Jules e Jim
(scheda pubblicata per l'edizione del 1987) scheda di Baggiani, A., L'Indice 1988, n. 4
Chi non abbia visto il film (Truffaut, 1961), non ne sentirà il bisogno perché il libro si regge, e si gode, benissimo da solo. Un'insolita biografia, quella di Roché, ripercorsa e costruita con la commossa freddezza di uno stile che riconsegna alla realtà un'oggettività senza psicologismi. I geometrici - e simmetrici - rapporti di Jules e Jim con le donne preludono abilmente al triangolo amoroso di cui Kathe è il vertice, vero fulcro della vicenda che si svolge nella sua ambiguità e pienezza fino all'esito finale deliziosamente mortale - ma solo per Jim e Kathe. La straordinaria Kathe è insieme vita e trasgressione, "reale" ma sorriso arcaico della statua greca, aspirazione a una nuova libertà ("ripartire da zero e ogni volta riscoprire le regole") ma anche, come la prediletta Penthesilea di Kleist, votata all'autodistruzione per un'oscura tensione alla totalità. Ma se Kathe appare come una luminosa e rarefatta figlia ideale di Lulu, è all'avanguardia tedesca degli anni venti, così densa di prospettive, che deve il suo 'imprinting'; ed è a causa dell'atmosfera tra Dada e cubismo che a Parigi e in Germania respirano insieme a lei Roché (Jim) e Franz Hessel (Jules) che la tragedia espressionista si congela in tragedia dai toni quasi cubisti e il romanzo ci appare come un fresco romanzo d'epoca.
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Ci sono libri che vengono oscurati dai film che ispirano. Questo è occaduto a "Jules e Jim", da cui Truffaut ha tratto nel 1961 uno dei due film più celebrati e più amati. Così ai lettori rimane ancora da scoprire nel "Jules e Jim" di Roché uno dei più bei romanzi d'amore (e di molte specie di amore), un libro che ha una precisione psicologica e una leggerezza di passo che incantano fin dall'inizio. Questa storia dei due amici che amano la stessa donna, per anni, e della donna che ama tutti e due, per anni, rimane nella memoria come un archetipo dei giochi pericolosi del sentimento e della passione. Quando apparve "Jules e Jim", nel 1953, Roché era "un adolescente di settantaquattro anni" che pubblicava il suo primo romanzo. E si sa che nel primo romanzo gli autori tendono a parlare di se stessi. Ma solo in anni più recenti si è potuto constatare quanto ciò fosse vero in questo caso. Jules, Jim, Kathe: in questo triangolo amoroso riconosciamo i tratti di Roché stesso, di Franz Hessel, di Helen Grund - e, dietro di loro, il profilo lievemente beffardo di Marcel Duchamp. Roché era un dilettante di genio, un dandy che "conosceva tutti" (diceva Gertrude Stein), un uomo che viveva cercando e trovando il piacere con la sottigliezza di una conquista. Franz Hessel era lo "spione della felicità", grande amico di Walter Benjamin, insieme al quale traduceva la "Recherche" di Proust, infine un maestro della "prosa breve" (e molto da lui Benjamin imparò, nella prosa e nell'arte della 'flanerie'). La bellissima Helene Grund era un'allieva di Kathe Kollowitz. Quanto a Marcel Duchamp, era Marcel Duchamp. Ma queste precise corrispondenze fra il romanzo e la vita di Roché non servono, come sempre, che a esaltare la complicazione dell'insieme. Tutta la vita di Roché e tutti i suoi libri, a guardarli bene, sono un groviglio di triangoli che provoca una certa vertigine metafisica. |