Un lupo in agguato
Una poetica delle piccole cose che incanta con la trasparenza delle sue immagini: il biancore dell'alba, un paesaggio innevato, i viandanti di strada, una barca senza vela... Infilate una dopo l'altra come perle orientali, le composizioni poetiche di uno dei maestri del cinema mondiale, ne confermano lo straordinario talento a fissare istanti di suggestione. "Il vento porterà con sé i fiori del ciliegio sino al biancore delle nubi. E' una bandiera di libertà la mia camicia sul filo della biancheria, leggera e libera dai legami del corpo."
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Regista iraniano. Laureatosi in pittura nella sua città, lavora prima come grafico e poi come regista di spot pubblicitari (ne realizza circa 150 fra 1962 e il 1968). Nel 1969 organizza il dipartimento cinematografico dell’Istituto Kanun, che diventa rapidamente un importante centro di produzione. Gira nel 1970 il suo primo cortometraggio Il pane e il vicolo e, dopo molti corti e lungometraggi, comincia a ottenere riconoscimenti all’estero con Dov’è la casa del mio amico? (1987), limpido «pedinamento» del percorso di un ragazzino che si aggira in un mondo adulto indifferente o ostile alla ricerca dell’abitazione di un compagno che ha dimenticato per sbaglio un quaderno nella sua cartella. La critica vi ritrova echi della lezione di R. Rossellini e di R. Bresson, ma riconosce anche la purezza di uno sguardo assolutamente originale. Con Close-up (1990) K. definisce ulteriormente la sua poetica, fatta di una profonda messa in crisi della rappresentazione e delle presunte possibilità affermative del cinema: autore guida della nuova generazione iraniana, riflette con grande intelligenza e modernità sulle regole della narrazione e sul registro della finzione che è proprio del cinema, mettendo spesso al centro delle sue storie le realizzazioni di film e dando nuova linfa e nuovo spessore teorico al «cinema nel cinema». E la vita continua... (1991) e Sotto gli ulivi (1994) vengono distribuiti in tutto il mondo e consacrano la grandezza di K. che, con Il sapore della ciliegia (1997), ottiene la Palma d’oro a Cannes raccontando di un uomo di mezza età che si aggira in auto per la desolata periferia di Teheran cercando qualcuno che lo aiuti a suicidarsi. Anche con il successivo Il vento ci poterà via (1999, premio speciale della giuria a Venezia) continua a perseguire un’idea di cinema capace di coniugare in modo assolutamente originale la riflessione morale con l’investigazione critica delle immagini. Dopo il documentario ABC Africa (2001), conferma l’originalità della sua ricerca con Ten (2002), in cui cerca di raccontare la donna iraniana contemporanea chiudendo l’intero racconto dentro l’abitacolo di un’automobile, e lavorando dunque essenzialmente sui primi piani di coloro che si trovano nella vettura. Più attento all’attualità che alla spiritualità, con questo film dimostra di saper indagare sul rapporto fra personaggio e cultura con la stessa profondità con cui in precedenza aveva lavorato sul rapporto fra uomo e natura. |