Notte fatale
La ventisettesima notte del mese di 'Ramadan', quella che per la comunità mussulmana ricorda la "Discesa" del Libro, è 'Notte fatale'. Notte di prodigi, si dice, nella quale "i destini degli uomini vengono suggellati", ma anche quella in cui gli enigmi si sciolgono, mentre il silenzio di stanze a malapena illuminate dalla luce di una candela rende propizi la confessione e il perdono. E in questa notte, di un anno che non conosciamo ma presumiamo non lontano da noi, che un padre, sul letto di morte, affranca il proprio figlio dalla schiavitù cui con la nascita lo aveva egli stesso condannato, restituendogli così la libertà. Una libertà del tutto speciale ed inquietante, tuttavia: quella di riprendersi "ufficialmente" la propria identità sessuale, e con essa il proprio ruolo sociale. Allevato come fosse maschio, Ahmed potrà riprendersi il sesso in cui è nato e tornare ad essere una donna, passando così, e paradossalmente, in virtù di questo atto liberatorio, dalla parte degli oppressi. L'episodio del quale si parla è uno dei momenti centrali di 'Notte fatale', romanzo con il quale lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun vince nel 1987 il premio Goncourt, e che appare in traduzione italiana nella raffinata traduzione di Egi Volterrani. Un gesto liberatorio, dicevamo, il quale tuttavia non crea conoscenza poiché Ahmed - Zahra, che dal padre morente riceve il permesso di riconoscersi donna, ha già incontrato i misteri della propria anatomia. Ha imparato, con curiosità e paura, a lasciar parlare le molte voci in lotta dentro di lei, da tempo imprigionate in un corpo che chiede di definirsi, ed ha compreso - e dolorosamente - sulla propria pelle fino a qual punto l'anatomia e il destino possano coincidere fin quasi a sovrapporsi. Ciò che le parole dell'uomo trasmettono alla figlia, in pagine di grande bellezza, è il racconto di una nascita frutto non già dell'amore fra un uomo e una donna, ma di un desiderio, assoluto quanto indomabile, e di uno sguardo, lo sguardo del padre. "Soltanto l'arrivo di un figlio maschio avrebbe potuto ridarmi gioia e vita", racconta l'uomo morendo. "Hai cominciato a esistere nel mio spirito... Non ho mai visto in te, sul tuo corpo, gli attributi di una femmina... Te, ti ho concepito io nella luce, nella gioia interiore". Ma adesso, aggiunge, "...io chiedo che mi sia accordato il tuo perdono... Lascia questa casa maledetta, viaggia, vivi!... La notte del destino ti dà un nome: Zahra". E Zahra vivrà, viaggerà, libererà il suo corpo e la sua mente, comincerà un lungo e doloroso processo alla ricerca di una identità che la rispetti, di un linguaggio che la esprima, di una cultura in cui rispecchiarsi. Un vagabondare lungo e accidentato che la donna narrerà in prima persona, forte di questa sua ritrovata identità che oltre che un corpo le offre una voce con cui dire di sì, e una dignità con cui assumere il diritto alla parola. Una ricerca, quella di cui si parla in "Notte fatale", che pur trovando una propria autonomia narrativa nelle pagine di questo singolare romanzo, affonda le sue radici in un'opera che di poco lo precede, "Creatura di sabbia".
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Tahar Ben Jelloun è uno degli autori marocchini più conosciuti in Europa. Nasce a Fèz il giorno 1 dicembre 1944 dove trascorre la sua giovinezza. Ben presto, però, si trasferisce prima a Tangeri, dove frequenta il liceo francese, e poi a Rabat. Qui si iscrive all'università "Mohammed V" dove si laurea in filosofia. Intorno ai primi anni '60 Ben Jelloun inizia la sua carriera di scrittore ed è in questo periodo che partecipa attivamente alla stesura della rivista "Souffles" che diventerà uno dei movimenti letterari più importanti del Nord-Africa. Fa la conoscenza di uno dei personaggi più importanti del momento, Abdellatif Laâbi, giornalista e fondatore di "Souffles", da cui trae innumerevoli insegnamenti e con cui elabora nuove teorie e programmi. Contemporaneamente porta a termine la sua prima collezione di poesie intitolata "Hommes sous linceul de silence" che viene pubblicata nel 1971. Dopo aver conseguito la laurea in filosofia si trasferisce in Francia dove frequenta l'università di Parigi. Qui ottiene il dottorato realizzando uno studio sulla sessualità degli immigrati nord-africani in Francia, studio da cui, intorno alla seconda metà degli anni '70, scaturiranno due testi importanti quali "La Plus haute des solitudes" e "La Reclusion solitaire". In queste due opere si sofferma ad analizzare la condizione degli emigrati magrebini in Francia che, fuggiti dal proprio paese con l'intento di cambiare vita, di migliorare la propria posizione sociale, sono diventati i nuovi schiavi di antichi padroni. Pian piano la sua voce comincia a farsi sentire ma l'eco di queste parole si farà più intenso e penetrante con la pubblicazione di due opere importantissime quali "L'Enfant de sable" e "La Nuit sacrée", quest'ultima vincitrice del premio Goncourt che lo ha designato quale scrittore di fama internazionale. Da allora i suoi testi sono diventati sempre più numerosi mentre il genere letterario in cui si è distinto si è diversificato nel tempo. Ha scritto novelle, poesie, opere teatrali, saggi, riuscendo ad apportare in ognuna delle sue opere elementi innovativi rispetto alla tradizione a cui egli stesso guardava e, contemporaneamente, la sua scrittura si è evoluta di giorno in giorno. Le tematiche trattate sono molteplici ma si basano tutte su argomenti scottanti e sempre attuali come l'emigrazione ("Hospitalité française"); la ricerca d'identità ("La Prière de l'absent" e "La Nuit sacrée"), la corruzione ("L'Homme rompu"). Diversa è anche l'ambientazione delle storie tant'è vero che dal Marocco di "Moha le fou", "Moha le sage", o "Jour de silence à Tanger", si passa a testi ambientati in Italia ed in particolare a Napoli ("Labyrinthe des sentiments" e "L'Auberge des pauvres"). A questa lunghissima lista di opere ne va aggiunta una, più recente, "Cette aveuglante absence de lumière" che, nonostante le critiche ne abbiano accompagnato la pubblicazione, ha impressionato il pubblico per la sua forza, per la sua scrittura che pare aver raggiunto in queste pagine il suo punto più alto. |