Il viaggio
Il libro di Romano Toppan è una chiave di lettura, per conoscere le trame più sottili e profonde che stanno dietro al viaggio, cominciando dalla semplice costatazione che l’uomo, con la sua innata irrequietezza, ha sempre cercato di andare “altrove” per vivere “altrimenti”. La realtà del viaggio oggi è imponente: secondo le previsioni della Organizzazione Mondiale del turismo, gli arrivi mondiali raggiungeranno, nel 2012, quota 1 miliardo. Il tema del “nomadismo” attuale è diventato una specie di nuova antropologia : homo movens. E lo stesso Dio viene chiamato dall’autore Deus Viator, quasi per significare che persino le verità più assolute si incontrano lungo un cammino, un percorso. Nel primo capitolo, nel quale l’autore dimostra come il “viaggio” sia l’anima della civiltà, l’anima della cultura che trasforma l’ hostis in hospes, il nemico in ospite, dopo aver dato uno sguardo rapido a tutte le forme del viaggio, dall’antichità ai nostri giorni, conclude che le società più dinamiche e creative sono le società che si muovono, che rischiano il cambiamento, che sanno andare “oltre” l’orizzonte del già noto, del sicuro, per affrontare anche i pericoli della novità e della innovazione. L’autore affronta, quindi, il rapporto tra viaggio e formazione della cultura, soprattutto grazie alla letteratura che scrittori e poeti, come Goethe (Il viaggio in Italia, 1786), Montaigne, Proust, Brodskji e infiniti altri, hanno saputo illuminare e rivelare dentro l’esperienza del viaggio e del cammino. Toppan dedica poi alcuni capitoli a scrittori come Goethe, Waugh, Leskov e Bruce Chatwin, per dimostrare come il viaggio sia una scoperta di se stessi, secondo l’affermazione di Guy de Maupassant :“Il viaggio è una porta attraverso la quale si esce dalla realtà conosciuta e si entra in un’altra realtà inesplorata, che assomiglia al sogno”. Nei capitoli successivi l’autore dedica al viaggio e al turismo alcuni saggi monografici : uno sul vino, inteso come segno del territorio e della economia della felicità, uno sull’economia del turismo, che viene definita “gaia scienza”, in contrapposizione alla definizione che di solito si dà all’economia come “scienza triste” (dismal science). Un terzo saggio è dedicato a Venezia, meta di viaggi di quasi tutti i poeti e scrittori del mondo intero , con una reviviscenza del “brand della Serenissima” e delle ragioni della sua magia e del suo incanto. Chiudono il libro altri due brevissimi capitoli sul turismo come “marketing del tempo” (perduto e ritrovato), e come manifestazione dell’era dell’accesso, favorito enormemente dal web, con il quale l’uomo spezza i vincoli del tempo e dello spazio, potendo comunicare in tempo reale con tutto il mondo ed essere “presente” (anche se in modo virtuale) qui e altrove.
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