Dita nella terra, le dita nell'inchiostro (Le)
"Le dita nella terra, le dita nell'inchiostro" raccoglie racconti, memorie e saggi di donne, non solo contemporanee, che hanno vissuto in quattro stati Asiatici: donne d'Afghanistan, India, Iran e Pakistan. Un territorio enorme che ha condiviso una millenaria storia politica, sociale, economica, religiosa e culturale ed è stato separato nel corso dei secoli in quattro stati, spesso dilaniati tra di loro da conflitti religiosi, etnici o coinvolti in guerre rovinose con altri paesi. Le donne di cui qui vengono presentati i testi hanno reagito e combattuto per affermare la loro libertà contro i patriarcati locali e internazionali.
=================================
La recensione de L'Indice a cura di Maurizio Griffo
L'antologia che qui si segnala ha uno scopo in primo luogo informativo. Essa vuole offrire una testimonianza diretta sulla condizione della donna e sulla cultura femminile in un'ampia regione geografica compresa fra il Medioriente e l'Asia meridionale. L'area prescelta corrisponde a quattro paesi (Afghanistan India Iran Pakistan) che sono spesso agli onori della cronaca ma di cui il grande pubblico ignora quasi tutto. Se si aggiunge il fatto che tre di questi quattro stati sono di religione musulmana (e nel quarto l'India l'islamismo è la religione di una consistente minoranza della popolazione) i motivi di interesse crescono. Date questa finalità la scelta antologica non è limitata a una sola epoca. Abbiamo così autrici del passato come Rabi'e di Balkh vissuta nel decimo secolo o Golbadam Begum (1523-1603) figlia del fondatore della dinastia Moghul; scrittrici vissute tra Otto e Novecento come la principessa Taj os-Soltane (1884-1936); fino a personalità (e sono la maggioranza) giovani e giovanissime. Analogamente gli scritti raccolti spaziano dal racconto alla poesia al documento di denuncia al saggio sociologico e politico. Ne viene fuori un avvincente caleidoscopio di sensazioni impressioni notizie. Se tutto il libro si legge con interesse particolarmente notevoli ci sono parsi i documenti provenienti dall'Afghanistan. Come l'intervento di Sima Samar medico e impegnata dal punto di vista sociale e politico che è una vibrante rivendicazione dei diritti delle donne; e le drammatiche testimonianze raccolte dal Rawa associazione rivoluzionaria delle donne afgane che riportano testimonianze sul regime talebano. Per gli appassionati dell'India coloniale segnaliamo il suggestivo racconto di Tara Battacharjee Gandhi nipote del Mahatma che rievoca alcuni episodi della sua infanzia in cui sono coinvolti suo nonno e la moglie Kasturba.
|
"La protesta, o meglio, l'impegno civile, serpeggiano nelle pagine delle nostre autrici: si può rilevare che in molti casi si tratta di temi universali, di problematiche comuni nella letteratura femminile mondiale, ma la connessione con gli elementi locali e l'appartenenza delle autrici a quelle società fa sì che non si tratti di rappresentazioni fittizie, ma di riproduzioni della realtà filtrata semmai dalla pluralità degli sguardi."
Il volume è un'antologia di racconti, poesie e saggi scritti da donne vissute sia in secoli passati (il volume si apre con una raccolta di memorie di Golbadan Begum vissuta nel Sedicesimo secolo) sia protagoniste, testimoni e vittime della nostra contemporaneità. Passiamo così dalla Storia alla cronaca, ma in ogni caso l'apporto di questi testi è di contribuire a costruire un'immagine autentica della condizione femminile in quell'area del mondo grazie anche alla comune (al di là della nazionalità e dei tempi) attenzione delle autrici alla concretezza della vita, e alla capacità di tracciare un quadro vivo della situazione familiare e sociale delle donne. Il corpo, spesso nascosto e mimetizzato nell'abito, non viene sentito come impaccio, l'amore non è l'unica tematica (anche se nelle espressioni poetiche predomina), ma è l'intero contesto a essere preso in considerazione e, al centro di questo, se stessa, la propria identità e i propri sentimenti. Nella parte saggistica dei testi raccolti l'interesse si allarga a esplorare, con sguardo acuto, il mondo circostante e i vari aspetti della cultura che si è tramandata nel costume, nella lingua, nell'arte e che alle donne preme mantenere viva. Interessante è notare come non traspaia mai odio dalle pagine di questa antologia, ma senso critico, lucida lettura dei problemi senza fanatismo o esasperazione. Consapevoli dell'essere spesso private dei fondamentali diritti, coscienti di una perdurante restrizione della loro libertà, le donne, i cui scritti sono stati qui raccolti, esprimono un messaggio positivo di determinata volontà di riscatto da ogni forma di sopruso sia che questo nasca dal loro contesto nazionale sia che sia originato da più subdole modalità internazionali di sfruttamento.
Le prime righe
Introduzione Anna Vanzan
Rabi'e era figlia di Ka'ab Qozdari, emiro della città afgana di Balkh. All'epoca - siamo alla fine del X secolo - Balkh era una città splendida, tanto da venire chiamata "la madre delle città": qui convenivano letterati, artisti e atleti che trovavano la via a corte grazie al mecenatismo di Ka'ab. Rabi'e aveva ereditato dal padre sia l'amore per la cultura che per le attività sportive e cavalleresche, primeggiando tanto nell'una che nelle altre. Sapeva poetare in arabo e in persiano, era un'eccellente cavallerizza e arciera, poliedriche attività che attiravano l'invidia di suo fratello Harizh, meno dotato di lei, anche se destinato al trono. Rabi'e amava uno schiavo di palazzo, Bektash, valente atleta che lei aveva notato più volte in azione durante i tornei cavallereschi organizzati dal padre, e a lui dedicava poesie che nascondeva in uno scrigno nella sua stanza. Un giorno lo scrigno fu rubato, e Harish, che nel frattempo era diventato signore di Balkh al posto del padre da lui stesso avvelenato, lesse le poesie, scoprendo così l'amore della sorella per Bektash. Harizh tentò allora di far uccidere il suo schiavo durante un torneo equestre, ma Rabi'e riuscì a intervenire in modo rocambolesco col suo cavallo, sul quale Bektash fuggì. |