Questo libro, che ha per sottotitolo "L'eredità delle almee", è stato pubblicato in Francia nel 1996, dalla Casa Editrice L'Harmattan. In Italia è stato pubblicato nel 2000, tradotto dall'équipe coordinata dal Prof. Graziano Benelli (Università di Trieste).
La prefazione è della dott.ssa Paola Ziliotto, fondatrice dell'Associazione culturale "Il Tappeto Volante" di Torino (Via Plana, 5). La pubblicazione è stata realizzata con il patrocinio di tale Associazione, nell'ambito della sua encomiabile attività di diffusione della danza, della musica e della cultura orientale. L'opera si articola in cinque capitoli: LA DANZA ARABA di Christian Poché, EGITTO: PROFESSIONE DANZATRICE di Djamila Henni-Chebra, LA DANZA IN EGITTO di Magda Saleh, LA DANZA IN TUNISIA di Sellami Hosni, LA DANZA IN ALGERIA di Brahim Bahloul. Siamo di fronte ad un testo che è fondamentale per chi voglia avere un approccio scientifico con il mondo complesso della danza araba. Questo libro ci porta in una dimensione che conosciamo solo in superficie o per sentito dire, e ci fa cogliere le mille sfumature delle espressioni coreiche presenti e passate delle popolazioni arabe, con particolare riferimento alle danze egiziane, tunisine ed algerine.
Christian Poché ci conduce in un mondo misterioso e quasi inesplorato, visto che "sul piano della scrittura non vi sono danze nel mondo arabo... Non esiste una storia della danza presso gli Arabi e qualunque saggio sull'argomento sarebbe circospetto, se non addirittura impossibile". Eppure, "in compenso, non esiste regione, villaggio o qualsivoglia occasione, dove non ci si esprima per mezzo della danza". L'etnomusicologo Poché ci chiarisce diversi dubbi, illuminando molte zone rimaste in ombra nella ricerca relativa a questa tipologia di danze: il raqs (la sua radice e le sue varianti), la danza sacra e quella profana, l'almea e la ghaziya.
Il capitolo di Djamila Henni-Chebra riguarda "l'assolo della danzatrice professionista", a partire dagli inizi del XIX secolo. Sono sottolineate le caratteristiche e la genesi della danza professionale, i suoi momenti di alterna fortuna interna, l'evoluzione dell'abbigliamento e del repertorio musicale, la correlazione con i flussi turistici europei, la differenza fra le almee tradizionali e le "cantanti, le musiciste e le danzatrici, che segnarono la vita culturale e artistica della capitale dal 1930 al 1960". L'autrice, danzatrice e coreografa, mette in guardia lettori e appassionati rispetto alle deviazioni che si riscontrano nell'insegnamento che all'estero si fa di tale danza da parte di istruttori poco attenti allo spirito originario della stessa. I capitoli 3, 4 e 5 trattano rispettivamente la danza in Egitto, in Tunisia e in Algeria. L'approccio è di tipo analitico: per la prima volta abbiamo una visione compiuta degli importanti fenomeni coreici che hanno interessato queste regioni dell'Africa (L'Egitto comprende anche, al di là del Canale di Suez e dell'omonimo golfo, la penisola del Sinai e la striscia di Gaza, sconfinando così in territorio asiatico).
"... in Egitto troviamo una grande varietà di danze tradizionali: cittadine, rurali, collettive, rituali, marziali e atte alla rappresentazione". La danza del ventre viene presentata come la risultante di componenti diversificate nello spazio (geografico) e nel tempo. Vi troviamo "varianti dal Marocco all'Iran, dalla Grecia sino al Turkestan e nel nord dell'India". Fermo restando che trattasi di danza originaria dell'Egitto, "il suo stile attuale ha preso forma attraverso duemila anni d'influssi stranieri".
Per quanto riguarda la danza tunisina, essa "è con ogni probabilità il riflesso dei movimenti migratori, che hanno attraversato il paese nel corso dei secoli". Il bacino del Mediterraneo, infatti, è stato caratterizzato, fin dall'antichità, da continui spostamenti di popoli. Ne sono derivati, conflitti a parte, fecondi interscambi di culture e civiltà. Ritroviamo, nella danza tunisina, la centralità del ventre femminile quale simbolo sacro di fecondità. E' stimolante per il ricercatore capire se questa tipologia di danza sia stata portata dai "primi corsari turchi nel XVI secolo", o se invece risalga "all'era del matriarcato in Mesopotamia", nel qual caso "sarebbe arrivata nel Magreb attraverso la Tunisia con i primi fenici di Cartagine".
In Algeria, scopriamo una serie di danze particolari, non prive di specifici riferimenti storici:
La danza allaui, molto amata dai giovani dell'Algeria Orientale, ricorda le lotte contro l'invasione spagnola.
La danza naili (o saadaoui), di origini nomadi, nasce come pura espressione di generosità e giovialità, per diventare, a cavallo della seconda guerra mondiale, una danza di seduzione, sfruttata anche a fini turistici e commerciali.
La danza reguibet, classificabile come sacra, è eseguita nelle feste di fidanzamento e matrimonio.
La danza tuareg, di origine berbera (Sud Algeria), è una vera propria danza di combattimento.
Abbiamo inoltre la danza della giumenta, la danza kerkabou, la danza chaouia, la danza nakh. La lettura del libro è molto coinvolgente. Si è presi dal desiderio di arrivare fino in fondo, quasi a voler cogliere dei segreti o dei misteri relativi alla danza araba nel suo insieme, che ci saranno forse chiari alla fine. Succede proprio ciò che dice nella Prefazione Paola Ziliotto: questo testo provoca nel lettore "una sottile ed insinuante curiosità". Non solo. Proprio perchè il libro "non ha tutte le risposte" - come afferma Ziliotto - esso stimola in noi la voglia di capire questa danza più da vicino, insomma da dentro. A lettura ultimata, ci prende veramente il desiderio "di saperne di più, non solo attraverso una conoscenza intellettuale, ma fisica perchè il nostro corpo è onnipresente compagno di vita". |