Le rose del deserto (1 DVD)
Il Terzo Reparto della Trentunesima Sezione Sanità si accampa a Sorman, sperduta oasi del deserto libico. Soldati e ufficiali sono sicuri che vi rimarranno per poco tempo; dieci giorni, un mese al piu. Presto sarà conquistata Alessandria d’Egitto e, compiuta la loro missione, torneranno in patria. Il campo però ha ben poco di marziale e vi si respira piuttosto il clima rilassato e indolente di una breve vacanza. Il comandante Stefano Strucci ha come principale preoccupazione quella di scrivere alla moglie Lucia, giovane e amatissima; il tenente medico Marcello Salvi si diletta ad immortalare il villaggio con la sua Leica, come fosse un normale turista, mentre la truppa fantastica sulle arabe che spera di incontrare per vivere esperienze da Mille e una Notte. Sul posto vive un frate italiano, fra Simone, che ha organizzato una scuoletta e si prodiga nel prestare aiuto alla popolazione locale. Coi suoi modi bruschi e concreti il frate chiede, anzi pretende, l’aiuto dei medici italiani per curare uno dei suoi ragazzi. I militari si prestano e la voce del loro operato si sparge, tanto che la loro permanenza, piu che una occupazione militare, assume l’aspetto di una missione umanitaria. In segno di riconoscenza, Mohamed ben Mahmud, notabile locale, li invita a cena nella sua casa, dove gli italiani hanno modo di conoscere da un lato la cerimoniosa ospitalità araba e dall’altro l’orgoglio antico di un popolo che non accetta di sottomettersi. Alla cena non partecipano le donne, tenute accuratamente nascoste agli occhi degli ospiti, eppure gli italiani non sfuggono agli sguardi furtivi delle arabe. Così, qualche giorno dopo, Marcello viene convocato per una visita medica ad Aisha, una nipote di Mohamed, che accusa imprecisati malori. Ma è solo un pretesto, architettato dalla malizia della giovane araba, per sedurre e provocare l’ufficiale italiano. La guerra sembra lontana ed estranea in quell’oasi di oziosa inettitudine, qualcosa di astratto distante, di cui arriva solo un’eco saltuaria attraverso i bollettini, che danno un'immagine retorica e rassicurante alle notizie provenienti dai vari fronti. Tutto è approssimativo e caotico, persino le spedizioni dei pacchi-dono alla truppa: infatti i soldati della sezione, che hanno come unici nemici il caldo e le mosche, ricevono per le festività di Natale i maglioni, la grappa e i berrettoni di montagna destinati ai commilitoni impantanati nella neve fangosa del fronte greco-albanese. Ma proprio in quel periodo, le sorti della guerra si rovesciano drasticamente in Africa settentrionale: la corsa vittoriosa del generale Graziani verso il confine egiziano si trasforma improvvisamente in una fuga rovinosa sotto la pressione degli inglesi. Il campo viene invaso prima da una frotta di soldati in fuga e poi da una gran mole di feriti, che cercano scampo dagli inglesi su mezzi di fortuna. Ufficiali e soldati della sezione si trovano per la prima volta bruscamente a contatto con la realtà della guerra. Fine dell’illusione di una vittoria lampo, fine della vacanza, fine del sogno di un rapido ritorno a casa. Nel frattempo, proprio quando le sorti dell’esercito italiano in Libia sembrano definitivamente compromesse, giunge insperato l’aiuto tedesco. La notte del 12 Febbraio 1941, nel porto di Tripoli illuminato a giorno, fra l'attonito stupore delle guardie libiche e della maggioranza degli italiani, cominciano a sbarcare i soldati di Rommell: in guanti bianchi, sicuri, sbarbati, numerosissimi. Al seguito dei tedeschi, i soldati della sezione si spostano verso Tobruk, tornata nelle mani dell’Asse. La piccola colonna della 31ª Sezione Sanità - con loro anche il frate - riprende la marcia, ma è costretta a fermarsi di fronte a un campo minato. Da Tobruk a Bengasi, altre difficoltà, razzie, dolori e altri segreti. Poco dopo, le sorti altalenanti della guerra volgono a favore degli inglesi e gli italiani sono costretti a lasciare Tobruk per ripiegare assieme ai tedeschi. In seguito a una rapida ritirata il maggiore viene ucciso da un predone. La truppa improvvisa una cerimonia funebre nel deserto. Fra’ Simeone fissa una crociaccia improvvisata sulla tomba del maggiore: una misera fossa ricoperta di sabbia nel deserto sconfinato. Intorno si sono radunati i soldati e gli ufficiali della sezione. Nell’immenso deserto quella misera tomba rimane sola, con la sua croce sbilenca e con le lettere che il vento del deserto subito ricopre di sabbia.
Tratto da "Il deserto della Libia" di Mario Tobino edizioni Mondadori e dal brano “Il soldato Sanna” tratto dall’opera “Guerra d’Albania “ di Giancarlo Fusco edizioni Sellerio
Cast Ten. Marcello Salvi Giorgio Pasotti Sergente Barzottin Fulvio Falzarano Maggiore Stefano Strucchi Alessandro Haber Frate Simeone Michele Placido Aisha Moran Atias
e con (in ordine alfabetico): Nicola Acunzo, Michel Alhaique, Roberto D'Addario Danilo Nicola De Summa, Francesco Guzzo, Roman Jankovic Paolo Lombardi, Vincenzo Mansi, Enzo Marcelli, Giuseppe Oppedisano Flavio Pistilli, Fausto Russo Alesi, Tatti Sanguineti, Stefano Scandaletti Tiziano Scarpa, Emanuele Spera, Giovanni Trevisanello, Hermann Weiskopf
Regia: Mario Monicelli Sceneggiatura: Alessandro Bencivenni ,Domenico Saverni ,Mario Monicelli Fotografia: Saverio Guarna Montaggio: Bruno Sarandrea
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Una lunga tribolazione in fase pre-produttiva per trovare fondi e che, non essendosi risolta fino in fondo, pesa molto sulla riuscita del progetto. Prima di qualsiasi appunto sulla sceneggiatura infatti, spiace dover vedere un film di un Maestro come Monicelli fatto con situazioni scenografiche cosi approssimative ed effetti scenici semplicistici, che pesano come un macigno sull'esito quantomeno visivo dell'opera. E così questa sorta di "Mediterraneo" in terra africana che per tono ricorda certi versi il capolavoro di "La grande guerra", paga prima di tutto il pegno di risultare inverosimile già dalle immagini. Ma anche la sceneggiatura, liberamente tratta da "Il deserto della Libia" di Mario Tobino e da "Guerra di Albania" di Giancarlo Fusco, appare piuttosto pasticciata e incapace di inquadrare all'interno del contesto, un proprio punto di vista preciso che motivi la scelta di raccontare il tutto. C'è qualche tentativo di parlare del presente ragionando sul passato, dei rapporti tra italiani e islamici e di come la nostra identità non sarà mai portata alla guerra, ma sempre al disimpegno, alla poesia, a convivenze pacate e il più ludico possibile. Peccato che si tratti di pensieri spesso abbandonati a se stessi, buttati alla rinfusa senza troppa convinzione. E così anche il finale, non sembra chiudere alcun discorso visto che non se ne era aperto nessuno. Rimangono alcuni siparietti comici e momenti d'intensità drammatica particolarmente riusciti come il matrimonio per procura o l'attraversamento di un campo che si credeva minato. Dimostrazione che all'occorrenza la mano di Monicelli continui ad essere ispirata, peccato che, come il titolo suggerisce, siano rose in un deserto.
Andrea D'Addio su filmup.leonardo.it |