Onsen
Alla ricerca del benessere perduto nelle terme giapponesi Recensione da Il Sole 24 Ore La “cintura di fuoco” è l'arco di 40mila chilometri che percorre le coste del Pacifico ed è segnato da eruzioni vulcaniche e terremoti. La parte più infuocata della cintura di fuoco si trova in Giappone. Il paese del Sol Levante può vantare 108 dei 1500 vulcani ancora attivi nel mondo e il 10% di quelli più pericolosi. Il monte Fuji, simbolo onnipresente nell'iconografia nazionale, è un vulcano, anche se non erutta più dal 1707 e la neve perenne imbianca la vetta dei suoi 3776 metri. I vulcani sono una minaccia, ma rendono fertile il terreno e scaldano le acque nel sottosuolo. Se i turchi hanno il bagno turco, gli svedesi la sauna svedese, i russi la bagna russa, i giapponesi hanno l'onsen. Gli onsen nascono come ribollenti bagni vulcanici, seminascosti in paesaggi rocciosi. Si trasformano in stazioni di sosta dei samurai per il rito dell'igiene e della rigenerazione, in seguito frequentate da un pubblico più ampio. Prima si accedeva tutt'insieme, ora c'è la divisione tra sezione maschile e femminile. Leggo la storia dell'onsen in un libro con fotografie, scritto da Steve Wilde e Michelle Mackintosh, appena pubblicato da L'Ippocampo. Gli autori, una coppia di australiani, hanno scandagliato il Giappone alla ricerca di località termali scrivendo una guida alla “gioia assoluta di immergersi nudi dentro le ataviche acque curative sgorgate dal profondo del sottosuolo giapponese”. Non ci si può immergere se si hanno tatuaggi, ma a volte i giapponesi chiudono un occhio.
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