Abbandonata Fatehpur Sikri per Lahore, nel 1585, l’imperatore Akbar ritornň poi ad
Agra nel 1599 per morirvi sei anni dopo. Aveva giŕ progettato e iniziato a costruire la propria
tomba, scegliendo un sito nei dintorni del Baradari, un palazzo in rovina costruito dal
Sikandar nel 1502, quando aveva lasciato Delhi; da qui il nome Sikandra del distretto. La
tomba non era terminata alla morte di Akbar. Il diario di Jahangir riferisce di continue modifiche
al progetto. L’idea di Akbar e le sue speranze in un’unificazione culturale dell’impero
emergono chiaramente qui come a Fatehpur Sikri. Nella costruzione della tomba-giardino
moghul (del tipo del Taj Mahal), Akbar espresse le idee della sua Din-i-Ilani (religione di Dio).
Si trattava di una mescolanza di pensiero hindui, musulmano, sikh e cristiano, basata su una
sorta di liberalismo mistico. Egli fece battere moneta con l’ambiguo motto della nuova religione:
“Allahu akbar”, che significa sia “Dio č grande”, sia “Akbar e Dio”. Akbar si considerava
capo spirituale e temporale, idea che fu propagata da due cortigiani a lui vicini.
Sin dall’inizio, la tomba fu oggetto di culto sia per gli Hindu che per i Musulmani. La pietra,
proveniente da cave vicine a Fatehpur Sikri, fu utilizzata secondo la tradizione indiana,
tagliata a tavole, come legno. Il grande portale č riccamente intarsiato con motivi geometrici
e floreali policromi. Il medico-ciarlatano italiano Niccolao Manucci, morto in India nel
1717, corse a vedere le raffigurazioni della croce, della Vergine e di Sant’Ignazio, prima che
Aurangzeh le cancellasse (ma egli sosteneva che erano state inserite originariamente per la
loro «novitŕ... non per motivi religiosi»32). Aldilŕ della porta, dei vialetti conducono alla
tomba attraverso il parco, dove giocano le scimmie e pascolano i cervi all’ombra dei magnifici
alberi. Ignorate il brutto restauro delle mura esterne e salite sino al tetto (talvolta si č
autorizzati a farlo) di questa esotica torta nuziale a gradini, per vedere sia il cenotafio di
Akbar con l’iscrizione “Allahu Akbar” (Dio č grande) sia, attraverso le eleganti grate marmoree
di Jahangir, i panorami stupendi.