Flatlandia
Faltlandia è un libro contro il razzismo e i pregiudizi. Marco Vasta "Flatlandia" è stato pubblicato anonimo nel 1882. Abbott vuole spiegare la natura delle tre dimensioni che conosciamo, in modo da prepararci all'eventualità di una quarta dimensione, ancora sconosciuta. Così immagina un mondo a due dimensioni, Flatlandia, dove la terza dimensione è inconcepibile. Ma che cosa succede se un abitante di Flatlandia si rende conto che un'altra dimensione è, non solo concepibile, ma addirittura esistente? Al suo primo apparire, l'opera di Abbott non riscosse particolare attenzione. Ma è nel 1920, nel secolo di Einstein, che inizia ad attirare l'interesse di molti per l'evidente analogia con lo sforzo di comprensione che la teoria einsteiniana portava con sé. Come è noto, infatti, la teoria della relatività aggiunge una quarta dimensione, il tempo. Da allora questo libro è diventato un classico della letteratura, contaminata con la scienza. Prefazione di Claudio Bartocci.
Risvolto edizione 1993 «Il mondo... è una superficie piana come quella di una carta geografica, sulla quale i flatlandesi scivolano senza sovrapporsi. La loro è una società rigidamente gerarchica: la casta più vile è quella delle donne, semplici righette con sulla punta un occhio, come aghi; viste dall’altro estremo, le donne diventano invisibili, così che a loro basta rivoltarsi per scomparire. Se un maschio per caso si imbatte nell’invisibile didietro di una donna, può rimanerne trafitto, per ciò la legge impone alle femmine l’obbligo di dimenarsi sinuosamente, senza sosta, per evitare incidenti» (J. Rodolfo Wilcock).
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Apparso anonimo nel 1882, Flatlandia viene ormai considerato un classico della letteratura fantastica, oltre che una delle prime riflessioni sulla quarta dimensione. Suo estimatore oltranzista fu Giorgio Manganelli: «La lettura di Flatlandia offre un intricato piacere, una felicità perplessa, in cui riconosco tracce di acredine swiftiana, di delirio carrolliano; inoltre, un insieme di candore e di ferocia, una pedante concentrazione tra didascalica e demenziale, una gelida grazia astratta e, qualità più inquietante, un continuo affluire di brividi, di fulminei spasmi, di ammicchi che subitamente si trasformano in criptiche allusioni ad altro. Insieme alla asciutta ilarità del gioco intellettuale avvertiamo nel libro il fiato ustionante del terrorismo logico e didattico; nella sua matematica chiarezza è inesauribilmente ambiguo. Il suo spazio sta tra il bon mot e l'Apocalisse». |