Un attore fa un viaggio, e si scopre scrittore. Giuseppe ha scritto un libro (Feltrinelli) che - come ci racconta - lo ha assorbito per un lungo periodo di tempo fin quasi a fargli dimenticare la professione per la quale è più noto al pubblico; quella di attore. Ma l'esperienza vissuta durante il viaggio in India lo ha permeato e trasformato a tal punto che ha ritenuto giusto condividere in forma scritta una parte delle cose viste ed imparate. Un lavoro accurato, limato e messo a punto con lo stesso scrupolo con cui Giuseppe si prepara ad affrontare una via di roccia.
Nell'autunno 2002, per conto di Aiuto allo Zanskar onlus , Giuseppe ha consegnato all'Abate del monastero di Tabo (Spiti, Himalaya Indiano) la somma raccolta da AaZ per la locale scuola di bimbi tibetani.
Viaggiare, sognare, raccontare sono divenuti negli anni parte integrante della sua vita e del suo lavoro. Il viaggio in tutti i suoi aspetti, ricorda Giuseppe, come conoscenza, come denuncia, come esplorazione. Nel novembre 1999 Giuseppe Cederna parte con alcuni amici per il Garwal, nel nuovo stato dell'Uttarkand nel nord dell'India. zona meta di un pellegrinaggio hindu verso le sorgenti del fiume sacro per eccellenza, il Gange. Guidato, come in ogni grande viaggio di iniziazione, da una serie di coincidenze (un generoso interferire di letture, mappe, personaggi letterari e persone in carne e ossa, memorie e sogni) percorre in auto e a piedi la via delle Sorgenti e delle Confluenze. E, al ritorno a Delhi, ha un appuntamento con l'amica Paola: lei non l'ha seguito ma, alla fine di un suo viaggio parallelo in Kosovo, sarà là ad aspettarlo. Questi i patti, questa l'attesa. Questa la premessa di un dolore. "Il grande viaggio è una storia", un racconto in cui si fondono lo stupore del cammino dentro una natura che ancora si manifesta come ignota e miracolosa (le cime, gli dèi che le abitano, le acque purificatrici dei fiumi, il trotto di un leopardo), gli incontri straordinari (con nomadi ed eremiti ma anche con i movimenti che si battono contro le grandi dighe e per la conservazione degli equilibri naturali), la riconquista - proprio attraverso il filtro della distanza - di una dolcissima vicinanza al sé più profondo e alle immagini dell'infanzia (i monti della Valtellina, la casa di famiglia, la figura del padre che torna per un simbolico passaggio di testimone). Negli interstizi del racconto appaiono immagini, segni grafici, stilizzati profili di catene montuose, foto di famiglia, santini, fogli vergati da mani amiche. Un libro emozionante, visivo, spirituale. Un libro speciale come il 'pellegrino' che lo ha scritto. Ho centellinato il libro, non solo perché sono le emozioni, le confessioni, i sogni di Giuseppe, ma anche per i nostri ricordi personali: Garwal, Ladakh, Zanskar, Nuova Delhi, i ristoranti di Connaught Place, sono i luoghi che un altro amico, Piero Piazza, ha voluto vedere prima di dover partire per l'ultimo viaggio.
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La recensione de L'Indice
Un libro che entra nella grande tradizione del resoconto di viaggio e che sembra scritto per smentire un'idea ormai diffusa per cui il viaggio e il viaggiatore non esisterebbero più non essendoci sostanziali diversità: chi parte non va da nessuna parte poiché tutto si assomiglia. Anche se molto pare corroborare questa opinione, di sicuro nel Grande viaggio troviamo conforto se vogliamo ancora credere che ci siano modi diversi e praticabili di vivere oltre che di viaggiare, e di cui questo resoconto è una ricca galleria, non solo di persone incontrate durante il percorso verso le sorgenti del Gange, ma anche di altri incontri precedenti a cui bisogna aggiungere la forte presenza di tre traumatiche assenze: il padre Antonio inascoltato antesignano della tutela del patrimonio culturale e ambientale; l'amico Marco Lombardo Radice, neuropsichiatra infantile, protagonista della migliore storia italiana recente, e Paola Biocca, scrittrice ma soprattutto operatrice in tutto ciò che occorre per ripristinare i danni prodotti da un mondo venale. Da un capitolo all'altro si assiste alla costruzione di un ponte: i capitoli come pilastri che sostengono legami tra persone, luoghi, scritti, immagini, anche sogni, per formare un solido passaggio che se ondeggiante è solo in apparenza fragile. Così si svela che il viaggio esiste di per sé e l'autore si fa portare da un'apparente casualità, o meglio da una casualità organizzata: il progetto a lungo meditato e condiviso con gli amici, il patronato di Amitav Ghosh, i suoi consigli e gli indirizzi dei suoi amici indiani, questi ultimi, dove vivono e cosa fanno, la Valtellina, i ricordi del passato, i libri e i personaggi, con particolare riferimento a Kim e alla sua storia, specialmente nella parte itinerante; è più che un percorso, è una rete di cose forti osservate e riferite con attenzione, come sempre accade al viaggiatore sensibile, come è Kim. Convincente contrappunto tra la realtà osservata, i sogni, le visioni, i riferimenti letterari, i ricordi, forma inoltre una buona melodia che si segue con molto piacere senza cadute per la sostanziale omogeneità narrativa e climax emotivo; a questa struttura fa da utile sostegno il corredo iconografico di certo non solo decorativo che, molto ben curato e organizzato, dà all'intero lavoro il tono del taccuino di viaggio d'antan. E così la struttura narrativa del viaggio prende la sua forma, che, sostiene l'autore, esiste già prima che il viaggiatore lo conosca, non resta altro da fare che farsi portare scoprendo il suo segreto che nel caso specifico è consolidare i già forti legami con persone a cui si deve molto per diversi ma tutti ottimi motivi. Ma per fare questo, il viaggio ti deve essere nato dentro, deve avere origine da qualcosa che tu hai già prima di partire senza conoscerlo e vai a cercarlo: questa è la differenza tra il viaggio del turista che si fa portare da altri sapendo a mala pena dove si trova e quello del viaggiatore che porta se stesso alla scoperta e forse anche alla conferma di qualcosa che già gli appartiene ma era eluso. Questo tipo di impresa e testo conseguente riconforta e dimostra che si può ancora viaggiare consapevoli sia di ciò che si sta facendo sia di ciò che si sta vedendo e vivendo. Franco Orsini |