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Dimore umane santuari divini

Origini, sviluppo e diffusione dell'architettura tibetana

Mortari Vergara Paola


Editeur - Casa editrice

Bagatto Libri

  Asia
Tibet
Himalaya


Anno - Date de Parution

1987

Titolo originale

Dimore umane santuari divini. Origini, sviluppo e diffusione dell'architettura tibetana

Lingua originale

Lingua - language - langue

Italiano


Dimore umane santuari divini Dimore umane santuari divini  

I buddhisti tibetani considerano le immagini principalmente come supporti religiosi e secondariamente come opere d'arte. Le immagini buddhiste mirano a migliorare il proprio karma guadagnando meriti in vista di esistenze future, a rimuovere ostacoli e a creare benessere. La loro commissione può essere causata da varie circostanze, tra cui malattia e morte, oltre alla necessità di una specifica pratica religiosa. Poiché sono principalmente espressioni di fede, la loro età ha un'importanza limitata e la loro originalità quasi nulla: un'immagine religiosa è valutata meno per la sua rarità e valore estetico che per le sue virtù apotropaiche e per la sua particolare connessione con un luogo sacro o un maestro. Quindi l'applicazione dei criteri estetici occidentali post-medievali all'apprezzamento dell'arte tibetana dovrebbe essere completata da un apprezzamento del significato religioso specifico di un'immagine, dall'interpretazione del suo particolare simbolismo e dall'obiettivo del suo cliente all'interno dello specifico contesto culturale e storico in cui è stata prodotta.
Questo saggio è preceduto da un'introduzione storica che delinea lo sviluppo dell'arte e dell'architettura buddhiste in Tibet dal VII secolo a oggi, menzionando il ruolo svolto dagli artisti stranieri, per lo più Newar della valle del Nepal, e soffermandosi su monumenti particolarmente significativi, come il monastero di Sàmye (VIII secolo) e il Grande Stupa di Gyantsé (XV secolo), che rappresentano i due momenti più alti nella storia dell'arte e dell'architettura religiosa tibetana, essendo il Pòtala fondamentalmente un palazzo fortificato.
La prima sezione, sull'arte buddhista tibetana, tratta di iconografia e iconometria, nonché di materiali e tecniche, contrapponendo l'approccio prevalente all'argomento da parte di collezionisti e persino storici dell'arte, a quello di maestri e devoti buddhisti, sottolineando l'importanza della consacrazione delle immagini, senza la quale queste ultime rimangono prive di valore dal punto di vista religioso.
La seconda sezione, sull'architettura buddhista tibetana, tratta della costruzione di edifici religiosi, dei loro materiali, delle loro funzioni religiose e del loro simbolismo. Sebbene gli stupa siano menzionati in tutto l'articolo, vengono trattati in modo particolare in questa sezione.
Nella prima sezione prevalgono i termini sanscriti, sia nella trascrizione fonetica che nella traslitterazione, perché la terminologia pertinente è in gran parte la traduzione tibetana di termini buddhisti indiani; nella seconda sezione prevalgono i termini tibetani nella trascrizione fonetica e nella traslitterazione, tranne nella parte che riguarda lo stupa.

 


Recensione in altra lingua (English):

Tibetan Buddhists view images primarily as religious supports and secondarily as works of art. Buddhist images are aimed at improving one’s karma by earning merit in view of future existences, at removing obstacles, and at creating wellbeing. Their commissioning may be occasioned by various circumstances, including illness and death, besides the need for a specific religious practice. Since they are primarily expressions of faith, their age has a limited importance and their originality hardly any: a religious image is valued less for its rarity and aesthetic value than for its apotropaic virtues and for its particular connection with a holy place or master. Hence the application of Western post-Medieval aesthetic criteria to the appreciation of Tibetan art ought to be complemented by an appreciation of the specific religious meaning of an image, the interpretation of its particular symbolism, and the aim of its client within the specific cultural and historical context in which it was produced.
This article is preceded by a historical introduction sketching the development of Buddhist art and architecture in Tibet from the 7th to the present century, mentioning the role played by foreign artists, mostly Newars from the Nepal Valley, and dwelling on particularly significant monuments, such as the monastery of Sàmye (8th century) and the Great Stupa of Gyantsé (15th century), representing the two highest moments in the history of Tibetan religious art and architecture, the Pòtala being basically a fortified palace.
The first section, on Tibetan Buddhist art, deals with iconography and iconometry as well as materials and techniques, contrasting the prevalent approach to the subject by collectors, and even art historians, with that of Buddhist masters and devotees, pointing out the importance of the consecration of images, without which the latter remain worthless from a religious point of view.
The second section, on Tibetan Buddhist architecture, deals with the construction of religious buildings, their materials, their religious functions and their symbolism. Although stupas are referred to throughout the article, they are dealt especially in this section.
Sanskrit terms, whether in phonetic transcription or in transliteration, prevail in the first section because the relevant terminology is largely the Tibetan translation of Indian Buddhist terms, Tibetan terms in phonetic transcription and transliteration prevail in the second section, except in the part dealing with the stupa.