Il treno di notte
Non c'è ragione plausibile per cui il treno di notte si debba fermare alle cinque del mattino nella stazioncina di Deoli. Eppure il treno si ferma. Ciascuno di questi deliziosi racconti di Ruskin Bond rappresenta una breve sosta - priva di necessità apparente, e al contrario essenziale - nella rete dei villaggi e delle città remote che punteggiano un'India rurale, appena scalfita dai primi fremiti della modernizzazione. Le storie di questo maestro della letteratura indiana in lingua inglese - forse il libro più amato da intere generazioni di lettori indiani - parlano con straordinaria forza e semplicità dei legami profondi sottesi a quella peculiare civiltà. Sono storie di persone che, consapevoli o inconsapevoli, hanno bisogno le une delle altre. Storie di incontri e di separazioni, di perdite e di riconciliazioni, di dolori, di battaglie, di rassegnazioni. Storie di piccola gente, che vive lontana dalle metropoli, dove si fa la Storia. Racconti universali, eppure profondamente indiani, che non potrebbero scaturire se non da quella terra magica e affascinante, malinconica e polverosa, terribilmente saggia e inguaribilmente ironica che è l'India. Deep Chand, il barbiere, sogna di aprire un salone alla moda, dove un giorno poter tagliare i capelli al primo ministro; Pitamber medita di vendere il suo vecchio risciò a pedali e sogna di comprarne uno a motore; Suraj, venditore ambulante, fuggito da un orfanotrofio, sogna di vincere una borsa di studio e di lasciare Pipalnagar, la città in cui nessuno di loro vuole più restare. Delhi è lontana. Chissà quale treno ci arriva. E chissà quante notti ci mette.
Indice: La donna del binario numero 8; L'albero corallo; La fotografia; La finestra; Il funerale di Chachi; L'uomo che era Kipling; Ad occhi chiusi; Il ladro; Il ragazzo che fece fallire la banca; La moglie del vicino; Il treno di notte a Deoli; Prossima fermata, Pipalnagar; Alloro per la sua fronte; L'angelo custode; Morte di un amico fraterno; L'uomo degli aquiloni; Le scimmie; I fiori di Miss Mackenzie; Un caso per l'ispettore Lal; Un volto nella notte; Un lavoro ben fatto; La storia di Madhu; Il ciliegio; Gli alberi di mio padre a Dehra; La luna del giaguaro; Il leopardo; Sita e il fiume; L'amore è una canzone triste; Quando non riesci più ad arrampicarti sugli alberi; Un amore, tanto tempo fa.
|
LO SGUARDO È ALTROVE
Avevo avuto lo scompartimento tutto per me fino a Rohana. Poi entrò una ragazza. La coppia che l’aveva accompagnata erano probabilmente i suoi genitori; sembravano preoccuparsi molto del suo benessere, e la donna le diede istruzioni dettagliate su dove tenere le sue cose, quando non sporgersi dal finestrino, e come evitare di rivolgere la parola agli sconosciuti. Si salutarono; il treno uscì dalla stazione. Poiché a quel tempo ero completamente cieco, e i miei occhi avvertivano solo la differenza fra la luce e il buio, non avrei saputo dire che aspetto avesse la ragazza, ma sapevo che portava le pianelle dal modo in cui le battevano sul calcagno. Ci avrei messo un po’ di tempo a scoprire qualcosa del suo aspetto, e forse non ci sarei riuscito mai. Ma mi piaceva il suono della sua voce, e perfino il suono delle sue pianelle. "Andate fino a Dehra?" chiesi. Dovevo essermi seduto in un angolo buio, perché la mia voce la fece trasalire. Uscì in un’esclamazione e disse: "Non sapevo che ci fosse qualcun altro". Accade spesso, sapete, a chi ci vede bene, di non vedere quello che gli sta proprio davanti. Immagino che abbiano troppe cose da guardare. Mentre chi non ci vede (o ci vede molto poco) deve limitarsi a cogliere le cose essenziali, quanto si imprime in modo più rivelatore sui rimanenti sensi. "Neppure io vi avevo visto" dissi. "Ma vi ho sentito entrare." Mi chiedevo se sarei riuscito a impedirle di scoprire che ero cieco. Pensai: "Purché me ne stia seduto, non dovrebbe essere troppo difficile". "Vado a Saharanpur" disse la ragazza. "Viene a prendermi mia zia." "In tal caso sarà meglio che non mi prenda troppe confidenze" dissi. "Di solito le zie sono creature formidabili." "Voi dove andate?" "A Dehra, e poi a Mussoorie." "Oh, come siete fortunato, vorrei andare a Mussoorie. Mi piacciono le colline. Soprattutto in ottobre." "Si, è la stagione migliore" dissi io, facendo appello ai miei ricordi. "Le colline sono coperte di dalie selvatiche, il sole è delizioso, e di sera si può sedere davanti al caminetto acceso e bere un po’ di brandy. La maggior parte dei turisti se ne sono andati. E le strade sono silenziose e quasi deserte. Si, ottobre è il momento migliore." Lei taceva, e mi chiesi se le mie parole l’avessero commossa, o se mi giudicasse uno sciocco romantico, Poi commisi un errore. "Com’è?" chiesi. Lei sembrò non trovare niente di strano in questa domanda. Aveva già notato che non vedevo? Ma la sua domanda successiva dissipò i miei dubbi. "Perché non guardate fuori dal finestrino?" chiese. Mi spostai facilmente lungo il sedile e cercai con la mano il bordo del finestrino. Il finestrino era aperto e mi voltai da quella parte fingendo di studiare il paesaggio. Sentivo l’ansare della locomotiva, il rombo delle ruote, e con gli occhi delle mente vedevo i pali del telegrafo che sfrecciavano davanti a me. "Avete notato" azzardai "che gli alberi sembrano muoversi, mentre noi sembriamo fermi?" "E’ sempre così" disse lei. "Vedete qualche animale? Non c’è rimasto quasi più nessun animale nelle foreste vicino a Dehra." Volsi il capo dal finestrino alla ragazza, e per un po’ sedemmo in silenzio. "Avete un volto interessante" osservai. Cominciavo a essere molto temerario, ma era un’osservazione sicura. Poche ragazze resistono all’adulazione. Lei rise in modo piacevole, una risata limpida, argentina. "E’ bello sentirsi dire che ho un volto interessante. Sono stanca della gente che mi dice che ho un bel volto."
“Ah, così hai un bel volto” pensai, e ad alta voce dissi: "Beh, un volto interessante può essere anche bello". "Siete un giovanotto molto galante" disse lei. " ma perché siete così serio?" Pensai, allora, che avrei cercato di ridere per lei; ma il pensiero dell’ilarità mi faceva solo sentire solitario e sgomento. "Presto arriveremo alla vostra stazione" dissi. "Grazie al cielo è un viaggio breve. Non posso sopportare di restare seduta in un treno per più di due o tre ore." Eppure io sarei stato pronto a restare seduto lì per qualsiasi periodo di tempo, pur di sentirla parlare. La sua voce aveva lo scintillio di un ruscello di montagna. Non appena scesa dal treno lei avrebbe dimenticato il nostro breve incontro; ma io lo avrei ricordato per tutto il resto del viaggio, e anche dopo. Il fischio della locomotiva lacerò l’aria, le ruote della carrozza mutarono suono e ritmo. La ragazza si alzò e incominciò a raccogliere le sue cose. Mi chiedevo se avesse i capelli raccolti, o a treccia, o sciolti sulle spalle, o se fossero tagliati molto corti. Il treno entrò nella stazione rallentando. All’esterno, c’erano i gridi dei facchini e dei venditori, e un’acuta voce femminile accanto alla porta della carrozza, che doveva appartenere alla zia della ragazza. "Arrivederci" disse la ragazza. Era in piedi molto vicino a me, tanto vicino che il profumo dei suoi capelli mi inebriava. Avrei voluto alzare la mano a toccarle i capelli, ma lei si allontanò al suo posto e rimase solo il profumo. "Puoi spezzare, puoi infrangere il vaso, se vuoi, ma il profumo delle rose continuerà ad aleggiare…" Ci fu un po’ di movimento alla porta della carrozza. Un uomo, entrando nello scompartimento, balbettò una scusa. Poi la porta venne sbattuta, e il mondo venne di nuovo chiuso fuori. Io ritornai al mio posto. Il capotreno soffiò nel fischietto e ripartimmo. Avevo di nuovo un gioco da giocare, e un nuovo compagno di viaggio. Il treno acquistò velocità. Le ruote ripresero il loro canto, la carrozza si scuoteva e gemeva. Trovai il finestrino e mi ci sedetti davanti, guardando la luce che per me era tenebre. Quante cose accadevano fuori dal finestrino. Poteva essere un gioco affascinante, indovinare che cosa accadeva là fuori. L’uomo entrato nello scompartimento interruppe la mia fantasticheria. "Sarete deluso" disse. "Mi dispiace di non essere un compagno di viaggio attraente come quella che è appena uscita." "Era una ragazza interessante" dissi io. "Sapreste dirmi se portava i capelli corti o lunghi?" "Non ricordo" disse lui in tono perplesso. "Ho notato i suoi occhi, non i suoi capelli. Aveva dei begli occhi – ma non le servivano a nulla, era completamente cieca. Non l’avete notato?" |