Il grido invisibile
La seta ha il colore della pioggia ed è orlata con cura. A osservarlo, sembra impossibile che un indumento sia simbolo di tanto dolore, però questo è il burka che marchia le donne afghane come esseri inferiori, indegni di guardare in faccia il mondo. Come può essere la vita attraverso un velo? Qual è il prezzo che la popolazione femminile deve pagare al regime talebano? La giornalista spagnola Ana Tortajada ci consegna la visione di un Paese dove il governo toglie alle donne libertà e dignità: non hanno infatti più diritto all'istruzione, né ad alcuna partecipazione alla vita economica, politica e sociale.
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Nell'estate del 2000, la giornalista spagnola Ana Tortajada intraprende un lungo viaggio in Afghanistan: le condizioni disumane del Paese, in particolare quella delle donne, l'hanno spinta a scrivere questo libro, che resterà nel tempo come una delle accuse più dure al regime dei talebani e anche fra le testimonianze più toccanti sulla vita della popolazione femminile, di cui il burka rappresenta il tragico emblema. Laggiù, alle donne veniva negato il diritto all'istruzione; non potevano partecipare alla vita economica e sociale, né godere di un'adeguata assistenza sanitaria e neppure riunirsi, parlare o ridere ad alta voce. Eppure molte di loro si erano organizzate segretamente per scambiarsi aiuto e solidarietà e le più colte avevano fondato scuole clandestine per accogliere chi non sapeva né leggere né scrivere. Un libro straordinario, un documento che non perde d'attualità, perché se in Afghanistan la situazione è in parte migliorata, sotto altri cieli e altri regimi permangono analoghe violenze e discriminazioni.
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