Tibet - Carlo Buldrini racconta le storie di una nazione in esilio 20-03-2006
Claudia Gianvenuti
Finalmente un libro che parla apertamente dell’invasione militare del Tibet da parte della Repubblica popolare cinese e della brutale occupazione che si è instaurata nel 1950, e che tuttora costringe i tibetani alla fuga e all’esilio in India. Lontano dal Tibet, storie da una nazione in esilio, di Carlo Buldrini, è una cronaca partecipe e appassionante. Il libro, pubblicato recentemente in Italia dalla Lindau Edizioni, ripercorre le vicende del “popolo delle nevi” a partire dall’invasione militare che ha smembrato in più pezzi e stravolto il paesaggio umano e fisico del loro Paese, cercando di cancellarne l’identità millenaria e di trasformarlo in provincia cinese. Le testimonianze, raccolte direttamente per anni, dei tibetani nei campi profughi, del XIV Dalai Lama, costruiscono un racconto a più voci sulla cultura violata del paese che è stato loro scippato da oltre mezzo secolo. Ci fanno desiderare di essere accanto a questo coraggioso piccolo-grande popolo che vive e lotta pacificamente per ottenere giustizia.
Fin dalle prime pagine di Lontano dal Tibet, apparso in India nel 2005 con il titolo A long way from Tibet e subito entrato nella lista dei best seller indiani, il lettore si ritrova a camminare in Temple Road, nelle strade di Mc Leod Ganj a Dharamsala, “la piccola Lhasa indiana”, a commuoversi insieme ai profughi tibetani e a simpatizzare per la loro causa con tutto il cuore. La “madre” India, che nulla respinge e tutto accoglie, ha dato asilo non solo ai tibetani ma anche alla loro religione: il buddismo, lo stesso buddismo nato in India 2500 anni fa, è ritornato oggi a vivere nella sua patria nativa, nei numerosi monasteri ricostruiti dai tibetani nel sud dell’India. In questo eterno ciclo della vita, dove passato e presente si fondono dando vita a un presente carico di paradossi, troviamo il potere della grande India di far vivere l’eternità nel divenire delle cose presenti.
É un profondo conoscitore dell’India, Buldrini, che ha vissuto trent’anni a Delhi come addetto all’Istituto di cultura italiano. É anche un reporter attento, e sulle molteplici realtà che rendono l’India un paese di fascino così complesso ha pubblicato nel 1999 In India e dintorni, una raccolta di suoi articoli edito da Piemme.
Altre buone ragioni per leggere Lontano dal Tibet
Il libro di Buldrini riesce ad affrontare con grande chiarezza questioni spinose del passato ma ancora aperte, con contrasti che persistono in seno alla comunità buddhista tibetana. Nel parlare del buddismo himalayano e del ruolo delle figure più importanti – oltre il Dalai Lama – che sono il Karmapa e il Panchen Lama, l’autore ripercorre le circostanze inquietanti e i sospetti sollevati da alcuni episodi come la morte del X Panchen Lama e, in particolare, il misterioso rapimento dell’ XI Panchen Lama e della sua famiglia. Prescelto nel gennaio 1995 dal Dalai Lama e dai Lama esperti in questa pratica, il XI Panchen Lama è stato rapito dai cinesi appena pochi mesi dopo, alla tenera età di 5 anni. Di lui, definito da Amnesty International il più piccolo prigioniero politico al mondo, e della sua famiglia, non sappiamo più nulla. L’autore descrive minuziosamente anche la rocambolesca fuga del XVII Karmapa, OgyenTrinley Dorje, altra figura importante per il buddismo himalayano.
Buldrini non si accontenta della nuda cronaca e ricostruisce la controversa vicenda del riconoscimento dell’attuale XVII Karmapa, addentrandosi nei lati più deplorevoli della questione, che non soltanto coinvolge enormi interessi economici ma che riguarda soprattutto gli aspetti politico-religiosi dell’eredità del Karmapa. Perché alla morte del Dalai Lama spetta, infatti, al karmapa il ruolo di reggente e, pertanto sarà alla guida dei buddhisti e dei tibetani in esilio, nell’attesa del riconoscimento del nuovo Dalai Lama..
Purtroppo la frattura che si è creata fra i discepoli del precedente Karmapa, ha portato al riconoscimento di due Karmapa. Nonostante la presenza di uno, indicato dal Dalai Lama, ne esiste anche un altro sospettato d’essere filo cinese, fatto da non escludere visto il ruolo cruciale di questa figura per il riconoscimento del futuro Dalai Lama e quindi per il futuro del popolo tibetano in esilio.
I contrasti nelle comunità in esilio
Infine Buldrini non teme di affrontare un’altra questione molto delicata riguardo una divinità mondana del buddismo himalayano, che si riferisce ad una pratica religiosa. Questo è un problema che affonda le radici nella storia del Tibet e fonte di controversie da oltre 300 anni, ma è oggi tornato d’attualità e ha purtroppo causato la morte di Ghesce Lobsang Gyatzo, direttore dell’Istitute of Buddhist Dialectis di Dharamsala in India, tragedia che ha profondamente scosso la comunità in esilio.
Questa divinità è Dorje Shugden, nata come protettrice di una particolare scuola del buddismo tibetano, della tradizione Gelug, a cui lo stesso Dalai Lama appartiene. La questione alimenta il settarismo fra le varie scuole del buddismo tibetano e già nel passato è stato motivo di divisioni e calamità. Per questa ragione, sottolineando quanto è importante l’unità del buddismo e dei tibetani, sopratutto oggi che sono in esilio, il XIV Dalai Lama, prima velatamente ma ora apertamente, chiede di non venerare questa divinità. Fra l’altro il culto di Shugden è praticato, con particolare enfasi, da una scuola riformata detta New kadampa school, sulla quale grava il sospetto d’essere filo cinese.
Il libro permette di capire che i cinesi non si lasciano sfuggire le occasioni per indebolire i tibetani in esilio, cercando di alimentare le spaccature. Da qui il rapimento del piccolo Panchen Lama e l’elezione di un altro sotto il controllo cinese, da qui i due karmapa, di cui uno filo cinese, da qui la New kadampa school che incita al settarismo e alla violenza con pretesti religiosi, tutti modi di far leva sulle divisioni esistenti all’interno della comunità.
Il libro si chiude con l’autore a Lhasa il 6 luglio del 2003, giorno del compleanno del Dalai Lama, sulle tracce di un antico percorso sacro, chiamato giro del Linkor, e descritto nel libro di F. Spencer Chapman, “Lhasa the Holy city”, pubblicato a Londra nel 1938. Carlo Buldrini ci accompagna per mano nel giro del Linkor nella desolante Lhasa d’oggi, fagocitata dai karaoke, bordelli e casermoni del regime cinese, con le fotocopie del libro di Chapman in tasca. L’autore cerca di trovare tracce di quello che resta della Lhasa autentica, quasi cancellata per sempre e che ormai vive solo nei cuori degli anziani pellegrini tibetani. |