Fu il maharaja Hari Singh, verso il 1910, ad isolare l’alto ed il basso Dachigam per farne una zona di caccia per sé e per i suoi ospiti. Gli abitanti furono allontanati e si creò una riserva, terreno ideale per la riproduzione e per la caccia agli hangul (Cervus elaphus hangul) che svernano nelle parti più basse, a circa 1.800 metri, per poi risalire fino alla quota di 4.000 metri verso gli alti pascoli estivi. I villaggi della zona (Dachigam significa letteralmente «dieci villaggi») furono in parte nuovamente abitati nel periodo successivo al 1947: in quegli anni ben altri erano i problemi dell’India. I vari dipartimenti, preposti alla tutela del parco, ne ebbero scarsa cura ed erano diffusi bracconaggio, pascolo abusivo, taglio di piante. Nel 1970 la popolazione degli hangul era scesa a circa duecento esemplari. La gestione del parco è migliorata negli ultimi anni e si ritiene che oggigiorno gli hangul siano circa 500.
Certamente la stagione migliore per visitare il parco non è l’estate, ma è sempre possibile intraprendere una camminata di qualche giorno per salire verso i pascoli alti in direzione del lago Marsar. Da quassù scende l’acqua che poi, convogliata in apposite condutture serve all’approvvigionamento idrico della capitale. Le stagioni più belle sono la primavera e l’autunno, quando i capi si riuniscono in branchi e migrano da una zona di pascolo all’altra.
Cinghiali, leopardi, hangul, entelli, scendono a svernare nei boschi attorno al torrente Dagwan, in uno scenario d’incomparabile bellezza, fra le pendici del monte ed il verde della pianura. Il paesaggio si ravviva di nuovi colori, i pendii bruciati d’erba secca si alternano a distese di verde intenso acceso dalle fiamme del fogliame di castagni, albicocchi, chinar ed abeti. Da quaggiù gli animali se ne andranno a marzo, quando il sole fugherà le ultime nevi ed i corsi d’acqua riprenderanno i loro turbinanti vortici di acque spumeggianti.
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