3-19 Febbraio 2024
le spiagge e i templi di Puri e Konarak, le tribù primitive
dell’India Orientale
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Vittorio Kulczycki ed un
partecipante al primo gruppo in Orissa. AnM n° 3 1981 |
Presentare l'India con la
ormai classica definizione di Terzani, è abbastanza abituale e diffuso, ma non è fra le mie preferite. Vado in India
saltuariamente così come Mallory scalò l'Everest "Perché è là" e questo viaggio mi attrae da anni, più delle aree tribali del Nord Est.
Non so quale sia la vera India. Quella di Kipling o quella raccontata da Naipul?
L'India di Lapierre o quella di Narayan? Quella di Gandhi o quella di
Modi?
La mia curiosità è nata anni fa. da una copertina della
rivista Avventure nel Mondo, allora in bianco e nero: ritraeva una donna con
una imponente collana che le cingeva il collo quasi come una sciarpa. Ora,
dopo anni di viaggi, l'immagine è tornata alla mente ed ho
l'occasione di raggiungere quelle terre.
Se
pensi che il nostro sia un viaggio di mare, non perdere tempo a contattarmi. L'Orissa
ospita alcuni dei templi più venerati dagli hindū ma soprattutto vi abitano
popolazioni autoctone di origine dravidica fin dai tempi precedenti
all'arrivo degli Arii.
Non sai chi sono gli Arii, chi sono i Dravidi? Scopriamolo assieme!
Chi ama l’India lo sa: non si sa esattamente perché la si ama. È sporca,
è povera, è infetta; a volte è ladra e bugiarda, spesso maleodorante,
corrotta, impietosa e indifferente. Eppure, una volta incontrata non se ne
può fare a meno. Si soffre a starne lontani. Ma così è l’amore: istintivo,
inspiegabile, disinteressato.
Innamorati, non si sente ragione; non si ha paura di nulla; si è disposti
a tutto. Innamorati, ci si sente inebriati di libertà; si ha l’impressione
di poter abbracciare il mondo intero e ci pare che l’intero mondo ci
abbracci. L’India, a meno di odiarla al primo impatto, induce presto questa
esaltazione: fa sentire ognuno parte del creato. In India non ci si sente
mai soli, mai completamente separati dal resto. E qui sta il suo fascino.
L’ultimo giro di giostra, Tiziano Terzani
Ricordo come mi sentii smarrito fra folla del lungolago di Srinagar quando,
più di quaranta anni fa, con un fornello Primus in mano, non vedevo più gli
amici che mi precedevano: "Sono solo e perso in Asia!". Pasolini era stato
più incisivo nel suo racconto:
Sono
le prime ore della mia presenza in India, e io non so dominare la bestia
assetata chiusa dentro di me, come in una gabbia. Persuado Moravia a fare
almeno due passi fuori dall’albergo, e respirare un po’ d’aria della prima
notte indiana.
Così usciamo, sullo stretto lungomare che corre dietro l‘albergo, attraverso
l’uscita secondaria. Il mare è pacifico, non dà segno di presenza. Lungo la
spalletta che lo contiene, ci sono delle automobili in sosta e, vicino ad
esse, quegli esseri favolosi, senza radici, senza senso, colmi di
significati dubbi e inquietanti, dotati di un fascino potente, che sono i
primi indiani di un’esperienza che vuol essere esclusiva come la mia.
Sono tutti dei mendicanti, o di quelle persone che vivono ai margini di
un grande albergo, esperti della sua vita meccanica e segreta: hanno uno
straccio bianco che gli avvolge i fianchi, un altro straccio sulle spalle,
e, qualcuno, un altro straccio intorno al capo: sono quasi tutti neri di
pelle, come negri, alcuni nerissimi.
Pier Paolo Pasolini da
L’odore dell’India (1962)
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