Storia e geografia dei geni umani
PREFAZIONE ALL'EDIZIONE ITALIANA
Sono ormai passati più di trent'anni da quando è stato compiuto il primo tentativo di ricostruire la storia della diversità umana analizzando le differenze genetiche che si osservano oggi tra le popolazioni. Per misurare tali differenze sono state impiegate le frequenze geniche, cioè le frequenze con cui il materiale ereditario (il DNA, i cui segmenti funzionali vengono chiamati geni) si distribuisce nello spazio occupato dalla nostra specie. Se sembra giustificata l'affermazione che le frequenze geniche sono stabili e piuttosto insensibili ai cambiamenti ambientali di breve periodo, è altrettanto vero che non esistono dati sulle popolazioni passate e la stabilità nel tempo viene indotta indirettamente dalla stabilità nello spazio, ovvero dall'osservazione di distribuzioni delle frequenze geniche che sono generalmente regolari, con valori che differiscono di poco anche quando si riferiscono a popolazioni che vivono in ambienti radicalmente differenti. Oggi la situazione sta cambiando molto rapidamente: i progressi della tecnologia molecolare fanno intravedere un futuro in cui sarà possibile esaminare il DNA di individui che sono vissuti in un passato anche molto lontano: risale a pochi mesi fa la notizia che il DNA mitocondriale dell'uomo di Neandertal è stato analizzato con successo (si veda l'Aggiornamento per l'edizione italiana). Per molto tempo i dati forniti dall'antropologia fisica (quali il colore della pelle, l'aspetto fisico del corpo, i tratti facciali, ecc.) sono stati gli unici a descrivere la nostra diversità. Alcuni di questi, in particolare le dimensioni delle ossa, hanno il grande vantaggio di essere misurabili anche su materiale fossile. Tuttavia i caratteri antropometrici sono quelli che più hanno manifestato un cambiamento notevole negli ultimi 200 anni: un esempio per tutti è fornito dalla statura, il cui aumento osservato in Europa può essere difficilmente attribuito a cause genetiche. I caratteri che probabilmente riflettono risposte a cambiamenti ambientali recenti sono i meno indicati per tracciare la storia dei nostri geni. Non si vuol certo negare l'importanza dell'analisi di materiale fossile per la ricostruzione delle linee evolutive del genere Homo, ma il tipo di informazione, spesso unito anche alla scarsità di esemplari proprio per i periodi temporali di maggior interesse, deve essere valutato tenendo presente questi limiti.
I dati genetici sulle popolazioni attuali che abbiamo potuto usare per analizzare la geografia dei geni umani sono estremamente numerosi. I due polimorfismi genetici che sono stati scoperti per primi - i gruppi sanguigni AB0 e RH - sono molto importanti sotto il profilo clinico e per questa ragione sono stati indagati in modo particolarmente esteso. A questi si sono aggiunti molti altri marcatori genetici di minore interesse clinico ma di uguale se non maggiore valore antropologico per la loro capacità di identificare differenze genetiche tra popolazioni. Purtroppo i dati a disposizione sono assai eterogenei nel numero e nella loro distribuzione geografica: se fossero stati raccolti seguendo un progetto sperimentale più razionale e sistematico, come è accaduto per esempio nella raccolta dei dati sul polimorfismo genetico che regola l'istocompatibilità, il sistema HLA, avremmo potuto e potremmo oggi lavorare su un insieme di informazioni ben più ricco. Coltiviamo la speranza che l'esperienza acquisita induca i futuri ricercatori a meglio organizzare i loro sforzi, soprattutto nella prospettiva di una capacità di risoluzione delle differenze genetiche sempre più fine che oggi la potente tecnologia della biologia molecolare è in grado di offrire.
L'idea di questo libro ha avuto origine dal desiderio di analizzare la geografia dei geni umani, i nostri geni, usando tecniche nuove da noi messe a punto allo scopo specifico di studiare le antiche migrazioni dell'uomo. Mentre procedeva il lavoro molto impegnativo di archiviare su calcolatore l'enorme mole di dati esistenti in letteratura, diventò chiara la necessità di analizzare la stessa informazione con metodi alternativi, proposti da noi e da altri, che dessero risposte a domande di interesse storico. Ma è difficile che la sfida davvero stimolante di ricostruire la storia dell'evoluzione umana possa venire lanciata con una qualche speranza di successo se ci si limita a usare le informazioni fornite dai dati genetici. Anche le documentazioni storica, linguistica, archeologica, antropologica e paleoantropologica devono essere vagliate: al fine di trarre conclusioni proponibili senza troppe riserve, le informazioni generate da queste discipline dovrebbero essere confrontate con quelle generate dall'analisi dei dati genetici.
È superfluo sottolineare che ciascuna di queste fonti di informazione ha dei limiti. I dati storici pertinenti sono rari, spesso non quantitativi e perlopiù non sondano periodi sufficientemente lontani nel tempo. L'archeologia è in grado di dire molto poco sui caratteri fisici delle popolazioni che studia, ma fornisce datazioni e qualche vaga indicazione demografica, soprattutto sulle dimensioni numeriche, importanti per predire i tassi di evoluzione genetica. Ma gli archeologi trovano spesso difficile distinguere le migrazioni di persone dalla diffusione di artefatti o della cultura materiale che li ha prodotti. I cambiamenti linguistici seguono regole in qualche misura analoghe a quelle dell'evoluzione genetica ma con la spiacevole limitazione che la loro ben maggiore velocità, simile a quella dell'infezione batterica o virale, rende particolarmente difficile la ricostruzione dei primi stadi. Inoltre le lingue possono venire sostituite da altre lingue di origine completamente diversa in un tempo relativamente breve, confondendo così parzialmente o totalmente eventuali concordanze. Si è affermato che l'antropologia fisica può essere fuorviante perché certi caratteri fisici osservati e misurati nelle ossa talvolta cambiano rapidamente al mutare delle condizioni ambientali. Va ancora sottolineato che solamente i geni, o almeno la maggior parte di essi, sono dotati della stabilità necessaria per poter discutere i processi di divisione, fusione e migrazione che le popolazioni della nostra specie hanno vissuto nella loro storia, una storia che risale ad almeno 100000 anni fa. Una frazione considerevole delle varianti genetiche che studiamo oggi è apparsa prima di allora e si è in seguito distribuita nello spazio in proporzioni radicalmente diverse, un processo che ci permette di orientarci nel riconoscere i vari percorsi evolutivi della storia delle popolazioni.
Sebbene i genetisti di popolazione spesso riassumano le conoscenze archeologiche, storiche e linguistiche dei gruppi etnici che hanno studiato, non ci risulta sia stata ancora pubblicata una trattazione esauriente che tenti di disegnare un affresco globale della nostra specie in una prospettiva di storia generale di cui la genetica sia parte. Ci auguriamo che questo volume svolga adeguatamente tale funzione. Nel capitolo 1 diamo alcune informazioni storiche sugli argomenti che verranno svolti successivamente, discutiamo il concetto di razza, di cui sottolineiamo l'inconsistenza sotto il profilo biologico, e forniamo un'introduzione elementare delle tecniche di analisi che verranno maggiormente usate. Abbiamo tentato di scrivere un libro che possa esser letto da cultori e specialisti di molte discipline, dal momento che non solo i genetisti ma anche gli studiosi di archeologia, antropologia, paleontologia, storia, geografia e linguistica hanno un interesse potenziale per la materia. I maggiori ostacoli agli scambi tra discipline diverse derivano dall'uso di vocabolari specifici e solo parzialmente intercomunicanti: abbiamo tentato, per quanto ci è stato possibile, di superare tale limitazione, e ciò significa che il lettore non specialista dovrebbe essere comunque in grado di capire questo libro, purché sia sufficientemente motivato a seguire un'analisi scientifica. Inevitabilmente, le discussioni sono mantenute a un livello elementare dal punto di vista di ciascuna disciplina, e il linguaggio usato è, almeno nelle intenzioni, il più semplice possibile. I metodi statistici e le nozioni elementari della genetica di popolazioni vengono sviluppati in modo qualitativo con un uso parsimonioso di termini tecnici, che sono in ogni caso tutti definiti la prima volta che vengono introdotti.
Il capitolo 2 è dedicato all'analisi dei dati a livello mondiale e intende offrire uno strumento per una comprensione generale della storia della nostra specie di Homo sapiens sapiens. Vengono ricostruiti e presentati alberi filogenetici che la descrivono dalle origini e tali alberi sono confrontati con le testimonianze paleoantropologiche e archeologiche, e con le classificazioni linguistiche. Vengono anche presentati altri tipi di analisi, con l'intento di tracciare un quadro globale della struttura genetica della nostra specie.
I cinque capitoli che seguono sono dedicati alle maggiori regioni geografiche dove l'uomo si è insediato. Trattiamo inizialmente il continente in cui verosimilmente la nostra specie ha incominciato a evolversi, cioè l'Africa, dopo il quale passiamo a esaminare gli altri continenti nell'ordine in cui sono stati successivamente occupati: Asia, Europa, America e Oceania. In ciascun capitolo vengono brevemente discusse la geografia e l'ecologia della regione, poi i dati storici e la documentazione paleoantropologica e archeologica. Si è dedicata particolare attenzione ai dati demografici, quando disponibili, e a tutte le informazioni sui movimenti migratori, necessario quadro di riferimento per l'interpretazione dei processi evolutivi che via via si esaminano. Successivamente vengono trattati i dati dell'antropologia fisica e della linguistica. Segue poi l'analisi di tutti i dati genetici disponibili, riferita sia all'intero continente, sia alle sue parti più importanti o meglio documentate. L'edizione originale di questo volume era corredata dalle mappe geografiche di tutti i geni esaminati. Per ragioni di economia questa edizione in lingua italiana ne presenta un campione molto limitato. Tuttavia all'interno
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