Kojiki
Il Kojiki prende forma negli ambienti della corte dinastica giapponese tra il finire del VII secolo e l'inizio dell'VIII. In quei decenni fondamentali nella storia del Giappone la centralizzazione del potere politico si accompagna a cruciali cambiamenti nella cultura dominante. Il modello della civiltà cinese tende a diventare egemone in tutti i campi del sapere e a imbrigliare nei propri canoni stilistici anche la lingua scritta ufficiale. Il Kojiki (letteralmente "vecchie cose scritte") si discosta da questa tendenza omologatrice anche perché la sua scrittura nasce dall'oralità. L'opera dà infatti verosimilmente asilo alla recitazione, forse mnemonica, fatta da Are a Yasumaro che la redige, della revisione di documenti obsoleti "restaurati" su progetto del sovrano Tenmu. Il risultato è un testo in cui troviamo, in germe o già in fiore, forme e contenuti che hanno ispirato molta arte, in primo luogo letteraria, dell'arcipelago. Ed è anche la più antica documentazione esistente della cultura giapponese, una miniera dalla quale hanno attinto informazioni filologi, storiografi antropologi, filosofi, teologi, politici.
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Già prima che Izanami, redarguita per troppa intraprendenza femminile in fatto di sesso, partorisca l’arcipelago giapponese e parte del pantheon, è la concretezza a caratterizzare gli antichi eventi narrati nel Kojiki. Grasso sull’acqua, meduse, germi di giunco, salsedine, queste le immagini scelte per evocare l’emergere dal caos di un cosmo. Un arcaico e potentissimo senso del sacro accompagna però tale concreta visione cosmologica. Sacre sono le pietre preziose e gli escrementi, le bevande alcoliche, le bestie; sacra è l’atmosfera in cui si scatenano il carattere instabile, immaturo, e la violenza gratuita del dio del vento Susanowo; sacri i gesti della dea del sole Amaterasu; sacra la prima forma di teatro che Amenouzume inventa, ossia una danza in cui esibisce la vulva. Nelle genealogie dinastiche gli interessi di regime sono evidenti, ma il succedersi di accadimenti via via più mondani sviluppa temi e sentimenti universali. Sul filo di successioni al trono e matrimoni regali si intrecciano così storie di tradimenti e inganni, rappresentazioni della sete di potere e di vendetta, racconti del terrore, resoconti di incantesimi e maledizioni. Crudeltà e tenerezza si mescolano in episodi come quello del rude Yamato, truce eroe pronto a frodare il nemico per ucciderlo e nel contempo vittima, dolente e consapevole, della propria irruenza e delle paure paterne. Ilarità e sarcasmo caratterizzano altri momenti del racconto, come quando il principe Homuchiwake costringe i cortigiani a complicati rimedi per scongiurare il mutismo da cui è affetto. E in alcune vicende gli amori sfociano in tragedia, come nel caso estremo dell’incesto fra il principe e la principessa Karu: i due amanti troppo diversi dalla norma fondano l’archetipo del «doppio suicidio», al quale la letteratura giapponese si abbevererà in abbondanza. |