Nel gennaio 1914 Karen Dinesen sbarcava nel porto di Mombasa, sposandosi il giorno stesso con il barone Bror Blixen. Nel 1931 ripartiva dall’Africa, col cuore spezzato, dopo aver perso ogni speranza di continuare a reggere la sua piantagione nel Kenya. Fra queste due date avviene un lungo dramma, con intermezzi incantati, che ben conoscono tutti i lettori de La mia Africa. Ma solo queste splendide lettere ai familiari permetteranno di ricostruirlo nella realtà di ogni giorno, nelle oscillazioni fra l’entusiasmo e lo sconforto. E si può dire che, proprio in queste lettere, la Blixen si sia scoperta e messa alla prova della scrittura. Fin dall’inizio, l’Africa fu per lei il luogo dove custodire un «pezzo del cuore, forse il più grande». E insieme era lo scenario dove, come un’eroina impeccabilmente spregiudicata, che pretendeva di essere pronta a «iniziare la tratta dei bianchi, se si aprisse uno spiraglio in quel ramo» e definiva se stessa «una snob eletta da Dio», la Blixen volle esporsi alle potenze congiunte della vita. Il risultato fu una bruciante sconfitta. Ma quella sconfitta, a sua volta, velava appena lo sprigionarsi di una nuova magia: la letteratura. Negli anni africani si compì nella Blixen una mirabile metamorfosi, che possiamo seguire passo per passo in queste pagine, dove la forma epistolare diventa spesso un tenue involucro per accogliere l’urgenza del racconto e della confessione. Per tutto quel tempo si svolse, nel fondo oscuro dei fatti, una lunga, stregonesca operazione di baratto fra la vita della Blixen e la sua arte. «Nessuno è entrato nella letteratura sanguinando più di me» disse una volta la Blixen. Ma, anche se l’esperienza africana fu lancinante di pena, la Blixen continuò a guardarla con gratitudine, assistita dal suo demone: «Di tutti gli idioti che ho incontrato in vita mia – e Dio solo sa che non sono pochi – credo di essere stata la più grande. Ma mi ha impedito di cadere a pezzi un indomabile amore per la grandezza, che è stato “il mio demone”. E ho vissuto una quantità infinita di cose meravigliose. Anche se con altri l’Africa è stata più clemente, io credo fermamente di essere uno dei suoi figli prediletti. Un gran mondo di poesia mi si è dischiuso quaggiù, e mi ha fatto entrare, e io l’ho amato. Ho guardato i leoni negli occhi e ho dormito sotto la Croce del Sud, ho visto le grandi praterie in fiamme, e le ho viste coperte di sottile erba verde dopo la pioggia, sono stata amica di Somali, Kikuyu e Masai, ho volato sopra le Ngong Hills – “ho colto la più bella rosa della vita, e Freja ne sia ringraziata”».
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Karen Blixen (Rungsted, 17 aprile 1885 – Copenaghen, 7 settembre 1962) è stata una scrittrice e pittrice danese che possedeva l'abilità di descrivere le sue storie con semplice chiarezza, e grande talento abbinato ad uno stile del tutto personale. Durante la sua carriera di scrittrice, la Blixen ha usato diversi pseudonimi come: Isak Dinesen, Tania Blixen, Pierre Andrèzel e ancora Osceola; questo largo uso di pseudonimi risultò talmente incomprensibile nell'ambiente letterario del suo tempo che fu causa di pettegolezzi sulla autenticità dei suoi scritti. Ma è col nome del marito che divenne famosa e conosciuta: baronessa Karen Blixen-Finecke. Durante i primi anni della sua vita, Karen crebbe negli agi della sua bella residenza di campagna a Rungsted, a una trentina di chilometri da Copenaghen, con la madre Ingeborg Westenholz, con il padre Wilhelm, a cui era molto affezionata, e col fratello Thomas e le due sorelle. Il padre, un proprietario terriero che partecipava alla vita politica del Paese, si suicidò quando lei aveva solo dieci anni. Ragazza dal carattere estroverso e romantico, Karen non era bella ma possedeva quello che si chiama carisma, e la dote straordinaria di piacere alla gente. Frequenta dal 1903 al 1906 l'Accademia delle Belli Arti di Copenaghen, di Parigi (1910) e di altre città d'Europa. Nel 1907 scrive i suoi primi racconti sotto lo pseudonimo di Osceola, con il titolo Gli eremiti e L'aratore, mentre è del 1909 La famiglia de Cats. Nel 1912 visita anche Roma durante un viaggio col fratello Thomas. Nel 1913, il 2 dicembre, decide di partire per l'Africa insieme al cugino, il barone Bror von Blixen-Finecke col quale nel frattempo si era fidanzata, con lo scopo di acquistare una fattoria, per vivere lontano dalla civiltà e provare nuove emozioni. Nel 1914 sposa il cugino Bror a Mombasa ed insieme acquistano una piantagione di caffè ai piedi delle colline di N'Gong, vicino a Nairobi, e vi si trasferiscono iniziando l'avventura da tanto tempo sognata. Il matrimonio termina nel 1921 con il divorzio e Karen resta da sola a dirigere la piantagione che ormai è la sua ragione di vita. Una grande crisi del mercato del caffè la costringe però a chiudere la fattoria nel 1931 e a far ritorno quindi in Danimarca il 31 agosto dello stesso anno. Non tornerà mai più nella sua amata Africa e si dedicherà con passione alla scrittura. Le resterà sempre però una grande nostalgia per la sua terra africana. Blixen collaborò col giornale di sinistra Politiken come corrispondente da Berlino durante l'anno 1940 e nel 1941 da Helsinki e scrisse Lettera da un paese di guerra. Usando lo pseudonimo di Isak Dinesen scriverà il lavoro che le porterà il successo: Sette storie gotiche, una raccolta di sette racconti pubblicata sia in America che in Inghilterra nel 1934. Tre anni dopo, nel 1937, scrisse quello che resterà il suo capolavoro e col quale resterà famosa nel panorama letterario del XX secolo: La mia Africa, una sorta di diario dove racconta i suoi anni passati in Kenia e i suoi rapporti con la natura e con i nativi del posto dei quali ammira il modo di vivere. Ed è appunto nel romanzo La mia Africa che Karen racconta la storia del suo amore per Denys Finch Hatton, amore che durerà per poco tempo poiché Denys morirà in un incidente aereo il 14 maggio del 1931. Negli anni che trascorse in Danimarca la sua salute fu molto cagionevole e passò lunghi periodi in ospedale a causa di una grave malattia venerea che aveva contratto dal marito. Negli ultimi anni di vita fu costretta a dettare i suoi romanzi alla segretaria a causa della malattia che non le consentiva di stare seduta. La fine arriverà il 7 settembre 1962 all'età di settantasette anni. I suoi ricordi africani, le fotografie e le lettere del suo amato Denys, la sua scrivania e molti oggetti personali sono conservati nella sua casa, divenuta museo nel 1991 grazie agli introiti del film tratto dal romanzo La mia Africa. Nel museo si possono ammirare anche diversi quadri dipinti dalla stessa Blixen. Nel 1968 Orson Welles trasse un film dal suo racconto La storia immortale, contenuto nell'ultima raccolta scritta dalla Blixen, Capricci del destino; La storia immortale è stata anche oggetto di rappresentazioni teatrali. Nel 1982, ad opera del regista Emidio Greco, trova trasposizione cinematografica il raffinato racconto Ehrengard, pubblicato postumo. Fra gli attori Jean-Pierre Cassel e un giovane Alessandro Haber. Da un racconto della raccolta Capricci del destino, Il pranzo di Babette, nel 1987 è stato realizzato il film danese Il pranzo di Babette, vincitore di numerosi riconoscimenti, fra cui l'Oscar al miglior film straniero nel 1988. Dalle pagine del racconto La mia Africa è stato invece tratto nel 1985 il celebre film omonimo, interpretato da Meryl Streep e da Robert Redford, per la regia di Sydney Pollack. Gli eremiti e l'aratore - 1907 La famiglia de Cats – 1909 Ex Africa – 1915 (poesie) Il matrimonio moderno - 1923 Lettere dall'Africa - 1914-1931 La vendetta della verità - 1926 Il pranzo di Babette - 1952 Sette storie gotiche – 1934 La mia Africa - 1937 Dagherrotipi Carnevale e altri racconti postumi Racconti d'inverno – 1942 (undici racconti) Il matrimonio moderno I vendicatori angelici – 1944 Ultimi racconti – 1957 Capricci del destino – 1958 Ombre sull'erba – 1960 Ehrengard - 1963 |