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21 settembre 2002

Mi sono divertita tanto (versione con immagini)

viaggio di famiglia in Nubra (Ladakh)

di Wanda Romagnoli, Marco e Luisa Vasta

CAI Brescia - Avventure nel Mondo

"Mi sono divertita tanto in Ladakh con il mio gruppo, il cavallo Ciuffo, gli yak. Sono triste perché ho dovuto lasciare Simona e Alessandro, il dottore Ugo, Angela, Luigina e tutti gli altri (eravamo in 18). Voglio tornare in Ladakh per trovare il mio cavallo Ciuffo che è scappato con l'asino di nome Geometra, ma prima vado al mare in Corsica".

Inizia così il compito delle vacanze di Luisa dal titolo " Racconta la tua estate": il Ladakh fa parte del DNA di nostra figlia Luisa (6 anni e mezzo al momento di questo viaggio) così pure della famiglia Vasta: papà Marco è andato in avanscoperta e se lo è gustato in lungo e in largo e in ogni stagione, mamma Wanda si è presa del tempo perché ben sapeva che sarebbe stata rapita dalla bellezza di quel luogo ed ha preferito prima scoprire altro nel mondo e Luisa si è sentita a casa sin dal primo momento a Leh. Ci ha sorpreso la naturalezza di Luisa nel muoversi in questo mondo così "alto" e diverso dal suo: un paese nuovo, ma vicino alla sua realtà quotidiana (noi viviamo in un quartiere dove convivono miseria e nobiltà e dove sono presenti genti provenienti da ogni parte del mondo).ù

Il viaggio nella valle del Nubra è stata la seconda esperienza di trekking in alta quota per Luisa ed il suo quinto viaggio extraeuropeo. Luisa è una bambina di sette anni che ama stare con i coetanei, ama il mare, la propria casa, ma in queste esperienze di viaggio e soprattutto in quest'ultima è riuscita a gustare il piacere di viaggiare anche grazie al gruppo che è stato un'altra grande scoperta e soprattutto una risorsa per Luisa come per ogni partecipante. Chi sceglie la vacanza in gruppo sa che vedrà rispecchiate in esso parti di se che piacciono o no: il viaggiatore incallito aiuta chi è nuovo a queste esperienze e l'ingenuità del neofita fa riscoprire, a chi porta sulle spalle tante avventure, la fatica e lo stupore nell'incontro con un paese nuovo.

Le difficoltà legate alla quota, alcuni acciacchi, la "sorpresa" per alcuni del gruppo di percorrere strade "esposte" sono state parte integrante del nostro viaggio: "fanno parte del gioco", ma per fortuna Luisa non ha condiviso queste difficoltà ed incurante della quota saltellava come un grillo, nonostante gli scossoni della jeep dormiva come un ghiro, e forse saranno state le provviste portate dall'Italia da mamma e papà a preservarla da possibili problemi digestivi e non. 
La preparazione del viaggio in Nubra, come è avvenuto per il Mustang, ha richiesto un lungo lavoro di preparazione sia dal punto di vista logistico che nell'attivare quella curiosità in Luisa di andare a vedere ciò che le era stato mostrato attraverso immagini e raccontato attraverso fiabe e racconti. 
Nulla deve essere lasciato al caso e tutto può accadere, ma sicuramente tanta fatica è appagata quando si condividono con la propria figlia momenti magici come l'arrivo di una grossa mandria di yak a 4800 metri al tramonto, la polvere, i muggiti, la potenza di questo animale stemperati in una atmosfera irreale, momenti sospesi nel tempo che ti ripagano della fatica.

Wanda Romagnoli, Marco e Luisa Vasta - CAI Brescia 

Nubra 98 - di nuovo in Himalàya

Compiuti ormai sei anni, è giunto il momento per Luisa di andare più in alto: in Mustang  l'ascesa massima era stata a 4.200 metri, una quota "europea"... Per le vacanze estive del 1998 abbiamo scelto di raggiungere il Ladakh e visitare l'altopiano del Ciang Tang e la valle di Nubra dove i turisti sono ammessi solo dal 1994. Situato aldilà dell'Himàlaya, a nord dell'India di cui fa parte, questo paese è un mondo tibetano relativamente intatto, integrato con la cultura indiana, a differenza di quanto avvenuto in Tibet dove i Cinesi stanno perpetrando un genocidio culturale e la civiltà tibetana ha ben poche speranze di sopravvivere nella terra in cui ha avuto origine. 

Soccorsi 

Sia Mustang che Ladakh offrono la possibilità di un soccorso rapido. Oggigiorno un telefono satellitare, dal relativamente basso costo di acquisto o di noleggio, permette di contattare immediatamente chi è preposto ai soccorsi. Sia nel 1996 che l'anno scorso (1998) non avevamo ancora questa possibilità e quindi avevamo calcolato che un "runner", cioè un corridore veloce, può raggiungere una postazione radio nell'arco di 24 ore e l'elisoccorso sarebbe arrivato relativamente presto, tempo atmosferico permettendo.  

Acclimatazione 

I sanitari interpellati hanno dato le risposte più contrastanti. I medici che praticano la montagna o viaggiano (non nei villaggi turistici) hanno fornito poche ma chiare indicazioni, tutti concordando che "si può fare". Altri sanitari, fuori dalla consorteria, ci hanno guardato allibiti. In realtà non c'è una casistica specifica su bambini occidentali in alta quota. L'unica scelta che avevamo era di rispettare i protocolli di acclimatazione per adulti e fidarci nel nostro buon senso . 
Due strade di montagna con valichi ad oltre 5.000 metri permettono l'accesso in Ladakh, una da Srinagar ed una da Delhi, ed offrono una acclimatazione ottima, ma l'abbiamo scartate sia per motivi di sicurezza (guerra civile in Kashmir), sia perché cinque giorni di avvicinamento erano fuori di nostri tempi calcolati su tre settimane di ferie. 
Per raggiungere il Ladakh abbiamo deciso di volare a Leh, dove è gioco forza atterrare a 3.500 metri. Ventiquattr'ore di riposo, poi iniziamo una serie di escursioni in jeep a quote sempre maggiori finché al quinto giorno raggiungiamo i laghi del Chang Tang (l'altopiano) soggiornando per tre giorni fra i 5000 ed i 5.400 metri con brevissime passeggiate fra le tende dei nomadi Chang-pa. 
Dopo nove giorni, che alcuni testi indicano come il minimo necessario per l'acclimatazione, abbiamo oltrepassato in jeep i 5.600 metri del Kardung-la, uno dei valichi stradali più alti del mondo, e siamo scesi a 3.000 sul fondovalle di Nubra. Un paio di giorni di "turismo" e quindi la lenta salita in quattro giorni ai 5.400 metri del Wu-la, con la discesa nuovamente a 3.500 metri di Leh. 

La camera iperbarica e altre precauzioni 

Poco conosciuta in Italia, la camera iperbarica portatile permette di coadiuvare il trattamento dell'AMS (mal di montagna acuto) pressurizzando il paziente e portandolo rapidissimamente ad una quota inferiore di 1500 metri. In esercitazione abbiamo impiegato circa 10'. Il trattamento può essere effettuato anche per più di 8 ore con intervalli di depressurizzazione di 5' ogni ora. 
Più che la quota il nostro timore è per i vari tipo di infezione. Luisa ha le classiche profilassi contro tetano, difterite, antitifica, epatite A, epatite B, meningite. Per le infezioni intestinali ha assunto solo acqua bollita in pentola a pressione. Nel trekking l'alimentazione è stata "mediterranea" (pasta, riso, cereali, olio, salumi, formaggi, frutta) mentre in città (Nuova Delhi, Agra, Leh) nel menù dei ristoranti abbiamo sempre trovato qualcosa adatto al suo gusto (pollo, bistecca, patatine). 
Avevo pensato di portare anche una scorta di flebo per reidatrare in caso di dissenteria, ma il medico del gruppo aveva risposto con un "se accade non ne avremmo mai abbastanza piuttosto porta siringhe e un po' di aghi con valvola a farfalla in caso di ricovero in qualche ospedale militare". 
Il nostro gruppo era di diciannove persone partecipanti e sette di staff logistico. Ci sono stati tre casi di mal di montagna lieve, quattro influenze, due bronchitine di cui una trasformatasi in broncopolmonite al ritorno in Italia. Luisa è passata indenne attraverso nevischio e caldo torrido, guadi ed aria condizionata (che fra tutto è il pericolo maggiore), strade dissestate che terrorizzavano gli adulti e lunghi viaggi notturni intercontinentali. 

Organizzazione pratica 

Sia il percorso in jeep che il trekking si sono svolti in aree prive di supporti per i turisti. Nel Chang Tang ed in Nubra l'alloggio è stato in tenda e la cucina è stata affidata ad uno staff di cuochi . I bagagli nel trekking erano trasportati da muli. Per Luisa ho fatto procurare un pony da sella, ma la bambina non è stata mandata allo sbaraglio. Nei mesi precedenti si era fatto il "callo" con alcune passeggiate a cavallo sulle colline bresciane. 
Il signor Angdu (a guida) ha sempre affiancato il cavallo, palafreniere sicuro e prudente che riusciva a stare al passo con il cavallo perché mamma e papà rimanevano sempre indietro. Alla sella erano legate una borraccia (in quota occorre bere molto e con il bel tempo ci si disidrata ancora di più), un thermos di latte caldo, un materassino per sdraiarsi nelle soste (ogni ora Luisa scendeva da cavallo per far riposare soprattutto la schiena), mantella e ricambi in un sacco stagno per eventuali repentini mutamenti di temperatura.

WR e MV