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In Asia

Terzani Tiziano


Editeur - Casa editrice

TEA

Asia
Sud Est asiatico
Laos


Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

2004

Pagine - Pages

434

Lingua - language - langue

italiano

Edizione - Collana

Saggistica TEA


In Asia In Asia  

Tiziano Terzani e l'Asia, una storia lunga una vita. Ma è Terzani a raccontarci l'Asia o è l'Asia a raccontarci Terzani? Difficile dirlo, tanto forte è il legame che quest'uomo ha deciso di stringere, fin dal 1965, con il più misterioso e contraddittorio dei continenti. Leggendo questo libro ci si trova a rivivere gli eventi che hanno segnato la storia asiatica degli ultimi trent'anni, a ripensare ai grandi ideali che l'hanno formata e ai protagonisti delle sue svolte, a dare uno sguardo al suo futuro. E al tempo stesso Terzani ci invita a prestare ascolto all'altra voce, quella dell'Oriente vero, vissuto nella sua quotidianità in mezzo alle donne e agli uomini, alle difficoltà ai contrasti, ai riti, alle curiosità..

 


Recensione in altra lingua (English):

Indice
Inizio 7
La prima volta 11
Laos: un milione di elefanti 16
Cambogia: la paura del cavallo bianco 21
Vietnam: provvisorio a vita 24
Cambogia: ore buie 28
Saigon ultima spiaggia 32
Vietnam: Giai Phong! 36
Mao è morto 38
Il funerale 40
La fine del maoismo 41
Boat People 45
Rifugiati: ho deciso chi doveva vivere e
chi morire 49
Corea del Nord: bandiera rossa, sangue blu 53
Filippine: me l'ha detto il taxista 60
A cena col mitra 65
C'eravamo sbagliati 70
Hiroshima: quando il sole sorse due volte 76
Giappone: sull'orlo dell'abisso 82
Il robot e l'imperatore 94
La «santa» di Manila che fa tremare Marcos 102
Fuga in elicottero 106
Richard Sorge: un James Bond socialista 111
I giapponesi allo specchio 122
La voce del fuoco sacro 131
Macao: un viaggio nel tempo che finisce 138
Bertolucci in Cina 147
La cultura dei gabinetti 151
Corea del Sud: un gambero fra due balene 156
Kim Dae Jung: il presidente ombra 175
Giappone: l'agonia di un dio 178
Il lutto 182
La cicogna non parla più 185
Hirohito: prigioniero della storia 187
I matti del «Forte» 196
L'inchino del mondo 198
Cina: il dio due volte fallito 202
Nel cuore di paura 206
La città caserma 210
La Grande Bugia 215
La fabbrica dei sogni 219
Facciamo il bagno assieme 224
Fuggire da fermi 228
Sakhalin: l'isola maledetta 234
La scuola: piccole foche ammaestrate 247
Servi fedeli dello Stato e dell'industria 252
Yakuza: «Siamo gli eredi dei samurai» 257
Il bandito all'angolo 262
Un modo di diventar giapponesi 269
Il Giappone visto dall'alto 275
Birmania: morti senza un fiore 286
La rivolta dei bonzi 291
L'aureola psichedelica 296
Curili: le isole alla fine del mondo 301
Morte di Rajiv 310
La peste 315
Pakistan: il paese dei puri 321
L'università della «guerra santa» 324
Mustang: paradiso perduto 328
Kashmir: i cani sanno 338
Un tunnel senza luce 341
Sri Lanka: l'isola folle 352
Morire da bambini 361
Giovanni Alberto Agnelli: il futuro breve 366
Il XIV Dalai Lama 378
La regina dei banditi 384
Madre Teresa 391
Morte di Deng Xiaoping imperatore 399
Vivere in India 404
Hong Kong addio! 408
I fantasmi della banca 411
Alla salute dell'impero 414
Hong Kong clandestina 417
L'ultima messa 421
Il seme della colonia bianca 424
Il giomo dopo 426
L'Orsigna: ultimo amore 430



Recensione in lingua italiana

Pagina 7
Inizio

Diventai giornalista perchè alle corse podistiche arrivavo sempre ultimo. Ero studente in un liceo di Firenze e mi ostinavo a partecipare a tutte le campestri che si tenevano alle Cascine. Non avevo alcun successo tranne quello di far ridere i miei compagni. Una volta, alla fine di una di quelle corse in cui ero davvero arrivato quando il pubblico stava già andando via, venne da me un signore sui trent'anni con un taccuino in mano e mi disse qualcosa come: «Sei studente? E allora, invece di partecipare alle corse, descrivile!» Avevo incontrato il primo giornalista della mia vita e, a sedici anni, avevo avuto la mia prima offerta di lavoro: cronista sportivo al Giornale del mattino. Cominciai con le corse a piedi, passai a quelle in bicicletta e poi alle partite di calcio. Le domeniche, invece che alle feste da ballo, le passai da allora andando a giro per i paesi e le cittadine della Toscana con una vecchia Vespa 98.

«Largo, c'è il giornalista», dicevano gli organizzatori quando mi presentavo. Ero un ragazzino e di sport me ne intendevo poco o nulla, ma quella qualifica mi dava lEper lE il diritto a un buon posto d'osservazione e il giorno dopo il diritto alla mia firma in testa a un articoletto con tanto di descrizioni e giudizi sulle pagine rosa del giornale della città. A quei due diritti - direi privilegi - son rimasto attaccato tutta la vita. Di questo straordinario mestiere - che poi è un modo di vivere - mi ha sempre affascinato il poter essere in prima fila là dove avvengono le cose, porre a chiunque le domande più impossibili, mettere il piede in tutte le porte, fare i conti in tasca ai potenti e poi poterne scrivere.

Quel «Largo, c'è i' giornalista», detto in vari modi, in varie lingue, mi ha aperto la strada a tanti luoghi attraverso i quali passava la storia, per lo più triste, del mio tempo: al fronte di guerre inutili, alle fosse di orribili massacri, a umilianti prigioni e negli ovattati palazzi di un qualche dittatore. Ogni volta col senso di essere «in missione», di essere gli occhi, gli orecchi, il naso, a volte anche il cuore di quelli - i lettori - che non potevano essere non solo i lettori.

Perché se è vero che, col giornale di ieri, oggi ci si avvolge il pesce, è altrettanto vero che il giornalismo è alla base della storia. Questa è una responsabilità che ho sempre sentito. Da qui l'attenzione ai dettagli, il tentativo di essere preciso nei fatti, nelle cifre, nei nomi. Se i tasselli di un particolare avvenimento di cui si è stati testimoni non sono esatti, come potrà esserlo il mosaico della storia che qualcuno poi ricostruirà con quei pezzi?

Non pretendo affatto che nelle pagine che seguono non ci siano errori; dico solo che ho cercato di evitarli e che non mi sono mai inventato nulla tanto per riempire un vuoto o imbellire un racconto. Alcuni articoli sono scritti a caldo, sotto pressione, con i minuti contati; altri sono il frutto di giorni, a volte settimane, di ricerca e ripensamenti. Alcuni sono pura cronaca, altri il tentativo di tracciare, usando la cronaca, il ritratto di un Paese o di una particolare situazione. Tutti hanno a che fare con l'Asia perché l'Asia è da più di 25 anni, la meta del mio vagabondare.

Perché l'Asia? Ci andai anzitutto perché era lontana, perché mi dava l'impressione di una terra in cui c'era ancora qualcosa da scoprire. Ci andai in cerca dell'«altro», di tutto quello che non conoscevo, all'inseguimento d'idee, di uomini, di storie di cui avevo solo letto. Cominciai con lo studiare il cinese perché volevo vivere in Cina e vedere il maoismo con i miei occhi; m'improvvisai corrispondente di guerra perché quel che succedeva in Vietnam mi pareva riguardasse anche me. Il resto è venuto da sé compresa la scelta dei Paesi in cui vivere, ogni volta fatta in famiglia, in base a un interesse particolare e mai per convenienza o perché qualcuno me l'aveva imposta.