Tratto dal sito di Italia Tibet. L’alpinista austriaco Heinrich Harrer, autore del famosissimo best seller “Sette anni in Tibet” dal quale è stato tratto l’omonimo film diretto da Jean-Jacques Annaud, è morto il 7 gennaio scorso all’età di 94 anni. Arrivò fuggiasco dall’India e si trattenne a Lhasa per oltre cinque anni durante i quali fu anche “maestro di cultura occidentale” dell’attuale Dalai Lama con il quale instaurò un’intima e personale amicizia. Harrer era nato il 6 luglio (stesso giorno del Dalai Lama) del 1912 a Knappenberg in Corinzia. Figlio di un postino, aveva studiato geografia all’Università di Graz. Fu atleta olimpico ai giochi invernali del 1936 nella combinata alpina ma la sua impresa più importante, come alpinista, risale al 1938 e fu l’ascesa della terribile parete nord dell’Eiger (Alpi Svizzere) che gli valse l’incarico, da parte di Himmler e del governo nazista, di guidare la spedizione austro-tedesca alla conquista del Narga Parbat in Kashmir. Siamo nel 1944 e in questo momento comincia la storia che ha reso Harrer famoso in tutto il mondo. Si apre così una delle più affascinanti pagine di avventura del XX secolo. L’arrivo della spedizione a Karachi coincide con la dichiarazione di guerra dei tedeschi all’Inghilterra e Harrer e gli altri sono arrestati dai britannici e incarcerati nel campo di prigionia di Dehra Dun (India del Nord). Da qui, Harrer e il suo compagno Peter Aufschnaiter riescono a scappare, attraversano l’Himalaya percorrendo 2000 chilometri a piedi e arrivano a Lhasa eludendo pericoli, insidie e anche i divieti per i visitatori stranieri. Harrer riesce a guadagnarsi la simpatia dei tibetani ed è accolto nell’alta società fino a diventare confidente e precettore dell’allora giovanissimo Dalai Lama al quale insegna la lingua inglese. Vi rimane fino al 1950, anno in cui il Tibet è annesso alla Cina. Una volta tornato in Europa scrive il libro che lo ha reso oltremodo celebre Jähre in Tibet (Sette anni in Tibet) che viene tradotto in oltre 50 lingue e pubblicato in tutto il mondo. E’ questo tra i più grandi contributi di diffusione della cultura tibetana. Harrer ha poi contribuito alla creazione del "Freunde des Heinrich-Harrer-Museums Hüttenberg" un museo che raccoglie grande parte degli oggetti provenienti dai suoi viaggi e in particolare dal Tibet, paese che nel suo cuore ha sempre avuto uno spazio particolare come testimonia una sua celebre dichiarazione in cui afferma che i suoi anni in Tibet sono stati “i sette anni più felici della mia vita”. La notizia della morte di Heinrich Harrer è arrivata anche ad Amravati dove il Dalai Lama sta impartendo gli insegnamenti di Kalachakra. Sua Santità si è detto profondamente dispiaciuto per la perdita del suo caro amico e maestro di inglese oltre che di cultura europea e ha, ancora una volta, ribadito la sua gratitudine anche per quanto Harrer ha fatto per la causa del Tibet e per la cultura tibetana. Heinrich Harrer, al quale è stata conferita la medaglia della «Luce della Verità» dal governo tibetano in esilio, avrebbe dovuto porre, nel prossimo mese di maggio, la prima pietra del Centro europeo del Tibet nel suo paese natale (Knappenberg). A margine una spiacevole considerazione. I principali giornali di tutto il mondo hanno dato risalto, anche con titoli evidenti, alla scomparsa di Harrer, non li citiamo solo per il fatto che sono davvero tanti. Per contro, da una ricerca di rassegna stampa effettuata, in lingua italiana risultano solo tre (!) articoli: una nota dell’agenzia di stampa Reuters, e altri dei portali internet Caltanet e Swissinfo. Crediamo che dilungarci in un commento al riguardo sia inutile ma non abbiamo potuto fare a meno di notare quanto la stampa italiana sappia essere assente.
Heinrich Harrer, noted Austrian explorer and mountaineer, escaped over the Himalaya from a prisoner-of-war camp in British India with Peter Aufschnaiter and then lived and worked as a fifth-ranked nobleman in the forbidden city of Lhasa. As confident and informal tutor to the young Tibetan leader, the Dalai Lama, Harrer was afforded access to ceremonies and customs that had been rarely witnessed by Westerners.
In the company of the Tibetan nobility, Harrer photographed a virtual family album of their lives, and, in so doing, captured the richness and heart to a people: the moments with friends and family who had long accepted the photographer's eye. The Tibetan's joy at play, the leisure of the nobility, the splendor of the Buddhist rituals, the windswept plains of the high plateau -- Harrer's photographs document with a mountaineer's sense of scale and an explorer's sensitivity to culture.
Heinrich Harrer left Lhasa in advance of the Chinese army in December of 1950. Harrer's memoir, Seven Years in Tibet,has been translated into 53 languages and has sold more than four million copies. In October 1997, a motion picture based on his book, starring Brad Pitt as young Heinrich Harrer, was released to major box-office success and Seven Years in Tibet again soared on best-seller lists around the world.
Harrer has received numerous honors, including the Gold Humboldt Medal and the Explorers Club Medal for his many expeditions and explorations. He has written over 20 books and received credit on over 40 film productions. His body of work spans five decades of exploration over six continents. In addition, Heinrich Harrer has become widely known as an outspoken advocate of human rights. Heinrich Harrer and the exiled Dalai Lama remain steadfast friends. Harrer died on 7th January 2006. |