Quale trekking per il 2000?

Su Quale trekking per il 2000? trek e sistemazioni Nepal Occidentale Nepal Centrale Nepal Orientale

Nel 1990 visitarono il Nepal circa 270.000 persone. Negli anni successivi  l'afflusso di turisti avrebbe dovuto aumentare costantemente, l'incremento annuo si aggirava infatti attorno al 23%. L'obiettivo dichiarato del Ministero del Turismo era quello di raggiungere il milione di presenze nell'anno 2.000. La maggior parte di questi turisti rimarrà nella valle di Kathmandu, complicando i problemi di una sistemazione alberghiera ancora insufficiente. Ma questo non è avvenuto. Nel 2001 i turisti sono stati circa mezzo milione.

Attualmente circa un quinto dei turisti viene in Nepal per compiere escursioni più o meno lunghe. Nel 1990 50.000 trekker hanno affollato le valli nepalesi dividendosi, per la maggior parte, sulle colline a nord di Pokhara o camminando attorno al massiccio dell'Annapurna. La seconda méta è il campo base dell'Everest. Quasi inesplorate sono le altre zone aperte al trekking. Le conseguenze, facilmente prevedibili, sono quelle di un inquinamento culturale ed ambientale, ma la situazione è giunta ad un tale degrado che il dibattito fra protezionisti ed agenzie di trekking non è più un puro esercizio teorico ma deve al più presto portare a soluzioni positive e concrete.

Da un lato si chiede che i trekking siano autosufficienti, non gravino sull'economia delle valli e si invoca la chiusura del Santuario dell'Annapurna o del Khumbu. Dall'altro si rigetta la colpa sui turisti solitari che non usufruiscono delle agenzie. Chi ha ragione?

Quale è il costo che il Nepal dovrà pagare per accogliere un milione di turisti? Quali saranno le conseguenze di questo impatto sulla società nepalese? Le entrate in valuta pregiata, apportate dal turismo, sono fondamentali per lo sviluppo del Nepal? Salvaguardia della propria identità e sviluppo economico sono un binomio che difficilmente vanno d'accordo. Tralasciando il problema globale di questo rapporto inquinamento-economia, è però fondamentale chiarire quale sarà l'impatto futuro assunto al trekking nello sviluppo dell'economia nepalese e quali provvedimenti è necessario adottare per una salvaguardia, ancora possibile della cultura di queste valli.

 

Modificazione nell'economia delle valli

"Il trekking porta soldi in valli poverissime!" È bene sfatare anche l'opinione che i trekking, di qualsiasi tipo, apportino benefici economici ai villaggi che attraversano. Questo non è vero, anzi produce spesso l'effetto contrario. I generi commestibili diminuiscono ed occorre reimportarli dalla pianura, i prezzi quindi lievitano in modo astronomico raggiungendo cifre che un abitante locale non potrebbe pagare. Immaginate quindi lo sconvolgimento economico e culturale che avviene ogni volta che un escursionista compra qualcosa da mangiare ed introduce le leggi di mercato in una economia basata ancora in parte sul baratto. Contro questo irreparabile danno occorreva intervenire subito fin dagli anni 60, obbligando ad affrontare i percorsi con viveri e combustibili. Ma la situazione si è sviluppata in ben altro modo. Governo, agenzie, albergatori hanno preferito guardare ognuno al proprio interesse. Le agenzie di trekking, chiedendo cifre esorbitanti (anche 30 dollari al giorno), hanno spinto migliaia di persone ad organizzare in proprio i trekking. Il governo, pur di non lasciarsi scappare anche un minimo introito, ha rilasciato permessi individuali senza imporre alcuna regola di comportamento. Gli albergatori e tutti quelli che si sono improvvisati tali hanno cercato di soddisfare sempre più le richieste di questi turisti "alternativi" che viaggiano da soli.

Sicuramente qualcosa sta ora cambiando. Aree come Dolpo o Kanchenjunga con numero chiuso annuo di permessi, sono state aperte a patto che ci si appoggi ad agenzie che dichiarino la autosufficienza alimentare e di combustibile. Ma chi effettivamente controllerà poi l'attuazione di queste disposizioni? 

Quali provvedimenti adottare in aree come il Khumbu o il Kali Gandaki, dove ormai si cammina non da rifugio a rifugio ma da albergo ad albergo? Gli sforzi dell'Annapurna Conservation Project sono lodevoli, ma nessuno dei suoi funzionari può concretamente impedire ad un trekker solitario di non fare la doccia calda facendo bruciare inutilmente della legna, o può vietare l'ingresso nel Parco ad un trekking di agenzia che non abbia sufficiente kerosene per la cucina.

 

Modificazione dell'ecosistema

Khumbu, Kali Gandaki, Marsyangdi sono i casi più evidenti. Fortunatamente la quasi totalità degli escursionisti si riversa solo su queste valli. Ma la quantità di legna che viene abbattuta per soddisfare le esigenze di questi turisti e dei loro portatori è in realtà esigua rispetto a quella abbattuta in Nepal. Si calcola che per il trekking vengano usate solo 6.400 tonnellate di legna all'anno mentre il taglio complessivo è di 18.000.000 di tonnellate consumate da una popolazione che ormai sfiora i 18.000.000. È ovvio che in quarant'anni due terzi del Nepal siano stati disboscati. Da questopunto di vista, il problema è relativo e concentrato su alcune aree, come quella del campo base Everest, immondezzaio d'alta quota. La distruzione dell'ambiente non è quindi solo opera degli escursionisti ma è frutto di un progres somal guidato che sta sconvolgendo tutta l'area himalayana. Ma se nell'ecosistema vogliamo includere anche l'inquinamento culturale allora i danni sono veramente notevoli. 

La vergogna del "trekking coloniale"

"Il trekker solitario non apporta benefici economici alle valli, ma almeno non ricorre all'uso dei portatori; tutti suoi averi li porta da solo in spalla!" Anche questa è una convinzione diffusa ed ugualmente falsa. I portatori li ha, eccome! Sono quei poveracci che pagati ancor meno dei portatori delle agenzie, trasportano birra e spaghetti fino ai rifugi in alta quota come quello di Phedi sotto il Thorong la!

"Solo viaggiando con un'agenzia non si inquina! Il trekking tutto-compreso è l'unico modo di fare escursionismo in Nepal" Ma i servizi offerti comprendono prestazioni che ognuno di noi rifiuterebbe sulle nostre Alpi! Come è possibile che alle soglie del 2000 si possano ancora organizzare trekking con lo stesso stile coloniale di cento anni fa ai tempi dell'impero britannico? Sicuramente tutta questa marea di portatori e sherpa personali che accompagna i clienti di questo tipo di trekking permette di offrire numerosi posti di lavoro, ma le condizioni in cui questo impiego viene svolto sono decisamente inumane. La programmazione del lavoro è assurda! L'equipe dei cuochi si alza che è ancora notte, occorre preparare il bed tea che verrà portato al cliente mentre è ancora nel suo sacco a pelo, poi un po' d'acqua calda per lavarsi, ed infine la colazione. Il gruppo degli escursionisti parte mente cuochi e portatori si affannano a piegare tende, lavare piatti, preparare i carichi e partire di corsa raggiungendo il gruppo e sorpassandolo, mentre la guida cerca di far camminare il gruppo il più lento possibile. L'equipe corre avanti, occorre trovare per tempo un buon posto per preparare il pranzo di mezzo giorno, ci deve essere acqua, legna (non tutto viene cucinato su fornelli a petrolio come richiesto dagli ambientalisti...), un eventuale riparo e... possibilmente in un luogo panoramico. Preparato e fatto gustare il pranzo in un'ora (una sosta prolungata annoia il cliente...), si smonta la cucina e si riparte sempre di corsa, con ampi sorrisi verso i clienti, per arrivare in tempo a montare il campo, servire il tea delle 

cinque, preparare la cena, preparare l'acqua calda per lavarsi e per le borracce. E così via per cinque, dieci, venti giorni. Fortunatamente non tutti i clienti accettano questo tipo di trekking: i piedi nudi dei portatori, il loro dormire all'aperto, lo scoprire il misero ammontare della paga quotidiana la differenza fra questa (35 rupie nel 90) e l'esorbitante cifra pagata per ogni giorno di trekking (anche 35 dollari al giorno), sono elementi che colpiscono anche il cliente meno sensibile. 

Affrontare passi come il Thorong, di oltre 5.000 metri, sfoggiando la propria attrezzatura d'alta montagna mentre passano i portatori a piedi nudi con più di trenta chili sulla schiena, mette a disagio chiunque abbia un minimo di coscienza. 

Bikini ed inquinamento culturale

Leggendo il codice di autocomportamento proposto dall'Annapurna Conservation Area (trascritto nella sezione riguardante il giro dell'Annapurna) è facile comprendere quali sono i danni che molti ecursionisti producono in queste valli. Sono azioni, spesso involontarie, causate dalla ignoranza delle più elementari regole di comportamento con popoli non abituati al nostro modo di vita.

Un esempio fra i tanti: il semplice atto di lavarsi alla fontana di un villaggio si trasforma spesso in un doppio insulto alle abitudini locali. In molti villaggi le fontane sono state costruite per distribuire l'acqua da bere, non per lavarsi. 

Perché allora sporcarle con il sapone, sputare dentifricio tutt'attorno, rendendo indecente il luogo solo perché noi abbiamo bisogno di lavarci? La donna nepalese non mostra mai le spalle nude, che bisogno hanno molte turiste di mettersi in costume e lavarsi alla fontana? A contatto con il mondo occidentale i Nepalesi dovranno sicuramente cambiare i loro costumi, ma questo deve avvenire per loro scelta, non per continui atti di insulto alle loro abitudini!

 

Verso un nuovo tipo di trekking?

Gli esempi di malcostume degli escursionisti sono infiniti ma per fortuna anche i locali iniziano a reagire. Ben hanno fatto gli abitanti di Langtang o di Namche Bazaar a protestare contro la presenza di macellai nei loro villaggi. Il rispetto buddhista per la vita si è scontrato con la richiesta occidentale di carne. Una volta tanto i locali hanno avuto la meglio! E se è la gente del luogo ad interessarsi della protezione delle proprie tradizioni, c'è speranza che presto sia il Governo nepalese ad assumere nuove e più rigide direttive per quanto riguarda il trekking .

Decidere la chiusura del Khumbu o del Santuario dell'Annapurna, limitare i permessi di trekking, far controllare dai chek post non solo i trekking permit ma anche combustibile e viveri, sono decisioni che la comunità mondiale degli alpinisti o degli ecologisti può suggerire ma non imporre. Ed ancora una volta, fino a che non saranno presi validi provvedimenti, starà al singolo, alla sua educazione, al suo interesse, riuscire a proteggere l'ecosistema dell'Himàlaya come delle nostre Alpi. 

Trekking leggeri, autosufficienti, con portatori ben pagati ed attrezzati, sono l'unica soluzione possibile. Chi va a camminare in Nepal deve comprendere che nelle valli siamo ospiti, altrimenti... è meglio restare in Italia.


Diritti di autore e Copyright di "Nepal, camminate dell'Himalaya" sono proprietà di Avventure-Viaggi nel mondo che concede l'uso telematico a favore dell'organizzazione "AAZ - Aiuto allo Zanskar". La riproduzione, anche parziale e con qualsiasi mezzo della guida on line, è regolata dalle Condizioni d'uso.


altre info su
nepal, tibet e ladakh
in
news Nepla Himalaya

Lettori da sabato
22 settembre 2001
   

Kathmandu