Pasta di drago
La seconda edizione uscì nel 1996 e fu un regalo fatto a Luisa da zia Lilly, compagna di viaggio in Mustang. Luisa aveva allora quattro anni e mezzo ed il libro rimase per alcuni anni nello scaffale. Poi verso i dodici anni è stato bello leggerlo assieme alla sera, un po' ricordando le storie di yak e di Demchok ed altro ancora che raccontavamo nelle Tappe himalayane verso Lho Mantang. ================ È notte nei vicoli di Kathmandu, quando Andrew, uno svogliato turista inglese un pò sfatto per le delusioni della mezza età, esce a prendere una boccata d'aria. Sotto la luna che fa strani scherzi, un vecchio mendicante gli affida un compito: consegnare un prezioso barattolo di 'Pasta di Drago' alla sua nipotina, la 'kumari' reale di Kathmandu. Se spalmato sul corpo, l'unguento blocca le persone nell'età che hanno in quel momento, ma Andrew l'assaggia, ha un buon sapore di bacche di ribes, lo mangia tutto. La vita comincia a sorridergli. Sempre più giovane, spensierato e vitale, solo troppo tardi s'accorge di ringiovanire un anno al giorno. Rischia di tornare bambino, lattante, di scomparire nel nulla. Sarà proprio l'altezzosa Dea Bambina ad accompagnarlo nell'estenuante scalata alle splendide vette dell'Himalaya, dove, fra nevi perenni, yeti e uomini del vento, si cela la sua unica possibilità di salvezza. Abilissima negli intrecci di avventure esotiche, ispirati ai suoi frequenti viaggi in Oriente, Silvana Gandolfi ha scritto un romanzo serrato, brillante, nel quale i confini tra leggenda e realtà di fanno sfumati come le nebbie che circondano il remoto Nepal, là dove non esistono trasformazioni impossibili.
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scheda di Rotondo, F., L'Indice 1994, n. 2 (scheda pubblicata per l'edizione del 1993)
Sara Gandolfi ha brillantemente superato la prova della seconda opera. Nel romanzo d'esordio "La scimmia nella biglia" aveva dato voce al desiderio segreto e profondo dell'aiutante magico, della miniaturizzazione, dello scambio di corpi che permettono di realizzare fantasticamente sogni e bisogni infantili. Adesso in "Pasta di Drago" esprime il sogno estremo, quello dell'immortalità e dell'eterna giovinezza. Un turista inglese, cinquantenne insignificante e infelice, nel corso di un orribile viaggio organizzato in Nepal mangia una pasta magica che lo fa ringiovanire di un anno al giorno, ma che in realtà era un unguento destinato alla 'kumari' reale, bambina scelta per essere dea in terra, a cui avrebbe assicurato per sempre la condizione infantile e quindi il potere di vedere esauditi tutti i suoi desideri. Il novello adolescente che rischia di regredire fino a scomparire e la bambina che non vuole invecchiare allora salgono sulle cime dell'Himalaya alla ricerca di un lago misterioso e salvifico per entrambi. Nel narrare questa vicenda la Gandolfi si conferma affabulatrice fascinosa capace di inventare e impastare, contaminare e citare fiabe, storie, miti, 'topoi', temi e generi. Rievoca il motivo classico dell'adulto che torna piccolo, già toccato in "Storia di Pipino nato vecchio e morto bambino" del Gianelli e in "C'era due volte il barone Lamberto" di Rodari, racconti costruiti anch'essi sul rapporto con il tempo e la morte in un gioco di ambiguità in cui infanzia e vecchiaia, inizio e fine del tempo si toccano. Ripesca i suoi amati scrittori per ragazzi (per ragazzi?) Salgari e Kipling e il loro rutilante repertorio avventuroso. Scava nella memoria letteraria e cinematografica, filtrata ai bambini attraverso l'enciclopedia filmica televisiva, tornando a proiettare l'immagine forte della fontana della giovinezza. Saccheggia spudoratamente, a piene mani, l'intero catalogo dell'immaginario esotico himalayano visto con occhiali occidentali: santoni, mendicanti, lama del vento e del tempo, ponti sospesi, aquiloni, mantra, 'yak' e naturalmente 'yeti'. Evoca classici dell'etnologia come "Il ramo d'oro" di Frazer, con una dea-bambina che non può toccare terra con i piedi pena immani catastrofi, pone il sacro segno sulla fronte del re e viene deposta quando sanguina per la prima volta, quando cioè diventa donna. È un racconto di avventura e ricerca, di formazione, di orientamento e avviamento al confronto tra giovani e vecchi, maschi e femmine. I processi di identificazione possono scattare non solo per il lettore adulto, che riconosce il proprio desiderio di ritorno alla giovinezza e di immortalità, ma anche per il bambino e il ragazzo che cercano una loro identità in una delicata fase di mutamento e transizione e sprigionano in forma fantastica sogni di autonomia e onnipotenza. Il tutto è intessuto con i fili di un sottile ma travolgente umorismo, sempre in equilibrio con i luoghi e momenti dell'avventura "mi occupo di cacca, sono nel ramo cessi", dice inizialmente il protagonista, la cui pestifera moglie, alla fine, diventata donna-scimmia per un disastroso lifting, trova il vero amore tra le braccia dell'abominevole uomo delle nevi.
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Silvana Gandolfi vive a Roma dall'età di dodici anni. Dopo aver scritto il suo primo libro per ragazzi è andata a riposarsi in Nepal, dove è stata azzannata al polpaccio da una scimmietta, ma dove ha tratto anche l'idea per Pasta di Drago. Trascorre molto tempo a Venezia, città contemplativa, abitata da gatti con gli occhi magici che l'hanno ispirata per Occhio al gatto. Ha scritto novelle, romanzi d'amore, racconti per la radio, ma ora si dedica soprattutto ai libri per bambini. Scrittrice popolarissima tra i piccoli lettori, nel 1996 si è aggiudicata il prestigioso Premio Andersen per la letteratura per l'infanzia. Divide il suo tempo tra i viaggi e la scrittura, a cui si dedica ora nella sua casa vicino al Tevere ora in un piccolo albergo alle Seychelles. Nel 1994 vince il Premio Cento con Pasta di drago. Nel 1996 vince il Premio Andersen come miglior Autrice italiana dell’anno e il Premio Cento con il libro Occhio al gatto. La scimmia nella biglia, 1992 Pasta di drago, 1993 Occhio al gatto, 1995 L'isola del tempo perso, 1997 La memoria dell'acqua, 1999 Aldabra, 2001 Qui vicino mio Ariel, 2005 |