Le vie della sete
Le "Vie della Sete" sono i sentieri tortuosi percorsi da Ardito Desio durante le scorribande scientifiche che fece, a partire dal 1926, fino al 1940 quando lo scoppio della seconda guerra mondiale gli impedì di continuare le ricerche. Attraversò più volte le aride distese del Sahara a piedi, a dorso di cammello, in camion o in aereo, per cercare, nelle viscere del deserto, le ricchezze naturali nascoste. Questo libro si legge come un romanzo, con la differenza che le avventure che vi sono descritte sono vicende vere, riprese dai suoi diari, che invitano il lettore curioso ed amante delle sensazioni forti a ripercorrerne gli itinerari. Chi viaggia oggi nel deserto libico ritrova i luoghi descritti da Desio, taluni irriconoscibili come le città e i villaggi, altri rimasti immutati nel tempo. Il nome di Ardito Desio viene generalmente legato alla spedizione italiana che ha guidato nel 1954 alla conquista del K2, la vetta più alta del mondo dopo l'Everest. Ma la conquista del K2 è solo una delle numerose imprese importanti della sua vita; un'altra, - più importante soprattutto per gli sviluppi che ha avuto a partire dall'immediato dopoguerra - è la scoperta, nel 1938, del petrolio nel Sahara libico, descritta appunto in questo libro.
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Nel settembre del 1926, per incarico della Società Geografica Italiana, Ardito Desio effettuò il suo primo viaggio in Africa. La meta era un'oasi del deserto libico, Giarabub, da poco conquistata dalle truppe italiane. La spedizione era composta oltre che da Desio, incaricato degli studi geografici e geologici, da Mario Cugia, capitano di corvetta, a cui spettavano i rilievi geodetici e geofisici, e Carlo Confalonieri, all'epoca assistente presso il Museo Civico di Storia Naturale a Genova, preposto alla raccolta di reperti zoologici e botanici.
In sella a Bacos, un tranquillo "mehara" (cammello da sella) bianco, Desio si spinse al seguito delle carovane militari in mezzo alle dune dell' "ergh" (deserto sabbioso) prima e del "serir" (deserto ciottoloso) dopo, rilevando gli aspetti morfologici del territorio e raccogliendo ovunque esemplari di rocce.
Nell'estate del 1931 Desio tornò in Africa su invito dell'Accademia d'Italia che gli propose di effettuare una spedizione scientifica all'oasi di Cufra, nel Sahara libico. Della spedizione faceva parte ancora una volta, nella sua veste di contapassi, l'amico Vittorio Ponti. Tra difficoltà ambientali, quali il ghibli e le tempeste di sabbia, e i pericoli legati alla resistenza senussita, la spedizione in quattro mesi percorse circa 4000 chilometri, 3000 dei quali con cammelli o a piedi, riportando in Italia cinque casse di materiali litologici e paleontologici, numerosi esemplari zoologici e botanici e molte fotografie relative al paesaggio e agli abitanti.
Tornato dall'Africa, molti cambiamenti attendevano Desio: in campo accademico, la cattedra di geologia dell'Università di Milano, quale vincitore di concorso, nella vita privata, le nozze con Aurelia Bevilacqua nel gennaio del 1932. Ma né gli impegni accademici né le responsabilità familiari riuscirono a fermare Desio troppo a lungo. Fatta eccezione per una piccola spedizione alla catena dei Monti Zagros, in Iran, nel 1933, fu soprattutto la Libia ad assorbire le sue energie di studioso e di esploratore.
Nel 1932, su invito della Società Geografica Italiana, Desio si recò ancora nel Sahara libico, per studiare gli aspetti geologici e antropici del Tibesti Nord-Orientale. Quella di Desio fu la prima di sette missioni inviate in Africa, nel Fezzan e alle oasi di Ghat, dalla Società Geografica Italiana tra il 1932 e il 1935, con lo scopo di acquisire una conoscenza tecnico-scientifica di quei territori appena riconquistati dall'Italia.
I viaggi di Desio in Libia presero ben presto un ritmo regolare. Ogni estate, durante le vacanze accademiche, impegni di vario genere lo portavano in terra africana, così la sua conoscenza di quel territorio, soprattutto sotto l'aspetto geologico, andava approfondendosi sempre più. Nel 1936, insieme a Cesare Chiesa, suo collaboratore, organizzò a Tripoli un piccolo museo naturalistico in cui dovevano trovare posto i numerosi reperti geologici raccolti durante le spedizioni.
Nello stesso anno, per iniziativa di Italo Balbo, governatore della Libia, Desio eseguì una ricognizione aerea ai confini meridionali della colonia, sorvolando il massiccio del Tibesti che si erge per oltre 3400 m sul livello del mare. Il volo aveva lo scopo di prendere visione direttamente della linea di confine definita solo sulle carte geografiche dagli accordi italo-francesi del gennaio 1935. Dell'equipaggio facevano parte, oltre Desio, lo stesso governatore Balbo e un noto fotografo, Vittorio Dinami, che documentò la missione con un servizio di fotografie aeree. Ma le esperienze in Libia di Ardito Desio non finirono qui. Le sue competenze scientifiche e i buoni rapporti con Balbo lo condussero infatti ad attraversare più volte le aride regioni sahariane e a volare ancora sul Tibesti qualche anno dopo, nel 1940.
Tutte queste missioni e le ricerche scientifiche erano finalizzate non solo alla conoscenza, soprattutto geologica, di un territorio da questo punto di vista ancora in gran parte ignoto, ma anche a scoprire eventuali risorse per la valorizzazione della colonia. Così le sue ricerche portarono Desio sia alla compilazione della prima carta geologica della Libia, sia alla scoperta di importanti falde acquifere nei pressi di Misurata e nella Gefara Occidentale, essenziali ai progetti di colonizzazione agricola del governo libico.
I viaggi in Libia continuarono anche dopo la seconda guerra mondiale, quando Desio continuò la ricerca di acqua nel sottosuolo per il governo libico e affiancò, come consulente, alcune compagnie petrolifere Americane. Anche se Desio conserva ancora gelosamente una bottiglia di petrolio grezzo estratto in Libia nel lontano 1938 nel pozzo Mellata-Cini n.8, fu solo nel 1959, quando le ricerche erano ormai interdette agli italiani, che a Zelten venne individuato dalla Esso Standard il primo grande giacimento di petrolio libico. |