Everest 1996
scheda di Bonino, P. L'Indice del 1999, n. 10
Il libro tratta delle vicende delle sfortunate spedizioni all’Everest del maggio 1996. Circa quattrocento alpinisti assediavano la montagna in quel periodo, e una cinquantina di essi facevano parte di due spedizioni commerciali, che tentavano la via classica della cresta Sud-Est dal ghiacciaio del Khumbu. Si tratta della via dei primi salitori del 1953, Hillary e Tenzing. La spedizione commerciale cui apparteneva Bukreev, con a capo l’americano Scott Fischer, era quella di Mountain Madness; l’altra spedizione, di Adventure Consultants, aveva a capo il neozelandese Rob Hall. I morti sono stati sei: uno sherpa durante l’installazione del Campo 3 per problemi di adattamento alla quota, gli altri cinque per il maltempo; tra questi due clienti, una guida e i due capispedizione. La tragedia è avvenuta durante la discesa dalla vetta al Campo 4 del Colle Sud. Coautori di Everest 1996 sono Anatolij Bukreev, guida di punta della prima spedizione, e G.W. De Walt, scrittore e regista specializzato in inchieste e interessato ai rapporti tra uomo e ambiente. Lo stesso De Walt ha condotto le interviste e ha raccolto le testimonianze delle guide e di altri partecipanti. Il libro è un resoconto probabilmente molto aderente ai fatti reali: si coglie la determinazione e la volontà di descrivere unicamente ciò che è accaduto. Il racconto, più gaio e disinvolto nella prima parte, che tratta dei preparativi, si fa via via più stringente e puntuale nei capitoli che descrivono la salita alla vetta, e diventa quasi ossessivo nella descrizione della discesa e dei tentativi di salvataggio dei dispersi. Come Bukreev afferma più volte, in condizioni così estreme i margini di sicurezza sono quasi inesistenti. Nessuna guida, quindi, per quanto capace, può essere in grado di garantire la sicurezza dei clienti. Questa è la risposta di Bukreev ad Aria sottile, di Jon Krakauer (Corbaccio, 1998; cfr. "L’Indice", 1998, n. 5), in cui vengono descritti i medesimi avvenimenti da un’altra angolazione. Nel libro di Krakauer non viene riservata una trattazione leale al comportamento di Bukreev in occasione della tragedia, né si tengono in opportuna considerazione le sue testimonianze. Anzi, quasi si insinua che non abbia dedicato sufficienti cure e attenzioni ai suoi clienti. Proprio lui che ha effettuato, da solo nella notte e nella bufera a 8000 metri, il salvataggio di tre clienti dispersi. Krakauer era un cliente della seconda spedizione, ed era stato inviato come giornalista dalla rivista "Outside". Si è senza dubbio lasciato prendere la mano da interpretazioni retrospettive degli avvenimenti, forse anche facilitato dai ricordi viziati a causa dello stato di ipossia indotto da quelle quote. In Aria sottile la vicenda è trattata come in un romanzo, in cui è bene ci siano tutti gli ingredienti per non deludere le aspettative del pubblico: i buoni, i cattivi, la tragedia, i morti e i sopravvissuti.
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Anatolij Bukreev, è stato uno dei più grandi scalatori d'alta quota degli ultimi anni. Nativo di Korkino negli Urali e residente ad Alma Ata nel Kazakistan, dopo la disgregazione dell'Unione Sovietica viveva prevalentemente negli Stati Uniti e in Himalaya dove lavorava come guida per le spedizioni. Aveva al suo attivo venti salite su cime di ottomila metri, quasi tutte compiute senza ossigeno, molte da solo e in tempi di record. Sull'Everest era salito quattro volte. È morto nel 1997 a 39 anni, travolto da una valanga sull'Annapurna.
Geston W. Dewalt, scrittore e regista di film documentari, specializzato in temi sui diritti umani e i rapporti tra l'uomo e l'ambiente, con particolare inclinazione per la ricerca e la denuncia di verità scomode. Il suo film "Genbaku Ski: killed by the Atomic Bomb" ha costretto il Dipartimento della Difesa americano ad ammettere ufficialmente che nel bombardamento atomico di Hiroshima avevano perso la vita molti prigionieri di guerra americani. Divide il suo tempo tra Santa Fe nel Nuovo Messico e Londra. |