In India e dintorni
Un viaggio a Kurukshetra in occasione dell'eclissi, quando i pellegrini cercano di spaventare il demone Rahu per fargli vomitare il sole. Un incontro con la piccola "dea vivente" tenuta prigioniera in un palazzo di Kathmandu. Le storie delle prostitute di Mumbai rinchiuse nelle gabbie di Falkland Road. La rivolta dei Sikh per l'autonomia del Punjab. Un'intervista con il Dalai Lama. La barbara uccisione di due giovani "intoccabili" e di una ragazza appartenente alla casta dei jat nel villaggio di Mehrana, a soli 160 chilometri dalla capitale della "più grande democrazia del mondo". La distruzione della moschea di Ayodhya e gli scontri tra hindu e mussulmani. "Ho vissuto in questo paese venticinque anni" racconta Carlo Buldrini. "Ho visto arrivare venticinque monsoni." E in queste cronache da un luogo "dove ancora esistono gli dei" c'è tutta l'essenza di un viaggio mai finito, i miti, le leggende, i drammi e le vergogne di un paese dove passato e futuro si fondono in un presente carico di contraddizioni. Un punto di vista sorprendentemente nuovo per cercare di capire i paradossi dell'India di oggi.
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recensioni di Nadotti, A. L'Indice del 1999, n. 09
"Domenica 6 giugno 1971 arrivai all’aeroporto di Bombay poco dopo l’alba. Una ventata d’aria calda e densa mi accolse sulla scaletta dell’aeroplano. (…) Il 15 agosto 1997 l’India ha compiuto cinquant’anni. Ho vissuto in questo paese più di venticinque anni, ho visto arrivare venticinque monsoni". Con queste parole Carlo Buldrini – addetto all’Istituto italiano di cultura di Delhi – ci introduce alla lettura di questa raccolta di articoli scritti tra il 1980 e il 1998, nel corso delle sue peregrinazioni in un paese che studia e osserva senza pregiudizi né mitizzazioni, soprattutto con l’affezione di chi sceglie di vivere in un luogo lungamente immaginato, impara a conoscerlo e a poco a poco accetta di rilevarne anche gli errori, e gli orrori. Ed effettivamente Buldrini conosce assai bene il subcontinente, e registra – talvolta con palpabile sofferenza, talvolta con delusione – gli eventi di cui è testimone cercando di risalire ai fenomeni da cui traggono origine. Va nei posti e ci torna, per verificare a distanza di tempo l’evoluzione di ciò che aveva descritto e raccontato: i conflitti tra fondamentalisti hindu e musulmani; la lotta dei sikh del Punjab con le sue tragiche conseguenze, la morte di Indira Gandhi e i disordini in cui migliaia di sick trovarono la morte; la pratica non solo residuale di immolare le vedove sulla pira del marito e l’altrettanto ingiusta tradizione nepalese della "dea vivente". In La rivolta di Lhasa, episodio dell’87 oggi semidimenticato, Buldrini ricostruisce con precisione le vicende che portarono all’occupazione cinese del Tibet e all’esilio del Dalai Lama, al quale è dedicata anche una lunga Intervista dell’89. La stessa accuratezza pone nell’indagare il gravissimo incidente industriale di Bhopal, dove "la fuoriuscita di quarantacinque tonnellate di isocianato di metile da un serbatoio sotterraneo della Union Carbide" provocò migliaia di vittime e un disastro ambientale. L’atteggiamento di Buldrini è quello dell’osservatore partecipante. Non si accontenta di planare in elicottero sulla realtà, si mescola agli uomini e alle donne, intervista esperti, raccoglie informazioni tecniche e non, aspetta. Ne trae infine un racconto che fornisce gli elementi per riflettere sullo stato delle cose. Non erano ancora, quelli di Bhopal, tempi di globalizzazione, almeno a parole. E invece lo si costruiva, questo mondo globalizzato, con grande attenzione ai profitti e nessuna attenzione agli esseri umani e all’ambiente, legittimati solo dai rapporti di forza. Come si continua a fare, solo con più sfacciataggine e con un senso di assoluta impunità. Anche nella labirintica società indiana. |