Sven Hedin: il più importante esploratore del Tibet del secolo scorso
La seconda metà del XIX secolo è stata caratterizzata dall'intensificarsi di viaggi di esplorazione verso terre estreme di difficile accesso e verso luoghi ancora poco conosciuti dal mondo occidentale. Questa "politica" geografico-esplorativa era incoraggiata sia da governi che da istituzioni private tanto che molti giovani erano attratti dal fascino di possibili imprese e da una vita esaltante e ricca di emozioni. In questo periodo storico il giovane Sven Hedin - nato a Stoccolma nel 1865 da Ludwig, architetto-capo della città, e da Ann Berlin - viveva un'adolescenza arricchita dalle letture stimolanti di James Fenimore Cooper e Giulio Verne, oltre che dai resoconti delle imprese di Livingstone. Ma la molla che fece scattare qualcosa nello spirito intrepido del ragazzo fu il ritorno nel porto di Stoccolma - il 24 aprile 1880 - della Vega di Erik Nordenskiold dopo la scoperta del Passaggio a Nord-Est. Entusiasmato dall'impresa appena compiuta dal grande esploratore, il giovane Sven si ripropose in cuor suo di diventare egli stesso esploratore e di raggiungere per primo il polo Nord.
Con il passare del tempo la passione per l'avventura e per l'esplorazione - seppur sempre viva - subì una trasformazione radicale riguardo ai territori da visitare. La meta delle imprese non erano più i luoghi freddi e inaccessibili - per l'epoca - dell'Artide ma i paesaggi più caldi e aridi dell'Asia centrale. La causa di questo cambiamento fu la permanenza di un anno (1885) a Baku, presso una famiglia svedese. Da qui, con mezzi provvisori e pochi soldi in tasca, Hedin si spostò fino in Persia percorrendo più di 1.500 km. Approfittò dell'occasione per imparare il tartaro e il persiano; al suo ritorno in patria scrisse il resoconto di questo breve ma determinante viaggio che vendette ad un editore per 600 dollari, somma ingente per quell'epoca. Da questa prima esperienza Hedin trasse anche la convinzione che fosse fondamentale, per i viaggi che aveva in progetto, avere una conoscenza approfondita della geologia e della geografia. Per questo motivo si iscrisse alle università di Stoccolma e di Berlino - dove insegnava Ferdinand von Richtofen, che in seguito avrebbe avuto grande influenza sulle ricerche compiute nel corso delle sue spedizioni - e completò la propria formazione scientifica.
Nel 1890 Hedin ripartì con destinazione il Krasan e il Turkestan. Fu la prima volta che vide Kashgar, il grande centro lungo la Via della Seta e dove si trovava il più grande bazaar dell'Asia. Qui incontrò Francis Jounghusband, che del giovane svedese tracciò sulla carta questa vivida immagine: "Il dott. Sven Hedin mi impressionò per la vera statura di esploratore - fisico robusto, cordiale, di umore costante, calmo e perseverante... lo invidiavo per i suoi doni linguistici e le sue conoscenze scientifiche ottenute presso i migliori maestri d'Europa".
Il primo vero viaggio di esplorazione, quello che corrispondeva al suo spirito ed ai suoi ideali, ebbe luogo nel 1893 quando Hedin attraversò la Russia asiatica fino al Pamir, tentando di scalare il Mustag Ata (7800 m.) senza riuscirci e cercando inutilmente di avventurarsi all'interno del Tibet contro il volere delle autorità locali che glielo impedirono. Nonostante questi primi insuccessi, il viaggio "iniziatico" ebbe comunque alcuni effetti positivi. Primo fra tutti conquistò il cuore di Sven Hedin, che rimase affascinato dalle leggende circolanti attorno al deserto del Takla-Makan, "un oceano di sabbia che non finisce mai", che narravano di città morte depositarie di tesori inghiottiti dalla sabbia. Al ritorno scrisse. " L'Asia intera era aperta a me. Ho sentito di essere chiamato a fare scoperte senza limiti che mi attendono proprio nel mezzo del deserto e sulle vette delle montagne. In questi tre anni, tanto è durato il viaggio, il mio principio guida è stato esplorare solo queste regioni dove nessuno è mai arrivato prima". Prima ancora di veder pubblicati i risultati della spedizione appena conclusa, era di nuovo in Asia (1899) per risolvere "l'enigma geografico" del Lop-Nor. Giunto a Kashgar decise di attraversare il Turkestan orientale e risalire tutto il corso del Tarim, "il più grande fiume dell'interno dell'Asia", fino ad allora "assai incerto" e constatò quanto fosse "diverso il suo percorso da quello che appariva sulle carte precedenti". Il Tarim sfociava nel Kara-Koshun e questo fatto dimostrava quanto fosse errata l'ipotesi di Przeval'skij il quale riteneva che questo lago fosse l'antico Lop-Nor. Di contro la risalita del letto asciutto del Kurruk-darja, "un vero fiume fossile", in certi tratti sembrava "una specie di grande cimitero di pioppi, di canne e di molluschi" e in altri invece sviluppava una vegetazione di pioppi che era alimentata da una falda acquatica sotterranea. La conclusione cui giunse fu che "il terreno sul quale camminiamo deve essere stato ricoperto dall'acqua dell'antico Lop-Nor". Scoprì anche un nuovo lago "che può considerarsi come un braccio assolutamente nuovo del Tarim" in un luogo praticamente privo di vegetazione che gli fece subito ipotizzare che fosse "stato inondato solo da poco tempo". Lo spirito audace che lo animava nella ricerca fu premiato anche dalla scoperta "per caso dei primi miseri resti di Lou-lan". Questa antica città sulla Via della Seta che dopo il 330 d.C. fu abbandonata dai suoi abitanti per non essere più ripopolata e che si credeva scomparsa, non si trovava, come si poteva pensare, sulle rive di un lago, ma nel bel mezzo del deserto. I ritrovamenti di conchiglie, di una brocca di argilla, una pentola cinese di rame, un grande piatto lavorato e soprattutto la tomba di una giovane principessa, dimostrarono che quel luogo era anticamente abitato e doveva trattarsi di Lou-lan. Il fenomeno geografico che aveva provocato la sua "morte" era dovuto al cambiamento di direzione dei fiumi che avevano lasciato senza immissari il Lop-Nor.
I risultati ottenuti da questa nuova spedizione sarebbero stati considerati soddisfacenti da chiunque ma non da Hedin che, nonostante avesse scoperto l'antica Lou-lan, verificato l'esistenza del Lop-Nor e dimostrato l'inconsistenza della tesi di Przeval'skij che lo indicava invece nel Kara-Koshun, e infine trovato un nuovo lago nel deserto, si ripromise "di esplorare questa regione ancora una volta". Voleva verificare la sua idea, che riprendeva una ipotesi di von Richtofen, la quale prevedeva per il Lop-Nor un "movimento" che lo portava ad essere classificato come "lago migratore".
Dopo tre anni, come previsto, ripartì. La sua indole inquieta e irrefrenabile trovava riposo solo "nella infinita libertà del deserto, nelle sconfinate pianure remote, là giù tra i monti nevosi del Tibet... avendo per compagni il vento, che oggi solleva le onde e il bosco che comincia ad ingiallirsi". Questo ritorno fu dettato dalla convinzione "a priori" di Hedin che esistesse "proprio in quella regione uno dei problemi più belli e più importanti che aspettassero ancora la soluzione nella geografia fisica dell'Asia". Il 16 ottobre 1905 "l'anniversario di quello stesso giorno in cui, dodici anni prima, m'ero posto in cammino per il mio primo viaggio a traverso i deserti dell'Asia" riprese la strada verso sud, verso quella terra ancora sconosciuta e ricca di misteri che tanto lo seduceva. Piuttosto che formulare teorie e ipotesi che avrebbero poi dovuto essere sottoposte a verifica pratica con la possibilità più che remota di vedere sconfessate le conclusioni, Hedin pensava bene "di studiare co' miei propri occhi le terre ignote che costituiscono il centro della regione tibetana settentrionale". Gli intenti di questa nuova spedizione erano di trovare le sorgenti dell'Indo ed esplorare le regioni centrali del Tibet dove ancora nessun occidentale aveva messo piede e nemmeno "quegli arditi esploratori nati che sono i "panditi" indiani". Hedin aveva letto sul Tibet e in particolare sull'Himalaya quanto era disponibile all'epoca ma non aveva trovato testi che riportassero in maniera completa la descrizione della catena montuosa più alta del mondo. Solo "fantastiche congetture" o resoconti e descrizioni che "denotavano solo singole porzioni di un sistema complesso". Questo fatto gli aveva ancor più stimolato la mente e accresciuto il desiderio di visitare quei territori avvolti nelle nebbie del mistero e per molti versi proibiti. L'aura di sacralità e inviolabilità che si avverte un po' ovunque in Tibet - nelle valli profonde come in alta montagna - è maggiormente percepibile di fronte a quegli eventi per i quali si è dedicata la propria esistenza. Così avvenne per Hedin quando si trovò faccia a faccia con le sorgenti dell'Indo, "questo misero ruscelletto" che i tibetani chiamano Singki-kamba, il fiume Leone e quelle del Brahmaputra, "che ha origine dallo scioglimento delle nevi... - tanto che - da per tutto gli è un pullulare e uno scorrere di rivoletti in mezzo ai detriti" e quando scoprì il Manasarovar, "il bacino d'acque più sacre di tutta la terra". Le stesse sensazioni e riflessioni lo colsero al cospetto delle alte vette himalayane mentre attraversava passi montuosi sopra i 5.000 metri fino ad allora sconosciuti o quando riconosceva una conformazione orografica autonoma da una catena montuosa che non aveva denominazione propria ma tanti nomi, che non davano la giusta visione d'insieme. Hedin mise ordine a questo "colossale sistema di monti, il quale corre parallelo all'Himalaya" proponendo un nome "che non potesse dar luogo ad equivoci" e scelse Trans-Himalaya, restando però consapevole che "il lungo viaggio" altro non era stato che una "fuggevole ricognizione sommaria" di un paese sconosciuto. Il suo augurio era che in avvenire esploratori meglio preparati tecnicamente e con conoscenze scientifiche maggiori si avventurassero per quei monti ed eliminassero quelle "macchie bianche" che ancora resistevano alla conoscenza.
I risultati della spedizione, finanziata da re Oscar di Svezia, da Alfredo Nobel, da società geografiche europee e da industriali inglesi, furono poi pubblicati in libri rimasti fondamentali nella storia delle esplorazioni e soprattutto dell'Asia. L'attività scientifica di Hedin, comunque, non si limitò alle sole pubblicazioni ma ebbe un seguito con conferenze tenute presso istituti scientifici di tutta Europa. Venne anche in Italia invitato dalla Società Geografica Italiana e nell'Aula Magna del Collegio Romano, alla presenza dei reali italiani, ministri, ambasciatori, personalità della cultura, espose i risultati conseguiti nell'ultimo viaggio. Il giorno dopo fu ricevuto anche dal papa e, ricordando queste giornate romane, scrisse: "Fu per me sommo onore essere invitato nella terra di Marco Polo... e la medaglia d'oro che mi fu consegnata in quella circostanza, è una delle maggiori ricompense alle mie fatiche". Quando ormai si pensava che la sua attività di esploratore fosse terminata, considerando anche l'età avanzata, nel 1927 Sven Hedin approntò una grande spedizione scientifica sino-svedese che avrebbe studiato l'Asia centrale - dalla Mongolia alla Kashgaria - in tutti gli aspetti: geologico, botanico, topografico, meteorologico, archeologico, antropologico ecc. e disegnato la grande carta geografica della regione. Ovviamente si rendeva conto che questa spedizione non poteva essere come le precedenti, dove l'avventura aveva avuto un ruolo se non predominante certamente non secondario e dove l'ambizione della scoperta individuale non aveva il sopravvento sugli altri aspetti. Nonostante fosse notevolmente impegnato nell'impresa, aveva sempre fisso in mente il grande "enigma geografico" del Lop-Nor che ancora non era stato compiutamente risolto. Nel 1928, durante una conversazione con un mercante di Turfan, tale Tokhta Ahun, seppe che sette anni prima, durante la piena monsonica, la riva sinistra del Konche-darja aveva rotto gli argini e riversato le proprie acque nel letto del "fiume fossile" Kurruk-darja. Quest'ultimo, chiamato ora con il nuovo nome di Kum-darja (Fiume delle Sabbie), era un vecchio immissario del Lop-Nor e questa nuova situazione idrografica ricostruiva le antiche mappe e dimostrava, ormai senza dubbi, che il lago era "errante", si spostava, cioè, con il modificarsi dei corsi dei suoi immissari. La notizia mise subito in fermento lo svedese che immediatamente si organizzò per avere il permesso necessario per attraversare la regione e arrivare al Lop-Nor. "Ma tutte le vie gli erano inevitabilmente precluse" in quanto il governatore Chin Shu-jen, disobbedendo persino a Chang Kai-Shek, negò ogni permesso. Nel frattempo altri esploratori - Aurel Stein e Schomberg - erano venuti a conoscenza del nuovo corso del Tarim e si erano mossi a livello politico per avere le autorizzazioni e dirigersi nel cuore dell'Asia centrale e togliergli la gioia del primato della scoperta. Hedin mal sopportava l'idea che "altri cogliessero i frutti del lavoro da noi dedicato al problema del Lop-Nor", così pensò di "agire rapidamente" e d'astuzia. Approfittando dell'importanza - militare e commerciale - che rivestiva per il governo cinese una strada che collegasse il Kansu con lo Xinjiang senza deviare verso Nord come succedeva allora, associò il suo interesse per il "lago errante" con questa convenienza cinese e chiese i permessi per esplorare la regione. Il governo repubblicano di Nanchino pensò, da parte sua, di sfruttare l'occasione per mandarlo a visitare una zona che in quel momento non era molto sicura per le scorribande di Ch'ung-yin, il "Grande Cavallo" e gli accordò l'autorizzazione. Così Hedin si trovò di nuovo a percorrere "questa regione deserta quanto si suppone possa esserlo un paesaggio lunare" fino al lago, "quel pacifico lago, sulle cui acque prima d'ora nessuna barca è mai scivolata" e finalmente determinò le ragioni di questo suo spostamento. "In un territorio desertico, la cui superficie è praticamente piana quanto quella del mare, i corsi d'acqua devono essere assai sensibili alle minime variazioni di livello" da far deviare il percorso, ma quello che più colpì Hedin fu che i cinesi, nonostante conoscessero il lago da sempre e lo chiamassero P'u-ch'ang, non ebbero mai sentore che fosse errante.
Ricevette in vita molte onorificenze, lauree honoris causa, 42 medaglie d'oro, 15 decorazioni. Il suo sostegno al nazismo, però, oltre a creare seri problemi al governo del suo paese, che si era dichiarato neutrale, dette occasione alla Royal Geographical Society di revocargli la carica di membro onorario, malgrado a suo tempo gli avesse conferito due medaglie. Morì dimenticato dal mondo il 26 novembre 1952, poche settimane prima della pubblicazione del suo ultimo libro.
La figura di questo esploratore, l'ultimo in senso classico, è da annoverare tra quelle che hanno caratterizzato un'epoca. Le sue spedizioni a dorso di cammello, a piedi o su barche quanto mai improbabili, hanno permesso di ricostruire, geograficamente e cartograficamente, aree terrestri fino ad allora conosciute solo approssimativamente. La sua formazione scientifica e metodologica, influenzata dallo scientismo di von Richtofen, lo condussero verso una ricerca più analitica che antropologica senza per questo sminuire l'importanza ed il valore delle sue spedizioni. A questo riguardo si può riportare quanto scrisse Tucci nella sua relazione di viaggio in Tibet, che definisce "una delle terre più inospitali e aspre dell'Asia", nel 1935: "Sven Hedin in un'opera monumentale ha dimostrato come lentamente sia progredita la conoscenza geografica di un paese che fino a pochi decenni fa era ancora per i più una terra di mistero". Una terra arida, desolata, disabitata, priva di qualsiasi comodità, difficile da percorrere, ma che nonostante tutto considerò sempre "la terra de' miei sogni".
Cesare Censi
BIBLIOGRAFIA
Hedin Sven, Il lago errante, Cierre Edizioni, Verona, 1994.
Hedin Sven, Trans-Himalaya, Fratelli Treves, Milano, 1910.
Hedin Sven, L'Asia sconosciuta, Fratelli Treves, Milano, 1910.
Trevisani Piero, Sven Hedin nel Tibet inesplorato, Paravia, Torino, 1955.
Uhlig Helmut, La via della seta, Garzanti, Milano, 1991.
Jan Michel, Le voyage en Asie centrale et au Tibet, Robert Laffont, Paris, 1992. |