Asia Gialla
Appelius negli anni 1920 – 1930 si imbarcò come mozzo su una nave italiana e giro’ Indocina, Cina, Filippine, India. Paesi che descrisse con una forma forse un po’ aulica ma molto efficace.
"Venticinque anni sono trascorsi da quando il pellegrino di Angkor giungeva in vista del monumento formidabile in un carro annamita tirato da due buoi e chiedeva ospitalità per la notte ai bonzi del Tempio!
Nel crepuscolo tropicale la grande foresta dell'alto Camboge stendeva a perdita d'occhio la sua immensità carica di mistero. E le genti sorridenti del luogo, abituate a vivere in mezzo alle macerie solenni della razza, guardavano con curiosità l'uomo bianco che si aggirava fra i loro alberi ed i loro macigni, che vagava la notte sulle terrazze imbiancate dalla luna, che rimaneva ore ed ore estatico a contemplare le quattro mitre di granito come se i suoi occhi fossero affascinati da un magico incanto.
Ora quegli occhi si sono chiusi per sempre in un meriggio ambrato della Bidassoa. Qui una lapide banale ricorda il soggiorno del poeta: una frase retorica su una lastra di marmo. Pian piano la figura di Pierre Loti s'affonda nelle lontananze del tempo, superata ormai dalla storia del mondo che incalza e dallo sviluppo commerciale delle colonie che deforma irreparabilmente le sue visioni."
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