Ballade de mes heures africaines
Texte de Théodore Monod écrit en 1925, lors de son second voyage africain en 1925. Ce voyage commence par la côte du Cameroun, puis par la Côte de Guinée. Il se poursuit vers le nord jusqu'au lac Tchad, après un crochet par Yaoundé, et entreprend le retour par Douala. Le voyage dure une année.
Reproduction du manuscrit en fac-similé avec les illustrations de Théodore Monod, en quadrichromie.
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Naturalista, botanico, oceanografo... pacifista, filosofo, umanista, Théodore Monod (1902-2000). Estato direttore dell’Institut d’Afrique noire, professore al Muséum national d’histoire naturelle e membro dell’Académie des sciences. È autore di numerose opere tra le quali "Et si l’aventure humaine devait échouer" (Grasset 2000), quasi un testamento spirituale di cui la casa editrice Boringhieri pubblica la traduzione italiana. ================
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Théodore Monod, viaggiatore, naturalista e « omo del deserto» Uno dei pionieri del pensiero ecologico. Théodore Monod nasce a Rouen , in Francia nel 1902, in una famiglia di pastori protestanti che si stabilisce nel 1907 a Parigi. Forte dell'educazione morale protestante impartita secondo la tradizione di famiglia il giovane Monod già a 18 anni sente il bisogno di una semplificazione sistematica della vita materiale ed appunta sul suo diario: "Non ho nulla contro il corpo, ma ho il culto della semplicità austera che è d'altro canto saggezza ed igiene". Laureato in Scienze naturali, compie i suoi primi viaggi in Africa e nel deserto della Mauritania sembra trovare quella dimensione austera e "spoglia" che sembra ossessionarlo. Nei successivi viaggi nel deserto del Sudan ed algerino, Monod scopre numerosi fossili, tra cui quello di un uomo millenario e cataloga moltissime specie di flora del Sahel. Le spedizioni successive lo consacrano "uomo del deserto": Monod infatti è il primo europeo a scalare la catena montuosa dell'Ahnet e nel 1935, insieme ad una spedizione di connazionali, attraversa la regione sahariana del Tanezrouft ("il paese della paura e della sete"). Il fatto di "non potere posare lo sguardo" su niente al di fuori dell'orizzonte piatto dell'erg porta a rivolgere la propria attenzione dentro se stessi.Questi anni spesi nel deserto conducono infatti il naturalista a riflessioni quasi mistiche che si ritrovano sempre più in crescendo nei libri della maturità. Nel periodo antecedente la guerra, Monod è n Africa occidentale, dove poi organizzerà la Resistenza francese e ogni lunedì anima una trasmissione su Radio-Dakar che viene ben presto censurata viste le posizioni anticoloniali e anti discriminatorie dell'autore. Negli anni passati a Dakar , a capo del'IFAN, l'Istituto Francese dell'Africa Nera, si occupa anche di redigere numerosi bollettini e di istituire coinvolgendo gli studiosi locali dei musei. Monod è alle volte biologo, zoologo, geologo: in una parola Monod è l'ultimo dei naturalisti. Lascia Dakar ed in un certo senso lascia l'Africa nel 1965 profondamente convinto che "l'Occidente è 'individualismo. L'Africa è il gruppo. E i due sistemi non sono compatibili. Anzi, l'uno sta distruggendo l'altro". Dal punto di vista religioso, Théodore Monod era un cristiano critico e dichiarava di amare solo "ciò che ha a che fare con la lotta di noi stessi contro i nostri difetti", e considerando ipocriti "coloro i quali dicono di amare Dio per poi distruggerne sistematicamente le opere". I contatti con i saggi e con la cultura dei popoli del deserto ("In Africa quando un anziano muore, una biblioteca brucia") lo portò a diventare un convinto universalista. Grazie a lui ed all'opera del suo amico Amadou Hampate Ba infatti, è stato possibile mettere per iscritto un gran numero di tradizioni orali delle popolazioni del deserto del Mali. In particolare, Monod si interessà alla diffusione ed all'opera di Tierno Bokar, un anziano mistico da sempre vissuto in un angolo di deserto e che rappresentava per Monod la dimostrazione del suo credo universalista e del fatto che "il progresso morale e spirituale non è appannaggio di un secolo o di una razza". Queste considerazioni si riflettevano poi anche sulla condotta fisica dell'autore e nei suoi periodici digiuni. Vegetariano praticante e convinto sostenitore della necessità di controllare il proprio fisico ai fini spirituali, come nella più classica tradizione mistica, Monod scriveva all'età i 12 anni: "sono convinto che il mondo possa sopravvivere senza uccidere né Eanimali né vegetali".
Il deserto
" Il deserto in quanto tale è emozionante. Non si può restare insesibili alla bellezza del deserto. Il deserto è bello perché è pulito e non mente. La sua nitidezza è straordinaria. Non ci si sporca mai nel deserto. Il deserto è impudico, il suolo non si mostra coperto di nessuna vegetazione. Mostra la sua anatomia con una impudicizia prodigiosa. Il deserto appartiene a quei paesaggi capaci di fare nascere in noi delle domande" "Nel deserto spesso si marcia diritti, poiché non vi è niente da evitare" "Da certi punti di vista il deserto è una liberazione. C'è qualcosa di esaltatante nel viverci" "Spesso dico: nel deserto non si decide, si ottempera" E tante altre sono le parole di Monod sul deserto da non risparmiarne nessun granello. Punto focale della sua riflessione, Monod ritorna nel deserto a sessanta anni passati alla ricerca della vita, nel caso specifico dei resti di un meteorite che già aveva cercato di individuare anni prima. Questa esperienza lo porta a dire di "aver compreso il senso della vita" e il diario della sua esperienza lo consacra editorialmente. Arriverà poi Nouvelles Frontières ed i viaggi new age "sulle orme di Monod" che tristezza.
E come Chatwin, che affermava di riuscire a pensare solo camminando, anche Monod appartiene perciò alla razza dei grandi viaggiatori di questo secolo, perché la vita è "una traversata del deserto" e tutte le sue opere, aldilà della faciloneria new age, vanno lette come un elogio della vita e del rispetto per tutti e tutto. |