La morte di Vishnu
All'inizio di questo romanzo, il protagonista Vishnu giace moribondo nell'atrio dell'ingresso di una casa di Bombay mentre due inquilini discutono su chi debba farsi carico di chiamare un'ambulanza. Da anni Vishnu vive in quell'angolino, che gli è stato concesso in cambio di piccoli servigi. Nelle ventiquattr'ore in cui si sviluppa l'azione, visitiamo attraverso gli occhi di Vishnu i vari appartamenti di quell'edificio, venendo a contatto con i piccoli drammi dei residenti, un variopinto campionario di umanità in cui si riflettono i diversi gruppi sociali e religiosi dell'India di oggi.
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Che cosa distingue il fatiscente caseggiato di Bombay al centro di questo romanzo dagli analoghi edifici di qualunque altra città? Il fatto, si direbbe, che qui anche gli spazi comuni sono abitati. Nell'ingresso, infatti, vive da anni il povero Vishnu, un senzatetto a cui è stato accordato quell'angolino in cambio di piccoli servigi. Ma nel salire le scale si capisce rapidamente che l'unicità di quel palazzo sta nel suo essere una straordinaria metafora, dove i diversi piani e la colorita popolazione che vi abita corrispondono ai vari gradi dell'esistenza nel cammino verso l'illuminazione. E si capisce, con altrettanta immediatezza, che siamo immersi in un romanzo di grande originalità, in cui Manil Suri recupera la mitologia induista e la riambienta nell'odierna Bombay, incarnandola in personaggi che rispecchiano i gruppi sociali e religiosi dell'India di oggi. Protagonisti di "La morte di Vishnu" sono dunque gli abitanti di quel palazzo, ognuno con il suo carico di desideri e aspirazioni, da quelle più mondane di riscatto sociale a quelle più nobili di ascesi e purificazione. |
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