Quando, nell'ottobre 2004, Wangari Maathai riceve la notizia dell'assegnazione del premio Nobel per la Pace, decide di festeggiarlo nel modo migliore che conosca: piantando un albero. Attorniata da una folla di spettatori e giornalisti, scava la terra rossa e calda della valle dominata dal Monte Kenya e, commossa, vi depone una pianticella. Negli oltre trent'anni di lotta incessante in difesa dell'ambiente e della democrazia, gli alberi sono sempre stati la sua fonte d'ispirazione: da loro ha imparato che, per quanto si tenti di distruggerle, una volta che giustizia e verità hanno messo radici nel cuore di un popolo germoglieranno per sempre; come gli alberi, ha attinto forza e nutrimento dalla sua terra, restandovi ben piantata, ma allo stesso tempo è riuscita a svettare verso il cielo, diventando un esempio di speranza e coraggio per il mondo intero. Ripercorrendo gli ultimi cinquant' anni della storia del Kenya, Wangari Maathai racconta in questa autobiografia una vita di battaglie pubbliche e private: l'infanzia in un villaggio, gli studi negli Stati Uniti dell'era Kennedy, il rientro in Africa all'indomani dell'indipendenza, la fondazione del Green Belt Movement - che arriverà a piantare oltre trenta milioni di alberi -, i numerosi riconoscimenti internazionali. Ma anche la discriminazione etnica e sessuale, la fine della carriera all'Università di Nairobi, il divorzio, gli anni bui del governo autoritario di Daniel arap Moi, le minacce di morte, il carcere.
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Nata il 1° Aprile 1940, la Maathai è stata la prima donna in Africa centrale orientale a fare carriera unversitaria. Ha fondato il movimento ambientalista kenyota nel 1977, e grazie a un progetto da lei ideato che ha coinvolto soprattutto le donne, ha fatto sì che venissero piantati più di 10 milioni di alberi per impedire l'erosione del terreno e per fornire la legna da ardere a tutto il Paese. Un milione di questi alberi è stato piantato da "Tree is Life". Laureata in biologia all'Università del Kansas e all'Università di Pittsburgh, ritornata in Kenya, Wangari Maathai ha lavorato nella dipartimento di ricerca in medicina veterinaria all'Università di Nairobi e, malgrado lo scetticismo e perfino l'opposizione degli allievi e della facoltà tradizionalmente maschili, ha guadagnato il dottorato. Wangari Maathai ha iniziato a lavorare per alleviare la povertà della gente del suo Paese cercando di creare progetti dal basso, partecipati, su base comunitaria per offrire occupazione e migliorare l'ambiente allo stesso tempo. Un'idea che le ha portato fortuna ma le è anche costata il divorzio dal marito, un ex deputato da cui ha avuto tre figli, che la lasciò negli anni 80, protestando che era "troppo istruita, troppo forte, troppo riuscita, troppo testarda e fuori controllo".
Wangari Maathai è stata presidente nazionale del Consiglio nazionale delle donne del Kenya, e nel 1997 si è candidata alla presidenza del paese, senza tuttavia poter gareggiare perché il suo partito ritirò la sua candidatura alcuni giorni prima delle elezioni; alle stesse elezioni, non riuscì neppure a guadagnare un seggio in Parlamento. Nel 1998, Wangari Maathai si guadagnò l'attenzione di tutto il mondo quando si oppose al progetto del presidente del Kenya di costruire alloggiamenti di lusso eliminando centinaia di ettari di foreste. Nel 1991, venne arrestata e incarcerata, poi in seguito liberata in seguito a una campagna internazionale. Nel 1999 venne ferita alla testa mentre piantava alberi nella foresta di Karura, a Nairobi, nel corso di una protesta contro il disboscamento continuo. È stata arrestata più volte dal governo del presidente Arap Moi e nel gennaio del 2002, la Maathai ha accettato il posto di ricercatore alla facoltà di agraria dell'università di Yale, occupandosi di silvicoltura sostenibile. Dal gennaio 2003 è sottosegretario al Ministero dell'ambiente, delle risorse naturali e della fauna selvatica. Nel 2001 la ha dato vita Tree is Life in collaborazione con la Diocesi di Nyahururu.Il progetto di Tree is Life è recentemente stato riconosciuto come "buona pratica" dalle Nazioni Unite. |