Evasione in Mongolia
"Non ho mai visto un cielo simile. Non c'è in nessuna altra parte del mondo. Così spalancato, pieno di luce, che non ti senti oppresso a starci sotto, ma libero". Inviato dal "Corriere della Sera" in Cina, Luigi Barzini jr decide, nel '38 di "sconfinare" in Mongolia con un rapido viaggio di pochi giorni. Seguendo in parte l'itinerario percorso nel 1907 da suo padre, Luigi Barzini, e da Scipione Borghese durante il celebre raid automobilistico Pechino-Parigi, il giornalista s'inoltra nelle steppe sterminate diretto verso l'invalicabile frontiera che separa la Mongolia interna cinese da quella esterna russa. Nella sua breve e avventurosa spedizione, Barzini scopre e descrive un paese unico e folgorante. Infinito "mare verde silenzioso", la Mongolia è uno spazio immenso e immoto, abitato da genti fiere "che non vogliono legge, non vogliono tetti, non vogliono campi arati vicino a loro", da un popolo diviso e minacciato, ma memore del proprio passato di dominatore e conquistatore del mondo: una terra di libertà in cui - come scopre lo scrittore - trovano rifugio molti occidentali in fuga dai disvalori, dall'inautenticità, dalle convenzioni soffocanti della moderna civiltà, in un sorprendente tentativo ante litteram di evadere da un modello di vita tanto progretido quanto umanamente degradato.
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