Il padiglione d'oro
Il Padiglione d'oro è stato il romanzo di maggior successo dell'editoria giapponese fino agli anni '80: all'uscita vendette più di centocinquantamila copie, superando il precedente record, sempre detenuto da un romanzo di Yukio Mishima, La voce delle onde (1954), e ne fu pubblicata anche un’edizione speciale a tiratura limitata. È reputato il capolavoro del romanziere, per originalità stilistica e contenutistica, da molti critici e scrittori. Venne ristampato in patria in numerose edizioni e, già nel 1959, venne pubblicato negli Stati Uniti nella traduzione di Ivan Morris. Con questo romanzo, Mishima si è aggiudicato nel 1957 il prestigioso Premio Yomiuri, conferito dall'omonimo quotidiano. Definito “romanzo filosofico” o “Bildungsroman nichilista”, l'opera è una meditazione, ricca di significati allegorici, su temi quali la bellezza, la morte, l’alienazione e la conoscenza di sé. Narrato in prima persona dal protagonista, ambientato durante la guerra del Pacifico (periodo che Mishima considerava il proprio “passato della nostalgia”), l'impianto filosofico del romanzo si basa sul concetto zen secondo cui la verità può essere raggiunta solo attraverso un processo intuitivo in cui pensiero e azione coincidono, che l'autore trae dall'opera del pensatore cinese Wang Yangming: Mizoguchi, infatti, nell'arco della narrazione si trasforma in un "nichilista attivo", figura che molti hanno visto contrapposta al "nichilista passivo" protagonista del precedente romanzo di Mishima Confessioni di una maschera (1948).
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