Non sono un reporter, né un documentarista. Non viaggio neppure con gli occhi dell'etnologo, perché non intendo descrivere come vive la gente. Quello che voglio è mostrare l'intensità del momento nato da un'emozione condivisa". Sarà per questo che i suoi piccoli himalayani sorridono, i suoi vecchi ammiccano, i suoi monaci pregano. Insieme è la parola chiave. Insieme, nella foto, i personaggi coniugano una sensazione. Insieme con chi della foto è l'artefice, ma ne resta fuori, tessono una complicità che è l'anima dell'immagine. Quanta fatica e quanto tempo per costruire quel legame tra persone, paesaggi, e obiettivo. Olivier Föllmi, fotografo di talento, spiega senza reticenze come tesse la propria tela: "Arrivo nelle città come nei Paesi più remoti con la macchina fotografica rigorosamente chiusa nella zaino. Scelgo un luogo centrale, mi siedo, e quando un bambino si avvicina inizio a fare qualche piccolo gioco di prestigio. Un mini kit per i trucchi è parte integrante della mia attrezzatura. Amo il magico, perché mi dà la possibilità di offrire qualcosa che è allo stesso tempo semplice e meraviglioso. Poco a poco, infatti, la gente del villaggio mi si raccoglie intorno. È solo quando tutti i trucchetti sono stati ripetuti all'infinito che comincio a pensare di poter fare qualche foto. Così, quello scatto diventa una continuazione del magico, l'ultima scena della mia messinscena. E tutti vogliono far parte dello show, con il villaggio al centro del palcoscenico e gli attori che si confondono con gli spettatori. È questo il percorso fotografico che mi guida nel cuore della vita". La sua strada come professionista dell'immagine Olivier, 43 anni, l'ha trovata da tempo, e l'ha portato in Asia. Nel 1975, una borsa di studio in tasca, arriva in Afghanistan, a 6000 metri, sul Mir-Sa-Mir. Un anno dopo, invece, è la volta dello Zanskar, in Ladakh, tra le più isolate regioni del mondo, nel cuore dell'Himalaya indiano (vi tornerà più e più volte prima di dare alle stampe Two Winters in Zanskar, Editions Olizane, Geneve, 1983, e Zanskar, Edition Nathan, Paris, 1987), dove si dedicherà anche a lungo all'attività di guida attraverso India e Nepal per viaggiatori curiosi della cultura tibetana. È in quegli anni che incontra Danielle, che ha appena iniziato a studiare medicina. In un lampo, e nonostante i molti via-vai, decidono di sposarsi. Lui riparte subito per il Nepal, lei, dopo una specializzazione in anestesia, rianimazione e cardiochirurgia, si unisce a Médicins sans Frontières e inizia a lavorare in Laos, in Cambogia, a Panama. La famiglia Föllmi cresce con l'adozione di Motup, Diskit, Pema e Yvan, tutti e quattro, neppure a dirlo, bambini tibetani. "L'impresa più difficile, nel mio mestiere, è conciliare la famiglia con le esigenze del lavoro. Il problema è trovare il tempo da trascorrere con i tuoi. Sarebbe facile mettere la professione al primo posto. Ma alla lunga, sarebbe un errore madornale. Il successo ha senso solo se si ha qualcuno con cui condividerlo", sostiene Olivier. Quello arrivato insieme a premi ambiti (tra cui il Grand Prix al Festival Internazionale di diaporama di Châtel, e il Grand Prix al Festival du film d'adventure di Royan) lui l'ha diviso, concretamente, con Danielle.L'ultimo libro, "Offerte" è co-firmato: alle immagini di Olivier sono affiancati i pensieri dei maestri buddhisti e tibetani scelti dalla coppia. Insieme hanno anche fondato Hope (Himalayan Organisation for People and Education) un'associazione laica e apolitica con sede in Svizzera che ha lo scopo di preservare l'armonia culturale del Tibet senza trascurare, però, concrete possibilità di sviluppo per i suoi abitanti. Fino a oggi, i coniugi Föllmi hanno finanziato soprattutto scuole, studenti e laboratori tessili, in parte con fondi provenienti dalla vendita dei loro libri. Chi intendesse partecipare a questi progetti no-profit può farlo partendo dal web, all'indirizzo www.follmi.com, dove, degno di nota, è anche il paragrafo dedicato ai consigli per i fotografi dilettanti che hanno intenzione di fare del proprio hobby un mestiere: "Diventare un professionista vuol dire spendere il 20 per cento del proprio tempo a fare foto, il 50 a incontrare gente che le possa vendere e il 30 a stamparle e scrivere didascalie. Se non sentite di avere, oltre che un lato artistico, un côté pratico, da uomo d'affari, lasciate perdere". A Olivier, il côté pratico non deve proprio mancare. I suoi libri sono stati pubblicati in molti Paesi, e sulla Rete non c'è sito di fotografia o di Asia che li ignori. (Foto dell'agenzia Rapho/G.Neri)
Offerte è un saggio dal formato originale e organizzato come un diario. Un'immagine al giorno, seguendo un ciclo di nascita - crescita - maturità e, ovviamente, rinascita. Come commento, quindi sempre pertinente al soggetto, una frase, un precetto di un grande maestro buddhista, dal Dalai Lama a Kalu Rinpoche, a Shantideva. Le foto sono rigorose ma suggestive, perché intrise dei colori netti di un paesaggio carico e, spesso, modellato da un raggio di luce improvvisa, immagini evocative della spiritualità armonica di un popolo che i Föllmi conoscono bene. Su tutto, domina la percezione dell'uomo e dei luoghi filtrati attraverso la consapevolezza della loro finitezza rispetto all'immensità della natura. "Quello che trovo sempre sorprendente sull'Himalaya", dice Olivier, "è questa accettazione del fatto che sull'uomo, sulla natura, regna sempre qualcosa di più grande". |