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Solu Numbur Trek
31 ottobre - 16
Novembre 2019
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Una camminata in occasione di un evento speciale: la maggior festa del Solu Khumbu in cui Sherpa ed altri abitanti buddhisti partecipano ai rituale del Mani Rimdu nel monastero Ngyingma-pa a Chiwong.
Nella parte nord-orientale del Nepal, i villaggi del Solu sono famosi per la popolazione e per essere immersi in un ricco ambiente naturale. Il Solu è famoso anche per la sua diversità biologica, il paesaggio vergine e la vista sulle montagne che ospitano la vetta più alta del mondo. È una regione poco toccata dal turismo ed un trekking nel Solu offre non solo il piacere di camminare, ma anche un paesaggio unico con antichi monasteri e l'opportunità di scoprire i diversi villaggi con la cultura delle varie etnie Rai, Gurung, Magar, Newar, Tamang, Brahmini, Chhetri e Sherpa. La posizione e l'altitudine permettono di percorre i sentieri in qualsiasi stagione, ma ovviamente Novembre e Dicembre sono i mesi migliori con i loro cieli limpidi.
La camminata richiede circa nove/dieci giorni, il programma inizia da Phaplu. La regione di Solu a ridosso del Khumbu è abitata dagli sherpa che qui hanno trovato condizioni più agevoli di vita. Più facile è l’agricoltura e più facili le comunicazioni stradali con la Valle di Kathmandu. La popolazione è quindi più ricca in confronto a quella che vive nell’alto Khumbu.
Partiamo dall’Italia per Kathmandu dove sostiamo quanto basta per mettere a punto la logistica della nostra camminata. In bus od in aereo (voli saltuari condizionati dal tempo atmosferico) raggiungiamo Phaplu dove Sir E. Hillary costruì un ospedale e che è stato ristrutturato dopo il terremoto del 2015 anche con la solidarietà di tanti amici di Avventure nel Mondo e l'attiva presenza di Carlo Venturini.
Iniziamo a piedi a percorrere un circuito in senso antiorario ad est di Salleri attraverso piccoli villaggi. Ci incamminiamo salendo sulla Purlung Bhanjyang, la montagna sopra Salléri, una costola del Ratnagi Danda e, passato il crinale, raggiungiamo il minuscolo alpeggio di Mulkarka (2.736m) dove siamo ospitati in una homestay, cioè presso un famiglia. Proseguiamo ora in discesa verso Sarima e poi Khastap. Come tutti i villaggi che incontreremo, l'insediamento è disposto sul pendio ed in questo caso l'altitudine varia fra 1.764m ed i 1.900m di quota. Khastap è una comunità di etnia khaling rai che ci accoglierà con alcune danze caratteristiche.
Proseguiamo in discesa verso Losku arrivando alla passerella metallica sul Kaku Khola nascosta fra gli agrumeti e bananeti. Risaliamo per sentieri nella foresta verso la cascata formata dal Chhaga Khola e che si intravvede fra la folta vegetazione. In breve siamo al villaggio di Nagyang (1.800m).
Proseguiamo verso l'agglomerato tamang di Jareni (2.748m) con il suo minuscolo gompa e poi, aggirato il pendio della Sani Nagi Danda, raggiungiamo le antiche rovine a 3.000 metri per scendere a Talléri (Thalli-Ri) e pernottare nell'insediamento dei rifugiati tibetani a Jalsa (2.765m), ricco di ben quattro monasteri nyingma e gelug-pa dove assistiamo alla puja della sera. Per sentieri nel bosco, passando più in alto delle case di Salléri e Phaplu, arriviamo a Chhunakpu (2.682m) ospiti in homestay.
Il primo cerchio del nostro percorso è chiuso. A piedi od in 4x4 raggiungiamo Ringmo (2.738m). La valle è più popolata e numerosi insediamenti sorgono sui pendii e nelle valli laterali che scendono a pettine sul solco vallivo del fiume Solu. Lo attraversiamo su una passerella e iniziamo a salire verso i punti panoramici di Salung e di Purteng (3.000m). La vista spazia sulla Catena Himalayana verso Tamserku, Amadablam, Mera Peak mentre l'Everest fa capolino dietro la cresta del Nuptse - Lotse. La discesa ci porta alla homestay fra le case di Mopung (2.857m) ed in breve al monastero di Thupten Chö Ling.
Quindi ci immettiamo sul Pikey Cultural Trail per valli e boschi raggiungendo il punto panoramico di Pikey Peak (4.050m), eccezionale balcone panoramico sul Numbur e tutta la Catena Himalayana, spaziando a 360° dal Ganesh Himal ad ovest sino al Kanzenzonga ad est. La salita al Pikey peak è facoltativa ed in tal caso si aspetta il gruppo di vetta pernottando a Tamakhani presso il tempio shivaita di Jwalamai dove per la luna piena del mese di Kartik (ottobre-novembre) si radunano i jakri (sciamani) del Solu.
Nel percorso di rientro raggiungiamo infine il Gompa di Chiwang dove in autunno si svolge un’importante festa con danze religiose (cham) in occasione del Mani Rimdu e siamo di nuovo a Salléri e Phaplu da dove rientriamo a Kathmandu per il volo verso l’Italia con il Nepal nel cuore.
Il Solu sarebbe indicato come "paese nascosto" (beyul) nelle profezie del terton (scopritore di tesori) Ratna gling pa (1403-1479) spingendo così il popolo sherpa nella migrazione verso il Khumbu. La regione del Solu è descritta, in una guida più recente al pellegrinaggio, come situata ne "la bassa valle del terra nascosta del Kumbu" ed il toponimo Solu significherebbe proprio "bassa valle" (Shod lung). Il termine tibetano di Sho rong (Burrone del salice bianco) è usato nella guida la pellegrinaggio, mentre attualmente il toponimo usato per il Solu è "Burrone delle (fra) creste di montagna ([g]shong[s] rong).
Buffetrille, Katia, Pèlerins, lamas et visionnaires. Sources orales et écrites sur les pèlerinages tibétainsl. Arbeitskreis für Tibetische und Buddhistische Studien Universität Wien (2000), pp 276-281.
हिमालय Himàlaya (con una vocale lunga accentata nella seconda sillaba) è il termine sanscrito corretto, che significa Dimora della neve ed è usato vagamente e poeticamente per qualsiasi alta montagna. I tibetani usano anche il termine vago k'ang-ri (neve-montagna) e amano riferirsi al proprio paese come གངས་ཅན་ལྗོངས་ Paese delle Nevi (lett. Terra delle nevi). Le forme anglicizzate, Himalaya e Himalayan (di solito accentate sulla terza sillaba), sono termini semplicemente convenienti per il riferimento geografico. Poiché ormai in lingua italiana è invalso l'uso del termine inglese, in tutti i miei scritti ho sempre usato Himalaya al singolare, mentre in lingua inglese è plurale. Con buona pace dell'Imalaia o Imàlaia, usato nel secolo scorso da Maraini o l'Himmaleh della Dickinson e dei miei portatori ladakhi che pronunciavano Himāliya.
NB il percorso è differente dal redazionale di AnM
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