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Il totem del lupo (L'ultimo lupo)

Jiang Rong


Editeur - Casa editrice

Mondadori

Asia
Asia Centrale
Mongolia


Città - Town - Ville

Milano

Anno - Date de Parution

2006

Pagine - Pages

440

Titolo originale

Il totem del lupo

Lingua originale

Lingua - language - langue

Italiano

Ristampa - Réédition - Reprint

2015

Traduttore

Maria Gottardo ; Monica Gorzent

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Il totem del lupo (L'ultimo lupo)

Il totem del lupo (L'ultimo lupo) Il totem del lupo (L'ultimo lupo)  

Ottima recensione di Giovanni Frati su Il Mangialibri.
“Puoi mettere al guinzaglio un cane, un orso, una tigre e persino un leone, ma un lupo no, mai”. Nella Repubblica Popolare Cinese degli anni '60, nel pieno furore della Rivoluzione Culturale, è una prassi normale inviare gruppi di giovani studenti nelle regioni più remote della nazione, affinché possano temprare il loro spirito rivoluzionario al fuoco della povertà, della tradizione e del contatto con la natura. Al timido Chen Zhen e ai suoi compagni tocca lasciare Pechino per uno sperduto altopiano della Mongolia interna. Le tribù nomadi che abitano la regione, discendenti dei feroci guerrieri che agli ordini di Gengis Khan hanno messo a ferro e fuoco l'Asia intera, conducono un'esistenza consacrata alla caccia e alla pastorizia, e hanno una vera venerazione per i lupi, animali fieri e indomabili per i quali invece Chen Zen nutre un terrore profondo. La vita tra le montagne e le foreste farà lentamente cambiare idea al ragazzo...
Di fronte ad un libro come questo, che ha venduto in Cina qualcosa come 1 milione di copie ufficiali e circa 5 pirata, che è stato letto alla radio Beijing Renmin Guangbo Diantai in 100 puntate con un’audience media di 1 milione di persone, che è stato venduto sul mercato internazionale a cifre iperboliche pur senza essere opera di un autore 'maledetto' perseguitato dal regime come spesso deve essere per i romanzi made in China, è doveroso quantomeno sforzarsi di capire. Ad una prima lettura, infatti, le ragioni di un successo così stratosferico sono tutt'altro che chiare. Una fiaba moderna in chiave ecologista, gradevole nell'impianto narrativo ma da uno stile un po' prolisso e retorico quanto basta, personaggi non indimenticabili, diciamo un centinaio di pagine di troppo: qual è allora il segreto di Jiang Rong, anziano professore che ha dedicato tutta la sua vita alla stesura del romanzo e oggi si gode le proficue royalties che un contratto al 10% gli garantisce? Sta tutto - mi pare di capire - nella tesi cultural-antropologica che è alla base del libro.
Anzi, che costituisce l'architrave del libro. Anzi, che costruisce integralmente il libro, visto che fa capolino da tutte le parti, tanto che quando il protagonista contempla una montagna ci si aspetta quasi che appaia in lettere al neon sulle rocce: lo spirito cinese è minato alla base dalla cultura "han", quella di chi rinuncia al nomadismo e alla ferocia per passare alla stanzialità e all'agricoltura, simboleggiata, protetta dal totem del Drago. I mongoli, gente rude e 'vera', hanno invece mantenuto un approccio "langxing", quello del predatore che domina le praterie e conquista, quello che vive sotto il totem del Lupo. Su questa sorta di senso d'inferiorità cinese fa leva l'autore, chiamando i nostri cugini con gli occhi a mandorla alla riscossa, a risvegliarsi dal letargo, a mutare le basi stesse del loro stare al mondo. Tutto questo vi pare un po' lontano, quasi incomprensibile?
Normale, visto che si fa riferimento a parametri culturali assai lontani dai nostri, incapaci di far vibrare le corde profonde che invece hanno toccato nel pubblico cinese. Ci si domanda allora con quale logica le grandi case editrici occidentali abbiano investito così tanto denaro in questo libro, che - intendiamoci - non è certo brutto, ma che comunque ci pare destinato a significativamente minor fortuna sui nostri mercati rispetto a quelli asiatici.

 



Biografia

Pseudonimo di un dissidente cinese (così si narra).