La Libia - è stato scritto - fu per l’Aviazione italiana
ciò che Guernica fu in Spagna per la Luftwaffe di Hitler: un campo vivo su
cui sperimentare le ultime tecniche della guerra aerea, tra cui i
bombardamenti indiscriminati della popolazione e l’uso di bombe chimiche,
proibite dalla Convenzione di Ginevra. Una esperienza che in seguito fu
ampiamente "messa a frutto" in Etiopia.
Così nel suo volume di ricordi "Ali sul deserto", Vincenzo Biani racconta di
una missione su Gifa condotta da otto aerei. "… gli equipaggi, navigando a
pochi metri da terra, poterono seguire le piste dei fuggiaschi e trovarono
finalmente sotto di sé un formicolìo di genti in fermento; uomini, donne,
cammelli, greggi; con quella promiscuità tumultuante che si riscontra solo
nelle masse sotto l’incubo di un cataclisma; una moltitudine che non aveva
forma, come lo spavento e la disperazione di cui era preda; e su di essa
piovve, con gettate di acciaio rovente, la punizione che meritava … Quando
le bombe furono esaurite, gli aeroplani scesero più bassi per provare le
mitragliatrici. Funzionavano benissimo. Nessuno voleva essere il primo ad
andarsene, perché ognuno aveva preso gusto a quel gioco nuovo e
divertentissimo. E quando finalmente rientrammo a Sirte, il battesimo del
fuoco fu festeggiato con parecchie bottiglie di spumante…".
Tratto dal Sito dell'ANPI -
Le guerre coloniali del fascismo
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