La lettera d'amore
Una libreria tinta di rosa, nel New England. Una bella libraia, Helen, divorziata senza rimpianti e piena di passione per il suo mestiere. Un variegato ventaglio di clienti e commessi. E una lettera d'amore che sbuca fra la posta, in mezzo a pubblicità e fatture. Non si sa chi l'abbia scritta. Non si capisce a chi sia destinata. Ma le sue parole si insinuano nella mente di Helen, smuovono pensieri, si propagano fra gli abitanti di Pequot come un elusivo refrain, scardinando certezze e convenzioni. Fino alla sorpresa finale, che nessun lettore - si potrebbe scommettere - riuscirà ad anticipare. Questo romanzo smaliziato e incantevole, capace di sedurre come una lettera d'amore, ci introduce con leggerezza a una difficile arte - quella di saper essere romantici senza perdere l'ironia. "Quella mattina, mentre andava in macchina al negozio, Helen pensò che la sua era una bella vita, anche se la figlia era al campo estivo e il suo ex marito stava facendo tutti quei soldi. Amava il suo negozio, i libri ordinatamente allineati negli scaffali, e ancor più amava venderli. "Sono proprio brava a vendere" le piaceva dire, ma intendeva: adoro vendere, convincerti un po' alla volta, fare di te un cliente, adoro farti mio".
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recensione di Nadotti, A., L'Indice 1997, n. 3
Questo romanzo di Cathleen Schine, il primo tradotto in italiano, ha in qualche misura l'andamento di una fiaba, il che autorizza ad iniziarne la recensione con un "c'era una volta". C'era una volta, dunque, non molto tempo fa, in una cittadina del New England, non lontano da Boston e dai primi insediamenti dei Padri Pellegrini, una bella libraia di nome Helen, non più giovanissima e tuttavia assai attraente, che regnava con passione sul suo piccolo regno, una libreria "composta di quattro stanzine. La poesia occupava la più piccola (...). Le due stanze principali erano piene di narrativa e saggistica, la quarta, la più riposta, nel retro del negozio, era dedicata alla storia militare". Nella libreria, ricavata da una vecchia casa col tetto spiovente e arredata con gusto, lavorano anche un'amica di Helen - fata contemporanea capace di far quadrare i bilanci -, due studentesse e uno studente; universitari in vacanza che condividono con la loro datrice di lavoro la passione per la lettura e una certa disinvoltura intellettuale nel consigliare i clienti, peraltro numerosi e fedeli. A turbare un'esistenza gratificante, ma tutto sommato abbastanza monotona, anche per quel tanto di autocompiacimento che la contraddistingue, giunge una lettera - la lettera d'amore del titolo - anonima, quasi cifrata, di cui Helen, per quanto ci si arrovelli, non riesce a immaginare il mittente. Salvo convincersi subito, e non sbaglia, che ci dev'essere un errore, non può essere lei la destinataria. Infatti non lo è, eppure, per una serie di fiabeschi artifici, indirettamente lo diventa. Nella calura estiva che avvolge la cittadina, quel foglio misterioso e perturbante, vero e proprio oggetto fatato, per dirla con Propp, ha la curiosa funzione - che è anche punto di forza narrativo del romanzo - di sottoporre ognuno dei personaggi a svariate prove di passaggio, moderne per forma e risultati, e a felici transizioni, che segnano una rivincita dei sentimenti e del desiderio sessuale nell'atmosfera di sonnolento benessere di Pequot, e ricreano, nella vita troppo premeditata della protagonista, lo spazio per l'imprevisto amoroso. Mi sembra il lato più originale di questo romanzo lieve e, direi, sornione più che ironico, un consapevole e divertente rimescolamento delle carte - tra le generazioni, tra i sessi, nelle amicizie - in un'estate atlantica terribilmente afosa e "politically correct". |