Pamir Orientale Trek28 luglio - 18 agosto 2018con Marco Vasta ed Avventure nel mondo lungo la Via della Seta sul "tetto del mondo", tra natura e popoli dell’Asia Centrale in Tajikistan, sull'altopiano del Pamir "Se non sali la montagna, non potrai ammirare il paesaggio" Paolo Neruda
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Con 300.000 abitanti, Osh è la seconda città del Kirghizistan, nonché il centro amministrativo di una vastissima e popolosa provincia che abbraccia il versante kirghiso della Valle di Fergana. È una delle città genuinamente antiche della regione (le sue origini risalgono almeno al V secolo a.C.), ma poche sono le testimonianze del suo passato tuttora esistenti. Nonostante la spiccata impronta sovietica dell’architettura e della pianta urbana, Osh resta pervasa da antiche suggestioni centroasiatiche, specialmente nella zona del suo vivacissimo bazar. Come continuano a sostenere gli abitanti del posto, “Osh è più antica di Roma”. Esistono leggende che ne attribuiscono l’origine ai più disparati e illustri personaggi della storia, da re Salomone (Suleyman) ad Alessandro Magno. Quel che è certo è che la città fu sin dalla fondazione uno dei centri nevralgici lungo la Via della Seta. I mongoli la distrussero nel XIII secolo, ma i secoli successivi videro rinascere una nuova Osh più prospera che mai. Nel 1496, Babur, fondatore della dinastia Moghul, dopo essersi fermato in città in viaggio verso l’India volle commissionare la costruzione di una moschea sulla cima della montagna sacra di Suleyman Too, o Trono di Salomone. Nel 1762, Osh venne assorbita dal khanato di Kokand e successivamente cadde nelle mani dell’esercito russo. Osh soffre di una sorta di schizofrenia demografica, poiché è uno dei centri principali del Kirghizistan ma è a maggioranza uzbeka (40% della popolazione totale), molto affine al resto della Valle di Fergana nonostante ne sia separata da una delle linee di frontiera più assurde del mondo. Fu creata da Stalin con l’obiettivo di isolare e conquistare la regione, un piano di cui ancora oggi la città risente le conseguenze, all’origine dei conflitti etnici che hanno sconvolto la città nel 1990 più recentemente, nel 2010. Osh si estende nella valle del fiume Ak- Buura (cammello bianco), che ha la sua sorgente sui monti Alay del Pamir. Il punto di riferimento principale della città è il cosiddetto ‘Trono di Salomone’, una frastagliata montagna che si restringe verso ovest fino a raggiungere quasi il fiume. Lungo la sponda occidentale corrono parallele due strade principali, entrambe a senso unico – la Kurmanjan Datka, in direzione sud, e la Lenina, verso nord. L’aeroporto dista circa cinque minuti d’autobus dalla nuova autostazione. BazarL’assordante Bazar Jayma, che si tiene tutti i giorni a Osh, è uno dei mercati migliori di tutta l’Asia centrale, un carosello di uzbeki, kirghisi e tagiki che trattano merci di ogni genere, dai cappelli e i coltelli tradizionali alle cassette pirata, dai ferri di cavallo (forgiati dagli stessi fabbri all’interno del bazar) e i servizi da tè cinesi ai prodotti ortofrutticoli di stagione. Trono di Salomone e dintorniIl Trono di Salomone, l’imponente rilievo roccioso spoglio e frastagliato che incombe sulla città da qualunque punto la si guardi, è da secoli un luogo di pellegrinaggio di una certa importanza per i musulmani, poiché sembra che lo stesso profeta Maometto vi fosse salito per raccogliersi in preghiera. |
Visto da certe angolazioni si dice che assomigli alla figura di una donna incinta, tanto da essere particolarmente amato dalle donne che desiderano avere dei figli. Nel 1497, il quattordicenne Zahiruddin Babur, appena incoronato re di Fergana, fece costruire per sé un piccolo rifugio e una moschea privata sull’alto promontorio orientale dello sperone. Negli anni a venire questo luogo divenne una vera e propria meta di visite. Crollato in seguito a un terremoto nel 1853, venne successivamente ricostruito. Quasi un secolo più tardi, intorno al 1960, fu distrutto da una misteriosa esplosione; la maggior parte della popolazione locale è convinta che si sia trattato del tentativo sovietico di arrestare il costante flusso di pellegrini e stroncare la ‘superstizione’ (cioè l’islam). Il sito è stato nuovamente ricostruito dopo l’indipendenza. A livello locale è conosciuto come Dom Babura, la Casa di Babur. Se conoscete il russo, l’amabile custode uzbeko potrà fornirvi ulteriori informazioni, ricambiandovi con la promessa di una preghiera d’intercessione se vorrete lasciargli qualche som. La ripida salita di 25 minuti ha inizio da un piccolo cancello dietro una futuristica cupola argentata sulla Kurmanjan Datka. Consiglio di farsi portare dal pulmino al parcheggio ovest per poi scendere dalla scalinata sopraindicata. Dal promontorio si apre un’ampia veduta, che tuttavia non offre granché d’interessante ad eccezione del vasto cimitero musulmano alla base dell’altura. L’ora del crepuscolo è particolarmente adatta per la visita al sito. Vale la pena di visitare anche il vicino Museo Storico, costruito in occasione delle celebrazioni per il terzo millennio della fondazione di Osh. Vanta mostre particolarmente interessanti sull’archeologia e l’etnografia locali, ma è piuttosto carente quanto a informazioni in inglese. Tra gli oggetti esposti vi sono una serie di armi eccezionali, disposte come se fossero state colte in un folle turbinio. All’esterno, l’imponente yurta a tre piani ospita una collezione piuttosto opaca di costumi nazionali, tessuti tradizionali e shyrdak. Lungo il pendio meridionale della montagna si trova il Museo Storico-Culturale (ingresso 50som). Con buon gusto tutto squisitamente sovietico, nel fianco di questa montagna sacra stato aperto uno squarcio che dà accesso a una delle sue tante caverne, poi coperto con una grottesca facciata in lamiera. All’interno contiene un’esposizione mal illuminata di frammenti di vasi e antica arte muraria, rocce, insetti e sporchi animali imbalsamati. Tornati ai piedi della collina incontrerete la piccola Moschea di Rabat Abdullah Khan, originaria del XVII o del XVIII secolo, ma ricostruita e tutt’ora aperta al culto e come tale l’ingresso è consentito solo agli uomini e solo su permesso (le scarpe vanno lasciate all’ingresso). |
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