sono i lodge a basso costo e da dove partono gli autobus di lusso per Kathmandu.

Una difficile ascensione: Pisang Peak

Mentre da Bhratang si scorge bene solo il crinale sud, dalle case di Pisang si ha una visione abbastanza completa del Pisang Peak. La montagna si innalza sopra i pascoli degli yak sopra il villaggio in un ripido pendio uniforme fino ad una cresta frastagliata che conduce alla piramide sommitale formata da pendii di neve e di ghiaccio. Arrivando fino ad Ongre si può scorgere un aspetto differente della montagna. Da questo insediamento il Pisang Peak si mostra come un costolone abbastanza facile. Questo versante della vetta si presenta come una pala di neve e ghiaccio, specie dopo abbondanti nevicate.

La prima salita a questo trekking peak venne effettuata in solitaria da J. Wellenkamp nel 1955 nel corso della spedizione tedesca all'Annapurna che scalò, come preparazione, anche il Chulu-est.

Vie di salita: versante e cresta sud-ovest

Dalle case poste più in alto nel villaggio di Pisang si segue un sentiero che obliqua verso sinistra attraverso alberi sparsi e pascoli fino ad una malga (kharka) a q. 4.380dove si può installare il campo base. Il sentiero continua su un pendio aperto, seguendo un costolone che si trasforma in cresta fino ad una spalla che scende dalla cresta sud-ovest dove si può piazzare un ulteriore campo. In inverno la neve può essere presente già a questa quota. Si segue ora la cresta ben marcata che sale e diviene innevata. La salita è ripida ma priva di difficoltà sino alla cima. Classificata PD, questa è anche la via di discesa per chi volesse seguire altre vie.

 

Variante Kathmandu - Phalenksangu

Kathmadu - Hile Chaur (1.158 m)

Una variante più interessante, che complessivamente non aggiunge giorni alla lunghezza del trekking, inizia a Gorkha. Il percorso su strada da Kathmandu dura circa quattro ore.

Gorkha è la città da dove Prithvi Narayan Shaha partì alla conquista della valle di Kathmandu che occupò durante la festa di Indra nel 1768 ponendo così fine al periodo di dominazione dei Malla. Ghorkha è la città più importante della zona collinare. Vi si può visitare l'antico palazzo di Prithvi Narayan Shaha e quindi, piuttosto che partire subito per il trekking conviene dedicare un paio d'ore salendo a Durbar Hall ed al tempio sovrastanti la città.

Dalla città, scendendo verso ovest lungo una piacevole cresta boschiva si oltrepassa Santipal (1.219 m) in meno di due ore. Chi invece non vuole camminare molto, dopo la visita di Ghorka, può campeggiare a Hile Chaur (1.158 m).

 

Hile Chaur (1.158 m) - Thanti Pokhari

Continuando in ripida discesa verso il Darondi Khola si impiegano circa due ore. In primavera è un percorso ovviamente molto caldo. Aldilà del fiume, verso ovest, il sentiero risale abbastanza duramente per circa tre ore fino al passo di Luitel Bhanjyang (700 m).

Dal passo si scende nella valle principale del Marsyangdi. Prima di incontrare il fiume si oltrepassa la pista per aerei di Palungtar, ormai abbandonata, lasciandola a sinistra e prendendo il sentiero per Thanti Pokhari. Si valica con un ponte sospeso l'affluente Chepa Khola. In tutto sono circa si ore di cammino da Hile Chaur.

 

Thanti Pokhari - Phalesangu (Pahalenksangu, 516 m) 6h

Dopo Thanti Pokhari si entra nella valle principale del fiume Marsyangdi. Si cammina fra boschi, incontrando chautara con pipal e baniani. Su un sentiero che in tre ore arriva a Turkugat. Aldilà del fiume scorre la strada polverosa che risale la valle. La si segue, sulla riva occidentale del Marsyangdi fino a Bhote Odar. Si arriva così a Phalesangu (Pahalenksangu, 516 m, 6h).

 

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22 settembre 2001
   

Kathmandu

Ultimo aggiornamento grafico: 24/02/2015