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3 ottobre  2002

La grande biblioteca

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Il marabutto di
Timbuktu (1981)

Voyages d'antan
Mali 1981: un diario

 

Millenario trait d'union tra popoli di culture diverse che comunicavano lungo le piste carovaniere, il Sahara nasconde ancora oggi tra le sue dune dieci secoli di storia e di cultura delle popolazioni di Sahara e Sahel.

Eccezionale il numero degli scritti lasciati dagli ulema (dotti e docenti islamici) dell'università medievale di Sankoré a Timbuctù, dove per trecento anni eminenti professori di tutte le discipline allora conosciute insegnarono a decine di migliaia di taleban (studenti) affluiti dalle diverse regioni del Maghreb e dell'Africa sudanese.

"I libri - scriveva Leone l'Africano nel XVI secolo - si vendono talmente bene a Timbuctù e se ne trae maggior profitto che da qualsiasi altra mercanzia". E gli storici ricordano quando sul mercato di Timbuctù, all'arrivo delle carovane dal Nord, la classe colta acquistava i libri del Medio Oriente e del Nordafrica pagando il loro peso in polvere d'oro. Tuttavia solo negli ultimi tempi parecchi di questi testi storici sono stati raccolti e catalogati dal Centro di Documentazione e Ricerche Storiche Ahmed Baba, creato negli anni Settanta grazie all'aiuto dell'Unesco e del Kuwait. Ne stanno microfilmando 15.000, anche se questo ingente fondo cartaceo rappresenta meno del 10% di quanto sarebbe rintracciabile nei villaggi e negli accampamenti del deserto.

Lo storico Ismael Diadié Haidara di Timbuctù ha lanciato un appello in occasione dell'VIII Convegno eurafricano del Centro Internazionale di ricerche sahariane e saheliane nel novembre 2000, affinché siano salvati dalla distruzione i 3.000 manoscritti medievali del fondo Mahmud Kati.

Si tratta di una biblioteca di inestimabile valore documentario, raccolta dallo stesso Diadié Haidara e risalente all'esilio di Alib Ziyad al Kuti, un visigoto islamizzato che lasciò Toledo, in Spagna, nel 1468, per rifugiarsi nella valle del Niger dopo un viaggio di 3.000 chilometri senza smarrire uno solo dei suoi libri. Dei 3.000 manoscritti molti sono redatti in arabo classico, altri in arabo andaluso e alcuni in ebraico. Il loro contenuto abbraccia tutto lo scibile delle conoscenze medievali in terra islamica: tradizione coranica, logica, filosofia, poesia, astronomia e astrologia, medicina e farmacopea, viaggi e commerci, matematica e fisica. Haidara avverte che, per ogni manoscritto che scompare, l'umanità si ritrova più povera. E afferma: "È meglio far luce anche soltanto con una candelina piuttosto che maledire l'oscurità".

Fonte:
Attilio Gaudio
Biblioteche del deserto
in "Volontari per lo sviluppo"

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