A circa duecentocinquanta chilometri a sudest di Marrakesh svetta il versante sahariano dell’Atlante, la catena montuosa che tra i suoi dirupi lunari accoglie gli uadi di argilla rossa, i letti dei fiumi stagionali. Alimentato da sorgenti sotterranee e dal disgelo delle nevi, tra le pieghe del massiccio del Saghro, si snoda uno dei fiumi più leggendari del mondo: il Drâa, che, dopo aver raggiunto il passo Beni Slimane, entra nel Sahara e serpeggia in un’immensa valle alla base dell’Anti-Atlante: la valle delle casbah, un susseguirsi ininterrotto di oasi cinte da palme oltre le quali, nell’accecante ocra dell’argilla, svettano casbah turrite e villaggi di mattoni di terra cruda scavata dalle rive del fiume. Finita la valle, il paesaggio si trasforma in un mosaico di dune e tavolati rocciosi: la Hammada, il territorio dei beduini, degli uomini blu e delle tribù berbere. Vicino alla città spazzata dal vento di Tan Tan, il Drâa termina, infine, il suo corso e si getta nell’Atlantico. Viaggiando in groppa a un mulo e a dorso di cammello lungo l’intero corso del fiume, con compagni d’avventura straordinari (Ali, il pastore di capre e dromedari che indossa con fiera eleganza firwal e fouqiya, turbante nero e veste bianca, e ha studiato storia e geografia all’università di Marrakesh; Noureddine, il mercante in jeans lisi e scarpe di ginnastica incrostate di fango che conosce ogni sentiero della valle; Hassan, il capospedizione che non guarda mai indietro, perché è abitudine dei beduini guardare sempre avanti durante la marcia per non disturbare le funzioni corporali dei compagni di viaggio; Mbari, il Ruhhal che non manca di lodare Dio dopo ogni tempesta di sabbia), Tyler mostra la purezza della vita nella grande valle delle casbah: gli affascinanti corridoi labirintici e i magici cortili, la grande ospitalità dei berberi e la bellezza muta del deserto. Attraverso una scrittura straordinariamente avvincente, emerge l’incanto di un paesaggio dove le oasi di palme brillano al sole come mari di smeraldo, e la vita e la morte, la gioia e il dolore sono questioni sulle quali soltanto Dio può decidere.
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Marvelously entertaining and frequently harrowing, Glory in a Camel's Eye recounts the American travel writer Jeffrey Tayler's dangerous three-month journey across the Moroccan Sahara in the company of Arab nomads. Glory in a Camel's Eye gives us an intimate, often surprising portrait of Saharan Africa: the cultural conflicts between native Berbers and Arabs, the clashes between devout desert-dwelling nomads and their city-dwelling counterparts. Fluent in Arabic, Tayler assembles an image of modern life very much at odds with our Western assumptions. He observes and reports "with eloquence and an eye for the improbable" (Outside). |