Nasce a New York City nel 1910, evidenziando una forte sensibilità artistica sin da giovane età. Entra all' University of Virginia nel 1928 che abbandona nel 1929 per un viaggio a Parigi da dove collabora con il quotidiano Herald Tribune. Ritornerà in Francia nel 1931 diventando un fedele del salotto artistico di Gertrude Stein. Nello stesso anno intraprende il primo viaggio a Tangeri. Poi, con gli anni visita Berlino e ripetutamente il Nord Africa (oltre al Marocco anche la zona del Sahara, l'Algeria, la Tunisia). Nel 1938 si sposa con la scrittrice Jane Auer. Gli anni successivi sono quelli della raggiunta maturità artistica, sia nel campo letterario che musicale. Nel 1947 si trasferisce definitivamente a Tangeri. Lui e la moglie diventano punti di riferimento per tutti gli espatriati nord americani che affollano le sponde del mediterraneo: Truman Capote, Tennessee Williams, Gore Vidal, Brion Gysin ed in special modo molti protagonisti della Beat Generation (Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Gregory Corso, Jack Kerouac, Peter Orlovsky). Ad inizio anni sessanta, Paul affianca alla sua regolare attività di scrittore anche quella di traduttore di giovani autori marocchini di cui agevola la pubblicazione negli Stati Uniti. Dopo il decesso di Jane a Malaga nel 1973, Paul rimane a Tangeri, continuando a scrivere, tradurre ed a ricevere artisti ed intellettuali di tutto il mondo che lo venerano per la sua totale indipendenza e per una rara libertà di pensiero, svincolata totalmente dalle tante effimere mode culturali. Nel 1990 appare brevemente nel film di Bernardo Bertolucci ispirato al suo romanzo The Sheltering Sky (Il tè nel deserto). Nel 1991 gli viene riconosciuto il Rea Award per i suoi racconti. Torna brevemente a New York nel 1995 per un festival dedicato ai suoi componimenti musicali. Muore il 18 novembre 1999 all'età di 88 anni, all'Italian Hospital di Tangeri.
Bibliografia parziale in italiano Il tè nel deserto (SugarCo 1965, Garzanti 1989) Lascia che accada (SugarCo 1957, Mondadori 1967) La casa del ragno (SugarCo 1959) M'hashish & Cento Cammelli nel cortile (di Paul Bowles & Mohamed M'Rabet, introduzione di Gianni De Martino, coll. "Universalia amalgamania n. 14", Arcana Editrice, Roma, 1975) La delicata preda. Racconti 1939-1976 (Garzanti 1990) Parole sgradite e altri racconti (Guanda 1990) Senza mai fermarsi: un’autobiografia (Garzanti 1991) Le loro teste sono verdi, le loro mani sono azzurre: scene dal mondo non cristiano (Guanda 1991) In cima al mondo (Anabasi 1992) Troppo lontano da casa (Garzanti 1993) Punti nel tempo(Anabasi 1994) Messa di mezzanotte (Garzanti 1995)
Tratto da www.culturagay.it di Giovanni Dall'Orto
Edito originariamente in "L'amore a Tangeri", Pride e Guide n. 7, gennaio 2000, pp. 22-23. Quando la scrittrice lesbica Gertrude Stein gli disse che lui non era un vero scrittore, Paul Bowles, sorprendentemente, si disse d'accordo con lei. In effetti, la sua attenzione principale all'epoca andava alla composizione di musica. Tuttavia, dopo che nel 1990 Bernardo Bertolucci ha trasformato in un film il suo romanzo Tè nel deserto, tutti conoscono Bowles solo come scrittore, stupendosi del fatto che abbia anche composto musica. Dopo la sua morte, avvenuta il 18 novembre 1999, solo Alberto Arbasino, sulla "Repubblica" del 25 novembre, in un gesto di supremo snobismo lo ha ricordato esclusivamente come musicista, definendo le sue musiche "molto più belle dei suoi libri, e molto più spiritose". Ma questo è stato solo un dispettuccio invidioso verso un rivale di maggior successo e importanza. -------------------------------------------------------------------------------- Bowles era nato a New York il 3 dicembre 1910. Compì gli studi musicali con il compositore gay americano Aaron Copland (1900-1990), che fu per lui più di un maestro, tanto che viaggiarono assieme in Europa. Terminati gli studi Bowles compose diverse musiche per orchestra, che sono tuttora in repertorio, e per tutti gli anni Trenta e Quaranta scrisse musiche per film e per gli spettacoli di Broadway: nel dopoguerra scrisse le musiche di scena per le opere del drammaturgo gay Tennesse Williams. Fino ai trentacinque anni Bowles fu insomma più interessato alla musica che alla scrittura, ma nella seconda metà della vita la parte dedicata alla scrittura e alla traduzione è diventata preponderante, anche se non esclusiva. Bowles si considerava un Romantico dal punto di vista letterario, ma non da quello sessuale. Non condivideva col suo collega Lawrence, ad esempio, la concezione della sessualità come elemento magico, quasi religioso. Per lui la sessualità era un aspetto da vivere molto concretamente, anche se magari "altrove": dal 1931 in poi la massima parte della sua vita si svolse al di fuori degli Usa: in Messico, a Ceylon, nel Sudamerica ma soprattutto a Tàngeri, in Marocco, dove è morto. Tangeri divenne, subito dopo la Seconda guerra mondiale, una specie di mecca per tutti gli irregolare della letteratura americana ed in misura minore anche europea. Governata fino alla decolonizzazione da un condominio di varie potenze europee e amministrata blandamente dalla Spagna, Tangeri fu vissuta come una specie di terra di nessuno dove le autorità non erano troppo esigenti e le marchette indigene molto a buon mercato, specie per chi pagava in dollari. Nel 1937 il ventiseienne compositore Bowles aveva conosciuto a New York la scrittrice Jane Auer (1917-1973), già più celebre di lui, la quale aveva avuto relazioni solo con donne, mentre Paul si era diviso fra uomini e donne. Tra i due nacque una complicità e un'intesa anche fisica, che culminò nel 1938 nel matrimonio (ma secondo il lapidario giudizio di Stefano Malatesta su "la Repubblica" del 19 novembre 1999, "Si erano sposati prima della guerra, lui per sbarazzarsi definitivamente delle donne, lei degli uomini"). La coppia scelse di cambiare continuamente luogo di residenza, fino a quando, nel 1948, Tangeri divenne la base praticamente fissa della loro vita. Qui Jane conobbe una donna araba di cui s'innamorò, (che sarebbe diventata con gli anni la sua riluttante convivente ed esigente "tiranna"), mentre Paul iniziò a frequentare i ragazzi arabi, intessendo negli anni successivi una relazione duratura col pittore marocchino Ahmed Yacoubi (1929-1985). Fu proprio a Tangeri che nel 1948 Paul scrisse, ispirandosi in parte alla vita della moglie, The sheltering sky, pubblicato nel 1949: è il romanzo tradotto in italiano come Tè nel deserto-[1] e trasformato in film. Il libro entrò inaspettatamente nella classifica dei best-sellers mondiali e ciò prevedibilmente cambiò la vita di Paul. Negli anni Sessanta sarebbe anche diventato un libro osannato dai ribelli della "Beat Generation" e il borghese Bowles, suo malgrado, sarebbe diventato un mito e una bandiera della rivolta, letteraria ed esistenziale, propagandata dalla "Beat Generation", nonché un precursore della vita "on the road". Dopo il successo Paul si dedicò in modo preponderante alla scrittura pubblicando nel 1950 The delicate prey-[2], nel 1952 Let it come down[3]e nel 1955 The spider's house. Proseguì anche a comporre, ad esempio la musica di scena per Summer and smoke di Tennessee Williams. Negli anni successivi apparvero racconti, l'autobiografia Without stopping (Senza mai fermarsi-[4],che però Burroughs soprannominò "Senza svelarsi" ritenendola troppo reticente), libri di viaggio, poesie e soprattutto numerose "traduzioni" delle storie raccontategli dal suo nuovo amante, Mohammed Mrabet (1940-viv.), un ragazzo marocchino da lui scoperto e lanciato, con successo, come scrittore. In anni ancora più recenti ha tradotto anche Mohammed Choukri (1935-viv.), autore di Il pane nudo-[5], autobiografia che racconta una vita di prostituto, drogato, carcerato e analfabeta che ha imparato a leggere a vent'anni. Purtroppo dal 1957 al 1973, data della precoce morte, la moglie Jane soffrì con sempre maggiore frequenza di problemi psichiatrici, che avrebbero portato al suo ricovero definitivo in una clinica psichiatrica nel 1969. Da allora Bowles ha vissuto quietamente a Tangeri il resto della sua lunga vita, diventando una figura quasi leggendaria e coltivando con puntiglio una rispettabilità esteriore da gentiluomo d'altri tempi. Ciò lo ho portato a scontrarsi con il suo biografo, Christopher Sawyer-Lauçanno, che Bowles ha accusato d'essersi basato nella sua biografia su "pettegolezzi maligni", nonostante le biografie d'altri personaggi che egli frequentò raccontino di lui dettagli ben più intimi e scottanti.
Per quanto riguarda gli aspetti omosessuali della sua opera, essi non sono tali da permettere di descrivere Bowles come uno scrittore, intenzionalmente o meno, gay. Lascio la parola a quanto Patrick Holland dice di lui nell'enciclopedia Gay and lesbian literary heritage: "Nell'infanzia, Bowles fu molto attaccato ad uno zio omosessuale. Durante un soggiorno presso di lui gli successe di entrare in una stanza in cui degli uomini stavano ballando assieme. Lo zio si arrabbiò e ciò ferì Bowles, che non era stato scioccato da quella vista. L'incidente suggerisce l'atteggiamento di Bowles nei confronti della diversità dei comportamenti sessuali: amava esaminare la sessualità da una prospettiva spassionata, per la sua suggestività psicologica. Questo è il caso del suo più esplicito racconto omosessuale, "Pages from cold point" (1947), in cui un ragazzo cerca di sedurre il padre. "Pages from cold point" appare in un momento di svolta nella vita di Bowles. Nel 1938 aveva sposato Jane Auer, e nel 1947 erano andati a vivere a Tangeri. Jane Bowles aveva pubblicato Two serious ladies (trad. it.: Due signore perbene-[6]) ed aveva esplorato le relazioni gay sia nella vita che nella narrativa. Paul Bowles esplorò meno direttamente le dimensioni psicologiche delle relazioni, e molti lettori preferiscono interpretare il suo fondamentale romanzo Tè nel deserto (1949) in termini esistenzialisti, anche se esso tratta nel nucleo della straordinaria dinamica della sua relazione con Jane, nella quale l'omosessualità di entrambi era rilevante"-[7]. Nonostante tale parere, comunque, è necessario conoscere la biografia di Paul e Jane Bowles per cogliere le allusioni presenti in Tè nel deserto, nel quale la vicenda è del resto completamente inventata e i personaggi sono stati tutti eterosessualizzati. L'omosessualità vi appare solo di sfuggita, con tutte le reticenze prevedibili in un romanzo del 1949: o è riferita al personaggio più spregevole del romanzo oppure agli immorali indigeni arabi. L'autore lascia infatti capire sì che un personaggio, Eric Lyle, ha gusti e frequentazioni omosessuali, ma ne fa uno spregevole masochista. Appare anche una scena in cui Kit è prigioniera d'un indigeno, che l'ha travestita da uomo: le sue tre mogli credono divertite che il marito abbia un ragazzo, e reagiscono solo quando scoprono che invece è una donna. Tutto sommato nulla di più di quello che ci si può aspettare, per reticenza e stereotipi sull'omosessualità, da un qualunque romanzo del 1949. Paradossalmente perciò si ricostruisce più della vicenda di Paul Bowles dalla traduzione di alcune lettere della moglie [8]. Vi appaiono infatti diversi cenni a vicende usate come spunti dal marito nel suo romanzo. Insomma, l'importanza di Bowles per il mondo gay non sta tanto nelle opere pubblicate finora, quanto nella sua appartenenza quasi mitica ad una generazione di celeberrimi scrittori americani tutti omosessuali (William Burroughs, Allen Ginsberg, Truman Capote, Tennesse Williams ed altri ancora) le cui vite si sono incrociate a Tangeri negli anni Sessanta e di cui Bowles era ormai l'ultimo esponente di rilievo sopravvissuto. Egli appare infatti oggi in un numero sempre crescente di biografie di celebri personaggi gay di quegli anni, e non solo in quelle: chi ha visto il film Il pasto nudo di Cronenberg avrà certo riconosciuto in Bowles lo scrittore sposato che circola per Tangeri/Interzona coi suoi amanti arabi, ma è al tempo stesso geloso delle scappate della moglie, a sua volta innamorata d'una donna araba… Non c'è però dubbio che come in molti altri casi di scrittori gay molto attenti a darsi un'immagine esteriore "impeccabile" gli scritti a tema omosessuale esistano, ma siano rimasti chiusi in un cassetto per "prudenza". Ora che Bowles è morto, possiamo infine aspettarci che molte sorprese escano da quei cassetti.
da "sistema musica" (vedi link sottostante) Paul Bowles: parole e musica per una vita senza mai fermarsi di Luca Scarlini
Paul Bowles è un personaggio mitico della cultura novecentesca, ma proprio il fascino nettamente autobiografico del suo lavoro, il cortocircuito tra vita e opera, a cui si deve il suo successo e la continua riproposta delle sue pagine narrative, aumentata esponenzialmente dopo la versione cinematografica de Il tè nel deserto firmata da Bertolucci, in realtà cela un'identità complessa che non può certamente essere rubricata sotto la voce "esotismo" o ancora più banalmente sotto l'etichetta "trasgressione". Sembra quasi che lo scopo principale del suo percorso sia stato nascondersi sotto un'immagine volutamente semplificata, in perfetta consonanza con il Leitmotiv dei suoi scritti: gli artisti debbono coltivare la privacy e non rivelarsi se non per quanto strettamente necessario. Di fatto l'identikit intellettuale di Bowles è estremamente sofisticato e complesso, sospeso com'è tra mondi ed espressioni diverse con un continuo pendolarismo tra scrittura e musica. Proprio quest'ultima, anche se quantitativamente è l'aspetto più cospicuo della sua opera, in realtà non ha avuto per molto tempo adeguata considerazione. Dopo aver cominciato precocemente a scrivere pubblicando sulla rivista d'avanguardia "Transitino" edita da Eugene e Marie Jolas, Bowles, diciottenne, lascia l'università e fugge a Parigi per sviluppare la propria educazione artistica. Qui si dedica a una serie vertiginosa di incontri con i protagonisti dell'avanguardia (di cui dà fedelmente conto nella sua movimentata autobiografia Senza mai fermarsi) e soprattutto stringe un'amicizia duratura con Gertrude Stein che sarà sua consigliera e punto di riferimento fisso di un itinerario esistenziale à bout de souffle. Allo stesso tempo si rafforza la sua volontà di essere un compositore, che lo porta a proporsi come allievo a Prokof'ev (anche se poi abbandonerà repentinamente l'idea) e a sviluppare una relazione amicale e professionale strettissima con Aaron Copland, che svolgerà con lui un ruolo indefesso di didatta. Nel 1931 l'esordio in pubblico alla Aeolian Hall di Londra con una Sonata per oboe e clarinetto decisamente influenzata dalle rivelazioni ritmiche di Stravinskij e del Gruppo dei Sei (Satie e Poulenc in testa), primo capitolo di un percorso tortuoso che ha numerosi elementi di interesse. In una produzione quantitativamente ampia che segue un iter frastagliato, di pari passo alle risoluzioni esistenziali nomadi che lo portano in giro per il mondo, sono in evidenza alcuni punti fermi. In primo luogo la centralità della letteratura come momento di partenza della creazione, secondo un meccanismo ricorrente nella produzione USA novecentesca (basti citare in ordine sparso la memorabile collaborazione Stein-Virgil Thompson articolata in gioielli come Capital Capitals o soprattutto Four Saints in Three Acts, l'efficace Regina di Marc Blisztein a partire da Piccole volpi di Lillian Hellmann e il magnifico Candide di Leonard Bernstein), che lo vede attratto da Saint-John Perse (Pages d'Anabase, davvero incisive), Jean Cocteau, Gertrude Stein, e soprattutto Garcia Lorca, scoperto precocemente e amatissimo, cui dedicò la splendida zarzuela surrealista The wind remains tratta dal lavoro più visionario del poeta spagnolo Asi que pasen cinco años, eseguita una sola volta nel 1941 (direttore Leonard Bernstein e coreografo Merce Cunningham) e poi ripresa nel 1995 a New York dall'Eos Ensemble. È lui l'autore che torna più spesso nel suo catalogo, con numerose song e con il progetto incompiuto di musicare Yerma, ma la sua carriera di compositore, in cui brillano collaborazioni con artisti del calibro della moglie Jane Bowles, Hans Richter (per il bel film surrealista Dreams That Money Can Buy) e Salvador Dalì (il balletto Colloque sentimental del 1941), gli ha dato notorietà soprattutto come autore di "incidental music", pratica anch'essa molto diffusa in ambito statunitense, a cui afferiscono autori diversi tra loro come Copland, Roger Sessions o Elliot Carter che ottenne notorietà nel 1936 proprio con una colonna sonora per la Mostellaria di Plauto. La qualità e la quantità delle sue collaborazioni è sbalorditiva; i nomi sono quelli dei protagonisti del teatro novecentesco, con alcune presenze ricorrenti, tra cui è soprattutto in evidenza Tennesse Williams, con cui lavorò anche alla traduzione inglese dei dialoghi di Senso di Visconti e di cui musicò gli spettacoli da Un tram chiamato desiderio fino al visionario Carretto del latte non ferma più qui del 1962, Lilian Hellmann, William Saroyan, Thornthon Wilder, Josè Ferrer (per il celeberrimo Cirano poi portato sullo schermo) ed è indubbio che un ruolo altrettanto importante ha avuto la collaborazione con Orson Welles, con cui ha partecipato all'innovativo Project 891 del Federal Theatre, firmando le partiture del fortunato Horse eats hat (da Il cappello di paglia di Firenze di Labiche) e di un mirabolante Doctor Faustus di Marlowe in cui il geniale attore-regista aveva impiegato largamente la sua abilità come prestigiatore. Infine, dopo oltre un quindicennio di dedizione a Broadway (con numerosi lavori anche come traduttore, tra cui sono da segnalare le prime versioni americane de La pazza di Chaillot di Giraudoux e di A porte chiuse di Sartre), nel 1949 giunge il successo internazionale de Il tè nel deserto e la scelta di vivere a Tangeri, dove diviene il punto di riferimento dell'avanguardia internazionale e dei beatnik in fuga dal conformismo a stelle e strisce. Da quel momento l'attività come compositore diminuisce e la scrittura prende il sopravvento, nascono i racconti (certo le sue pagine migliori e più intense, anche a detta di Gore Vidal, tra i maggiori esegeti dello scrittore), gli appunti di viaggio, i romanzi e Bowles stabilisce un contatto sempre più diretto con la cultura marocchina. Traduce infatti le opere di Mohammed Mrabet (The Big Mirror, Beach Cafè e The Voice) e agisce come etnologo, censendo le storie popolari raccolte in M'hashish e svolgendo per conto della Biblioteca del Congresso di Washington un enorme lavoro di catalogazione e ricerca sulle musiche magrebine, di straordinaria rilevanza culturale. Non pochi sono stati nel Novecento gli autori che hanno unito musica e parola nella loro arte (basti citare Alberto Savinio o Ezra Pound), ma mai come nel caso di Paul Bowles è riscontrabile una altrettanto forte dicotomia di ispirazione. Le sue composizioni, infatti, hanno dei tratti formali ricorrenti: la brevità, la scelta di organici ristretti e di tessiture strumentali esili, in contrapposizione con le linee principali della cultura musicale USA coeva, mentre nelle pagine narrative trionfa il canto spiegato ed è rilevante che, spinto da Aaron Copland ad affrontare un impegno di maggiore respiro che avrebbe dovuto essere una classica sinfonia, in realtà compose nel 1932-33 una Suite for Small Orchestra che sembra né più né meno una partitura cameristica allargata, per cui auspicava peraltro la dizione di "concerto aperitivo" anticipando di decenni il concetto di lounge-music. D'altro canto anche nei brani più ambiziosi, come il Concerto per due pianoforti e orchestra del 1949, commissionato da Robert Gold e Arthur Fizdale, resta sempre un distacco rispetto alla materia musicale ed è evidente la ricerca di sonorità ellittiche. Spesso nei due ambiti tornano gli stessi motivi ispiratori: il Messico ad esempio è una presenza ricorrente, ma è evidente che il trattamento degli input offerti dal paese latinoamericano varia in modo significativo. In Pastorela, un balletto composto nel 1947 per il coreografo Lincoln Kirstein, Bowles si ispira con effetti precisi di colore locale, ma senza mai cadere nelle trappole dell'esotismo (secondo il modello lanciato autorevolmente dal suo maestro Copland, basti pensare al delizioso Danzon cubano), alle musiche tradizionali delle feste prenatalizie nelle posadas, ma se qui la definizione è leggera, trasparente, lo stesso mondo torna nella sua opera narrativa segnato da ben più fosche tinte, come accade nel bel racconto Doña Faustina del 1949, crudele storia di una rapitrice di bambini a scopo esoterico, tra le punte della sua produzione narrativa. Bowles d'altra parte ha sempre detto di aver lavorato nei due campi con assoluta separazione e che nell'opera letteraria la violenza è presente per necessità, come sempre accade quando si narrano storie di persone che agiscono in una quotidianità scandita dal contrasto. In sintesi, la sua attività come compositore, recentemente riscoperta, brilla come un capitolo affascinante della storia degli "americani a Parigi", così ben narrata da Robert McAlmon nella sua autobiografia Being Geniuses Together e costituisce un repertorio eclettico che ingloba in sé spunti diversi non escluso il jazz, sempre con una scelta precisa verso una dimensione narrativa. Bowles si occupò di musica con molti ruoli diversi; fu anche editore (il suo mitico marchio parigino degli anni '30, le Editions de la Vipère, pubblicò le sue composizioni e quelle di Virgil Thomson) e, per cinque anni, fu recensore dell'"Herald Tribune". Due vite, quindi, e due carriere, entrambe degne di interesse, che restano sempre segretamente in contatto. Se, infatti la musica ha una interna direzione verso il racconto, la prosa, tra le più cristalline e crudeli del repertorio anglosassone del Novecento, definisce partiture ritmiche e scandisce le esplosioni di dolore e violenza come un crescendo. Infine, le sue composizioni hanno un curioso leit-motiv: una conclusione in diminuendo, fino alla scomparsa del suono. L'autore ha descritto questa sua modalità come uno "sneaking out through the door", ovvero uno sgattaiolare fuori dalla porta e lo stesso è accaduto alla sua musica, rimossa e negletta per lungo tempo, che ha invece la grazia di un teatrino surrealista delle marionette disequilibrato e sbilenco, talvolta con tonalità acide, ma più spesso distese, per cui resta valida la definizione data dallo stesso autore per presentare la sua Suite: "musica dolce, certo, ma come lo sono i cioccolatini avvelenati". |