La prima spedizione italiana attraverso i Pamiri (1929)
Ho incontrato per la prima volta Edvige Toeplitz grazie ad un amico bibliofilo che mi ha inviato un estratto di Visioni orientali riguardante il monastero di Lamayuru visitato nel corso di un viaggio in Ladakh. Quello fu il suo primo contatto con il Buddhismo tibetano, una conoscenza approfondita in un viaggio successivo dal Sikkim a Lhasa. L'ho ritrovata questa primavera quando è stato riaperto ai turisti il valico fra Tagikistan e Kirgisistan e veniva rimodellato il tragitto del viaggio Pamir 4x4 di Avventure nel Mondo. Mi sono così procurato La prima spedizione italiana attraverso i Pamiri (1929) scritto in lingua italiana da Toeplitz.. Fin dalle prime pagine mi sono ritrovato in valli che ben conoscevo avendole solcate con il Pamir Orientale Trek ed in altri tre viaggi. Da quanto pubblicato non è chiaro quale potesse essere l'interesse della Società Geografica ad approfondire e la conoscenza del Lago Zurkul e delle sorgenti dell'Oxus. Il viaggio più importante e conosciuto di Jadwiga Mrozowska (Edvige Toeplitz Mrozowska) fu la spedizione italiana in Asia centrale nel 1929. La Reale Società Geografica Italiana le affidò l'organizzazione di una spedizione sui Monti Pamir, nelle zone montuose situate al confine degli odierni Tagikistan, Kirghizistan, Afghanistan e Cina. Lo scopo della missione era esplorare aree poco conosciute delle montagne del Pamir, principalmente l'area attorno al lago Zorkul. Il viaggio programmato era complicato dalla situazione politica legata all'affiliazione della regione all'URSS. Tuttavia, Toeplitz Mrozowska riuscì a ottenere i permessi necessari e ad assicurarsi i finanziamenti per la spedizione. Probabilmente non era insignificante il fatto che a Mrozowska fosse stato concesso il permesso di entrare in Russia grazie ai contatti personali di suo marito con Maksim Litvinov, che dal 1921 era vice commissario per gli affari esteri dell’URSS. Il permesso prevedeva l’assistenza da parte delle truppe e dei funzionari sovietici in tutto il territorio attraversato dalla spedizione sotto la giurisdizione sovietica, che i partecipanti ebbero l’opportunità di apprezzare molte volte. Edvige Toeplitz Mrozowska conosceva la Russia ed in passato era stata anche a Mosca. Nella sua relazione non accenna all'avvicinamento, avvenuto probabilmente con la ferrovia fino a Baku e poi, traghettati sul Mar Caspio, a Krasnovods, capolinea della nuova ferrovia che un paio di anni prima era arrivata fino ad Osh attraverso Kokand e Tashkend via Askabad, Bokhara e Samarcanda. Il tragitto era stato compiuto nel 1894 da Felice De Rocca, anch'egli socio della Reale Società Geografica, che giunse in Pamir in forma privata ed il suo resoconto era uscito sul Bollettino della Società 1894 (Il Pamir e le regioni adiacenti. Relazione di viaggio). Il gruppo di viaggiatori era composto dal sacerdote prof. Giuseppe Capra dell'Università di Roma, dal sig. Vicich, funzionario dell'Ambasciata italiana a Mosca, interprete e conoscitore dei Pamiri fino a Horog (Khorog), dal sig. Dorn, operatore cinematografico russo e sei portatori locali {saliti a dodici durante le marce), da dodici cavalli da soma e sei da sella, da due asini e -da due cani. La traversata di due mesi (dal 2 giugno al 7 agosto) si rivelò molto faticosa. I partecipanti alla spedizione percorsero oltre 1.800 chilometri a piedi e a cavallo. Soffrivano il freddo, spesso la fame, la mancanza di ossigeno ad un'altitudine superiore ai 4.000 m sul livello del mare, attraversavano pericolosi sentieri e passi di montagna ed erano esposti anche agli attacchi dei banditi (in realtà i basmachi erano guerriglieri russi bianchi e/o musulmani che si opponevano al nuovo regime bolscevico, tant'è che nel vicino Turkestan orientale, la leggenda narra che fosse guidata da El Lawrence...). La missione raggiunse altitudini molto elevate, fino ai 4353 metri della meta, e fu durissima, soprattutto per le condizioni atmosferiche e per l’altitudine. La spedizione sulle montagne del Pamir si rivelò un enorme successo. I suoi partecipanti, guidati da Jadwiga Toeplitz-Mrozowska, completarono la missione loro affidata: disegnando una mappa più accurata dell'area esplorata, tracciando nuovi sentieri e descrivendo luoghi precedentemente inaccessibili agli esploratori europei. Da Osh i nostri intrepidi viaggiatori percorsero il tracciato di quella che oggi è il tratto kirghiso-tagiko della M41 valicando le montagne e raggiungendo Murgab (allora Post Pamirski) e quindi spingendosi fino ad Alichur. Valicando ancora le montagne, raggiunsero e studiarono il lago Zurkul (detto anche Vittoria). Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi, tuttavia, dovette ripagare ogni fatica, perché davanti al lago Zorkul, sorgente del fiume Amu Darja, Edvige scrisse: «L’aria è di una trasparenza prodigiosa, il lago luccica ai raggi del sole cadente e riflette i monti nevosi». Dalle sorgenti dell'Oxos, la spedizione punta direttamente a nord e valica le montagne su un nuovo percorso non rilevato dai russi e scende in una valle "inesplorata" per raggiungere Murgab. Lo scritto di Mrozowska non fornisce coordinate geografiche indicando solo i nomi tradotti dalla mappe russe, ma, grosso modo, si può individuare quelle che viene da lei battezzata Valle Italia, toponimo poi riconosciuto dal governo sovietico. Le difficili condizioni di viaggio misero a dura prova la salute di Toeplitz-Mrozowska, allora quarantanovenne. Nella sua autobiografia Sunny Life, l'autrice ricorda che subito dopo il suo ritorno pesava solo 40 chilogrammi. Tuttavia si riprese rapidamente e nel 1930 pubblicò un resoconto del suo viaggio a Roma, presto tradotto in polacco e pubblicato a Lviv con il titolo Moja wyprawa na Pamiry w roku 1929 (La mia spedizione al Pamir nel 1929). Venne invitata a conferenze sui suoi numerosi viaggi e come scrittrice ha preparato ulteriori articoli e libri su questo argomento. La Società Geografica Italiana ha onorato la viaggiatrice con un distintivo d'oro (per la prima volta assegnato a una donna!) e il passo appena scoperto prese il nome dal leader della spedizione (italiana: Passo Edviga Toeplitz-Mrozowska) mentre la valle percorsa in discesa venne chiamata Valle Italia, come riportato il 3 maggio 1931 dal “Corriere della Sera” dove apparve la seguente notizia: Il Comitato Centrale esecutivo ha deliberato di dare il nome di Valle Italia alla zona situata nella regione di Pamir fra il 37 grado 42 primi e il 37 grado e 49 primi di latitudine nord e il 74 grado di longitudine est. La deliberazione dice che tale denominazione è stata data in onore della spedizione italiana che scoprì la valle nel 1929. Il nome di Valle Italia fu già scelto da Edvige Toeplitz-Mrozowska nel luglio del 1929, quando l’ardita esploratrice, che guidava la prima spedizione italiana nell’Altipiano dei Pamiri, scoprì una valle non indicata da alcuna carta topografica e sconosciuta agli stessi indigeni dei luoghi meno lontani.
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Jadwiga Mrozowska nacque nel 1880 a Janowice, in Polonia, ma la sua storia è legata anche all’Italia: sposò infatti Jósef Toeplitz, amministratore delegato della Banca Commerciale Italiana e proprietario di Villa Toeplitz a Varese, dove vissero entrambi a partire dal 1918. Edvige, come amava farsi chiamare italianizzando il proprio nome, grazie alla stabilità finanziaria garantita dall’incarico del marito, poté viaggiare ed esplorare il continente asiatico, principalmente nelle sue regioni più impervie e remote. La spedizione più importante fu quella che la vide a capo di un gruppo che nel 1929, su incarico della Società Geografica Italiana, partì alla volta del Pamir (la regione dell’Asia centrale orograficamente identificata da un vasto ed elevato massiccio montuoso, esteso nella parte orientale del Tagikistan, ma anche nelle aree limitrofe di Afghanistan, Cina e Kirghizistan), per esplorare le sorgenti del fiume Amu Darja. La missione raggiunse altitudini molto elevate, fino ai 4353 metri della meta, e fu durissima, soprattutto per le condizioni atmosferiche e per l’altitudine. Lo spettacolo che si presentò ai loro occhi, tuttavia, dovette ripagare ogni fatica, perché davanti al lago Zorkul’, sorgente del fiume Amu Darja, Edvige scrisse: «L’aria è di una trasparenza prodigiosa, il lago luccica ai raggi del sole cadente e riflette i monti nevosi». Edvige, una volta rientrata in Italia, tenne numerose conferenze in giro per l’Europa: tutti volevano conoscere la storia di questo viaggio straordinario, che aveva permesso di esplorare zone mai raggiunte in precedenza. Morì nel 1966 e ora riposa accanto al marito nel cimitero di Sant’Ambrogio Olona nei pressi di Villa Toeplitz. |