Descrizione della Cina
«Tutto il regno si governa per letterati, come di sopra ho detto, et in essi sta il vero e misto imperio, ai quali sono soggetti tutti i soldati e loro capitani; di tal modo che non vi è Capitano nessuno, sia di quanto valore, di quante migliaia di soldati sotto di sé volete, che non trema e non si abassi inanzi ad un Dottore e mandarino di lettere. E molte volte sono da lui battuti pubblicamente, come tra noi i putti delle scuole: e in tutte le guerre sempre vanno a esse i mandarini letterati, dai quali i capitani sono in tutto governati e diretti nelle battaglie, negli assalti et in tutto quanto hanno da fare. Oltre che i denari della paga de tutti, soldati e capitani, e le vittuaglie dell'essercito, tutto sta in mano de letterati; e di questi fa più caso il Re, che di quanto dicono tutti i soldati e capitani, i quali puoco entrano in conseguo di cose di guerra. E da qui viene che nessuno huomo di animo virile si dà alle armi, e più tosto vuole essere un piccolo mandarino di lettere che di arme; e nel vero, e nella stima e nel guadagno e rispetto che ognuno gli tiene è assai magiore. E, quello che più ci fa maravigliare, è che nel vero sono i letterati di molto più nobile animo e più fedeli allo stato, e che più facilmente nei pericoli morrono per la patria e per il loro Re, che quei che attendono alla guerra; o sia perché le lettere innobiliscono più l'animo loro, o sia che dai loro primi principij questo regno sempre avesse in più riputatione le lettere che le armi, per non esser dati a conquistare altri regni, come fumo sempre i nostri popoli più all'occidente».
Scritto fra il 1609 e il 1610, poco prima della morte dell'autore, il testo di Matteo Ricci che qui pubblichiamo per la prima volta in forma autonoma è stato per secoli il veicolo principale attraverso cui l'Occidente ha conosciuto la Cina. Esso è parte integrante del resoconto scritto dal gesuita al termine della sua trentennale missione in Cina, che lo portò fino alla corte dell'imperatore Wan Li della dinastia Ming. Suddiviso in brevi capitoli, esso descrive l'Impero celeste nei molti suoi aspetti che stupirono, e ancora stupiscono, il lettore occidentale: dalla scrittura per ideogrammi all'arte della stampa, dalla "scoperta" dei ventagli alla medicina cinese, dalla complessa organizzazione dell'impero e della corte alla cerimonia del tè. E ancora: il ruolo dell'esercito, il confucianesimo, le sette religiose e gli eunuchi, il giudizo sulla poligamia, fino alla pratica disinvolta dell'infanticidio (soprattutto delle femmine), e alla mutilazione del piede delle donne, le quali addirittura non ricevevano un nome ma venivano designate con un numero. Per la vastità dei temi affrontati, l'efficacia dello stile che unisce concisione, parsimonia nel giudizio e concretezza anche brutale nelle descrizioni, ed evoca illustri precedenti quali Erodoto, Tacito o Tito Livio, questo libro può essere considerato uno dei capolavori dell'etnografia premoderna.
|