Mountains of Tartary
1950's "Mountains of Tartary" is Eric Shipton's astonishing and entertaining account of his time as British Consul at Kashgar in the remote and mountainous Chinese Province of Sinkiang during and immediately after World War Two. Shipton was a first-rate climber and explorer seconded to diplomatic duties; his account reads like background for an Indiana Jones movie.
Sinkiang in the 1940's was so remote that travel from India by horse and camel tooks weeks over a series of high passes and high desert plateaus. The alternate route through Persia and the Soviet Union involved a series of train rides and the gauntlet of Soviet officialdom. Sinkiang Province itself was contested ground between a distant Chinese government, a much closer and aggressive Soviet government, and various local factions, warlords and bandits. Shipton's wry sense of humor allows him to detach from the confusing politics to provide a superb travelogue of a stunning landscape then imperfectly explored.
Shipton, a veteran of expeditions into the Karakoram and the Himalayas, finds much to enjoy in Sinkiang when he can slip away from his job. Weekend allowed Shipton, his marvelously brave wife, and visiting climbing partner Bill Tilman to mount impromptu expeditions into an incredible high altitude landscape, filled with unclimbed 20,000 foot peaks, glaciers, deep valleys, and rare wildlife. The lack of organized support and the need to avoid official scutiny caused Shipton and Tilman to stretch their luck on several shoestring attempts on unclimbed peaks. One of the highlights of these journeys was a trip to the rugged Tushuk Tagh range in search of a huge natural arch.
"Mountains of Tartary" is highly recommended as a forgotten classic of travel and exploration by an experienced traveler and gifted writer.
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Eric Shipton è considerato il più grande tra gli alpinisti-esploratori britannici. Dopo gli esordi sulle Alpi, durante un lungo soggiorno in Kenya (dove è impegnato nella gestione di una fattoria), ha l'occasione di esplorare le zone del Monte Kenya e del Ruwenzori. Nel 1931 vive la sua prima avventura himalayana, partecipando alla spedizione che riesce nell'impresa di salire la vetta del Kamet (7756 metri), massima elevazione raggiunta dall'uomo fino a quel momento. In seguito visita molte delle più importanti catene montagnose del pianeta, da quelle del Sud della Cina alle Ande patagoniche. Ma il suo nome resta legato soprattutto all'Everest: in un ventennio ne esplora i contrafforti individuando infine il percorso del Colle Sud, che sarà poi sfruttato da Hillary e compagni nella prima salita del "tetto" del mondo. Fautore delle spedizioni leggere, Shipton ha lasciato testimonianza delle sue avventure alpinistiche in numerosi volumi che si segnalano per la vivacità e la capacità di trasmettere al lettore la passione per gli spazi vergini che animò l'autore per tutta la vita.
Sulle orme di Shipton e Tilman Quando Eric Shipton si innamora di quel mondo inesplorato che negli anni "30 erano ancora l'Himalàya ed il Karakorum, si apre per lui la dimensione dell'avventura spirituale dell'alpinismo di ricerca. Non è la vertigine della vet-ta, il fascino della via nuova. Raggiungere cime mai calpestate, battere i record di altezza non sono la molla di questa ricerca. Anche se con la sua prima spedizione himalayana, salendo il Kamet, la più alta vetta fino ad allora raggiunta, entra di diritto nel ghota dell'alpinismo extraeuropeo, Shipton non fa della conquista una ragione di vita, è una parola che non entra nel suo vocabolario. Il fascino dell'alpinismo di ricerca punta alla soluzione di grandi problemi: come entrare nel Santuario del Nanda Devi? Cosa si estende a Nord del Baltoro? Quale è la via migliore per salire sull'Everest? Fin dalle prime pagine di “Nanda Devi” emerge la filosofia di questo alpinismo di ricerca, povero di mezzi e ricco di grandi obiettivi. Mezzi poveri se viene presa in considerazione l'idea di raggiungere in bicicletta l'India da Londra! Del resto Tilman aveva appena attraversato l'Africa dal Kenya al Congo per poi imbarcarsi per Londra! Grandi obiettivi: risolvere un problema che affascinava alpinisti di tutto il mondo! E ci riescono! Un secondo aspetto importante in questa ricerca. Shipton e Tilman non scelgono la spedizione faraonica, la cittadella di tende che sorge sui ghiacciai, base dell'assedio alle montagne, ma il vuoto sulla carta del Karakorum attrae inesorabile ed in “Blank on the map”, la filosofia di vita di Shipton emerge ancor più chiaramente. Semplice, scorrevole, ma non per questo privo di riflessioni che mostrano la sua preparazione culturale il racconto mostra Shipton ed i suoi compagni, principalmente Tilman, ma anche Auden, Spender (casuale questa presenza fra gli esploratori himalayani dei fratelli di poeti contemporanei di successo?), dedicarsi una accurata ricerca e descrizione dei gruppi dell'Aghil, del Father Christmas e la ricognizione dei grandi bacini glaciali dello Shaksgam, del Nobande Sobande, del Lago di Neve, del Braldu, delle valli ad oriente del passo Shimshal e la soluzione del mistero del Cornice Glacier. Oggi gli “hic sunt leones” e le zone bianche non compaiono più sugli atlanti, ma allora lo spartiacque fra il subcontinente indiano e l'Asia Centrale era praticamente inesplorato! Questa volta i finanziamenti non mancano. La Società Reale ed il Servizio Cartografico Indiano si fidano di questi pazzi che garantiscono ottimi risultati riempiendo i vuoti sulla carta. Tilman che, per risparmiare peso, suggerisce di portare pochissimi piatti e di usare le pietre lisce che sicuramente si troveranno sul percorso? Stesso discorso per torce e lampade, ritenute inutili in un ambiente dove, e lo sa bene chi lo frequenta, ci si alza all'alba ed al tramonto si è già nel sacco a pelo. Vivere di ciò che la terra esplorata offre non è solo un modo per contenere i costi: è uno stile di vita. Tè e “sa-tu”, la farina di orzo tostato, diventano l'alimento quotidiano diviso assieme ai portatori ed agli inseparabili sherpa, quei compagni fidati ed insostituibili senza i quali onestamente dichiara e spesso riafferma, non sarà mai possibile nessuna impresa. In navigazione verso l'Inghilterra, in un breve rientro durante la guerra, Shipton riepiloga le tappe dell'esperienza alpinistica in “Upon that Mountain”. Non è solo il racconto di imprese avventurose. I principi fondamentali del suo alpinismo vengono delineati chiaramente. Quale insofferenza per la città di tende che stringe d'assedio una vetta tra-sformandosi spesso essa stessa in un ostacolo. La spedizione leggera, quel modello organizzativo elaborato con Tilman e che ha garantito il successo delle esplorazioni di Himalàya e Karakorum, è ormai per Shipton l'unico sistema efficace per raggiungere gli obiettivi che qualsiasi spedizione si prefigge. Ciò che oramai lo muove è il piacere di questi ambienti sconfinati e le possibilità di avventura e di ricerca che essi ancora racchiudono. Il non voler partecipare a questa corsa alla vetta lo estrometterà dalla guida della spedizione britannica all'Everest: “Vi sono persone, perfino fra coloro che si sono spinti nel tentativo di conquistarne la cima, che nutrono la segreta speranza che l'Everest, non venga mai salito. Devo confessare che anch'io provo questo sentimento”. L'amarezza di questa esclusione, i giochi di corridoio, le polemiche all'interno del direttivo dell'Alpine Club, lo indirizzano verso nuovi spazi. Per anni ha sentito il richiamo del “grande nord”. Esplorazioni in Alaska sempre rimandate perché nuovi misteri l'attendevano in Asia. Ora l'Asia è chiusa. Ed ecco il “grande sud”. Shipton alle prese con i grandi ghiacci della Patagonia e la prima traversata dei suoi ghiacciai. In “Land of Tempest” sentiamo rinascere l'entusiasmo. I due eterni ragazzi trovano nuovi obiettivi, nuovi spazi nei quali entrare e vivere! Quella di Eric Shipton rimane una lezione di stile con la quale dobbiamo confrontarci, sia sul tranquillo sentiero di casa nostra che conduce al rifugio-ristorante-albergo, sia nelle remote lande nella “dimora delle nevi”. |