"Il grande gioco" una frase che ricorda Kipling, "Kim". "L'uomo che volle farsi re", ma chi coniò questa definizione? Peter Hopkirk l'attribuisce al capitano Arthur Connolly della East India Company che la avrebbe pronunciata poco prima di essere decapitato nel 1842. Davanti al palazzo dell'emiro di Buchara, due uomini in cenci sono inginocchiati nella polvere. A poca distanza, due fosse scavate di fresco, e tutt'intorno una folla sgomenta, che assiste in un silenzio irreale. Non è certo insolito che l'emiro faccia pubblico sfoggio di crudeltà, ma è la prima volta che il suo talento sanguinario si esercita su due bianchi, e per di più servitori di Sua Maestà britannica. La scena non è stata scritta da Kipling, anche se di lì a poco la contesa fra russi e inglesi per i luoghi che oggi chiamiamo Turkmenistan, Tagikistan o Afghanistan avrebbe trovato, nelle pagine di "Kim", un nome destinato a durare: Grande Gioco. E' invece realmente accaduta una mattina di giugno del 1842, dando inizio a una vicenda che in questo celebre libro Peter Hopkirk ricostruisce nella sua fase più avventurosa, allorché gli ufficiali dei servizi segreti zarista e vittoriano valicavano passi fino allora inaccessibili, cartografavano valli inesplorate, raccoglievano informazioni dalle carovane di passaggio sulla Via della Seta, tramavano complesse alleanze con i khan della regione, rischiando a ogni mossa, come i loro epigoni attuali, di ridestare da un sonno millenario quelli che Chatwin chiama "i giganti addormentati dell'Asia Centrale". Che le sorti del mondo dipendano da ciò che avviene in quella vasta zona è una percezione antica, oggi confermata quotidianamente da guerre, trame e agguati. Una storia, dunque, quanto mai utile da conoscere. Ma va aggiunto che nella fase raccontata nel "Grande Gioco" quella storia era anche il romanzesco allo stato puro - e sarà un intensissimo piacere per chi la ascolta. Molte sono le memorie e i documenti che ne compongono il mosaico, ma occorreva un maestro come Peter Hopkirk per farci seguire in tutte le sue ramificazioni questo strepitoso romanzo a puntate.
Ma il libro, pubblicato per la prima volta nel 1990 da John Murray (importante casa editrice inglese) , racconta anche di altri avventurieri, da Moorcroft e Trebek (anche loro tragicamente legati a Buchara) e poi dei Pundit. Hoplirk è specializzato sulla tematica dell'esplorazione dell'Asia, ed il libro più famoso da lui scritto è "Trespassers on the Roof of the World: The Race for Lhasa".
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In a phrase coined by Captain before he was beheaded in Bokhara for spying in 1842, a "Great Game" was played between Tsarist Russia and Victorian England for supremacy in Central Asia. At stake was the security of India, key to the wealth of the British Empire. When play began early in the 19th century, the frontiers of the two imperial powers lay two thousand miles apart, across vast deserts and almost impassable mountain ranges; by the end, only 20 miles separated the two rivals.
Peter Hopkirk, a former reporter for The Times of London with wide experience of the region, tells an extraordinary story of ambition, intrigue, and military adventure. His sensational narrative moves at breakneck pace, yet even as he paints his colorful characters--tribal chieftains, generals, spies, Queen Victoria herself--he skillfully provides a clear overview of the geographical and diplomatic framework. The Great Game was Russia's version of America's "Manifest Destiny" to dominate a continent, and Hopkirk is careful to explain Russian viewpoints as fully as those of the British. The story ends with the fall of Tsarist Russia in 1917, but the demise of the Soviet Empire (hastened by a decade of bloody fighting in Afghanistan) gives it new relevance, as world peace and stability are again threatened by tensions in this volatile region of great mineral wealth and strategic significance |