Il gioco dell'universo
Un uomo straordinario. Bello, eccentrico, curioso, avido di vita, di conoscenza, di esperienze. E una figlia di eccezione che rilegge gli scritti paterni ricostruendo il percorso intellettuale ed esistenziale di un uomo intimamente conosciuto, eppure, come è giusto, anche misterioso, vicino e lontano come sanno essere le persone che più nel profondo segnano la nostra vita. La figura e l`opera di Dacia Maraini appartengono da decenni alla storia della cultura italiana, mentre il ruolo di Fosco, benché ormai sottratto da tempo alla raffinata marginalità in cui lo collocarono la varietà, l`anomalia dei suoi interessi e l`indubbio conformismo della cultura ufficiale, aspetta ancora il riconoscimento che merita. In questo senso il ritratto attento disegnato da Dacia, amorevole ma mai indulgente, mai velato dai pregiudizi filiali, costituisce un contributo definitivo. Del resto, come poteva essere considerato, in un mondo come quello italiano degli anni Trenta, asfittico, chiuso in rigide categorie di appartenenza, un giovane come Fosco Maraini, con `uno spirito troppo scientifico per dedicarsi completamente alla narrativa e troppo affabulatore per dedicarsi solo alla scienza`, un intellettuale che era, al tempo stesso, abile alpinista, appassionato sciatore, eccellente fotografo? Come si poteva sistemare sugli scranni di una cultura provinciale e strapaesana un giovane che si apprestava a partire per il Tibet, e che subito dopo sarebbe salpato per il Giappone, che appuntava il suo sguardo su popoli remotissimi, su geografie favolose, su lingue sconosciute a chiunque? Evidentemente un uomo del genere, così impossibile da incasellare, al tempo stesso coltivatissimo e candido, appassionato e cinico, seducente e seduttore, innamorato ma richiamato sempre dall`altrove, da una montagna, da una donna, da un confine, da un dilemma, non fu un intellettuale, un marito, un padre facile. E queste pagine restituiscono con ammirazione, con struggimento, con infinito amore e una punta di gelosia il sentimento più bello e tormentoso che un uomo o una donna possano provare, quello per le persone amate che però non si potranno mai possedere completamente e per sempre.
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Leggendo, riflettendo sui taccuini di Fosco Maraini - grandi pagine a quadretti ricoperte da una grafia minuta e serena - Dacia ricostruisce la personalità del padre: "Come cominciare un tuffo dentro questi taccuini paterni, che sono così vivi e ironici, che raccontano di sé parlando d'altro? Pullulano di osservazioni sul linguaggio, sulla storia, sulle religioni, sui costumi. Sono disseminati di poesie, di diari, di progetti narrativi mai portati a termine. Segno che la narrazione in lui era sempre latente, ma non arrivava al compimento." Chi ama i libri di Fosco Maraini riconoscerà la foto di copertina, un bellissimo ritratto in bianco e nero della principessa Pema e ricorderà la didascalia che l'accompagna in "Segreto Tibet": |